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ESCLUSIVA CS- Junior De Bartolo: ” Mio padre era e sarà giallorosso. La Roma raggiungerà la Champions”

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Il nostro direttore Francesco Tripodi ha avuto il piacere di intervistare il giornalista Junior De Bartolo: figlio del compianto Antonio De Bartolo. 

Le parole di Junior De Bartolo

De Bartolo

Di  seguito le parole rilasciate dal giornalista Junior De Bartolo ai nostri microfoni:

 

 Ciao Junior, che tipo di eredità giornalistica lascia Antonio De Bartolo alle nuove generazioni?

Penso che mio padre per molti versi fu un giornalista estremamente innovativo. Così tanto che in tanti ancora devono capire molte cose a mio modo di vedere. E non mi riferisco solo a chi lo seguiva spassionatamente, o per il suo amore per l’ASROMA e la nostra città, ma anche a diversi colleghi.

Lascia come eredità un insegnamento diverso per tutti: questo lo so per certo. E lascio a voi trovare il vostro, il mio lo vedremo presto se l’avrò appreso.

 

Cosa significava per tuo padre essere tifoso giallorosso?

Mio padre non era esattamente un tifoso giallorosso, mio padre è Giallorosso. Mio padre non è il tifoso che canta i cori e non è quello con il megafono in mano. Non è quello che tira in aria tutto quando le cose vanno male. Mio padre é figlio di Roma e tutti sappiamo cosa prova un figlio per la propria madre o padre.

Sono cosciente di parlare al presente e non mi sembra inappropriato. Antonio De Bartolo era, è e sarà sempre giallorosso: è una cosa che non cambierà né nel tempo né nella storia.

Girando stretto sul cosa significasse a livello lavorativo, ha vissuto il sogno di molti. Non si è mai approfittato. Non ha mai preteso. Diceva quello che poteva e si teneva quello che era riservato, e questo l’ha fatto amare a Trigoria, a casa sua, dandogli ovviamente visione di una realtà che tutt’oggi a molti è sconosciuta. Mio padre, quando arrivavamo a Trigoria, diceva sempre che era come l’aria di montagna e aveva ragione: ora lo capisco.

 

Quale è la lezione più importante che hai appreso da tuo padre?

In molti probabilmente non lo sanno, anche se diverse pubblicazioni sul Corriere della Sera e sul Corriere dello Sport (e quindi Ivan Zazzaroni) ne hanno parlato, ma negli ultimi 10 anni ho fatto giornalismo sportivo e ho commentato diverse competizioni per note aziende italiane ed estere nelle massime serie. Oltre che di diversi titoli videoludici, tra cui anche molto sport.

Vi dico quanto sopra perché molti di questi che per me sono stati dei traguardi importanti li ho raggiunti grazie allo stakanovismo surreale di mio padre, che in trasmissione o in radio non è mai mancato per nessuna ragione.

Quando io un giorno gli chiesi perché almeno una volta non potesse rinunciare alla tv alla radio o a scrivere un pezzo per poter fare qualcosa di diverso insieme, come riposarsi, o riprendersi, mi rispondeva che:

“Molte persone purtroppo, hanno solo la Roma nella loro vita (forse nel suo profondo, anche avendo avuto tutto, era lo stesso anche per lui) e io non posso permettermi di stare fermo o zitto perché altrimenti chi ci difende? ”

Ho quindi imparato che non esiste condizione, se non il coma, che possa farmi desistere dalla mia devozione o dal lavoro che sia. Fino in fondo, fino alla fine. Chi lavora con me potrà confermarvelo.

 

Il miglior ricordo da tifoso con tuo padre?

Mi stai chiedendo di scegliere un sola caramella in un’intera categoria di confetteria. Ho ricordi di ogni tipo, non uno migliore dell’altro. Anzi, tutti quei ricordi penso siano il frutto del mio sorriso perenne.

A casa di Cervone? Con Pruzzo? Con Zio Mario ( Bortolazzi ) che tutt’ora sento con affetto? O magari in trasferta? Forse a Madrid! Eravamo con la squadra a cena dopo aver vinto 2-1; Anzi no, potrebbe essere a Leonessa! Oppure forse proprio a Trigoria?.

Quando arrivò DDR, lui non si ricorda, ma la faccia mia e di mio padre saranno tra le prime 5 che ha visto varcato quel cancello… Infatti potrebbe darsi anche con Fabio Capello, quando esasperato mi disse in piena conferenza stampa: “bello de nonno vieni qua” e zac ero zitto e contento sopra le sue ginocchia.

Mi sono deciso. Il miglior ricordo che ho è in realtà una routine, quella che facevamo nel 500 sec dal cancello di casa nostra ( Fregene ) fino a Trigoria. Si entrava, saluti al gabbiotto e si saliva da Franco Sensi, che mi faceva trovare sempre una busta enorme piena di cose della Roma. Mentre parlava con mio padre, io come un lupacchiotto felice me ne andavo in giro con oggetti di ogni forma e misura della AS Roma.

 

Un pronostico sul finale di stagione della Roma: riuscirà la squadra giallorossa a conquistare un posto in Champions League?

E’ una domanda a trabocchetto: vuoi testare se sono un De Bartolo?

A parte gli scherzi, sono certo oltre ogni misura che la Roma raggiungerà la Champions League. Sia perché fino a prova contraria siamo tra le 2-3 squadre in forma della Serie A, sia perché in questo finale di stagione, oltre a un dodicesimo uomo come DDR in campo, ne abbiamo qualcuno in più in curva paradiso… i più forti…

 

Come intendi subentrare nell’attività giornalistica di tuo padre?

Io non subentro, non l’ho mai fatto. Io arrivo, che è diverso. E arrivo perché sono Junior Anteo De Bartolo. Il nome sarà questo, ma la burocrazia è lenta. Oltre che il figlio di un mito come Antonio De Bartolo. E nelle nostre vene, tra i colori che come sapete spaziano tra il giallo e il rosso, c’è un DNA giornalistico che mi è sempre appartenuto.

Amo parlare con la gente. Amo sapere cosa pensano e cosa provano e amo ancor di più capire il perché lo provano, per poi poterlo raccontare. Ormai tutti leggono e riportano le informazioni da un pezzo di carta o da uno schermo. Io, un pò come mio padre, preferisco prendere informazioni dagli occhi di chi mi risponde, dall’aria che si respira quel giorno in quel posto e dalle voci di chi strilla da un balcone a un altro perché gioca Kristensen anziché Celik. E poi tanta Radio, perché lì ti sentono anche se non vogliono e quindi bisogna sapere chi spara e dove per poter rispondere.

 

Gli Orazi e Curiazi di Antonio De Bartolo resteranno, ma si aggiungerà un By Junior De Bartolo.

Proseguirò con Centro Suono Sport, che si è dimostrata con me e con mio padre sempre una famiglia oltre che una casa sicura dove intraprendere questo percorso.

Darò il via a uno spazio uno chiamato ” La Voce della gente “, dove far parlare e sfogare i nostri tifosi. Un pò come una smash room, cosi da poter veicolare quelle energie nel modo più corretto e non sputando, come altre volte sento, sulla nostra Roma.

Oltre a questo c’è anche dell’altro in ballo, ma se vi dicessi tutto significherebbe che non ho capito molto come si fa questo mestiere.

Le interviste

ESCLUSIVA CS – Carlo Nervo: “Il Bologna può arrivare in Europa quest’anno ha una rosa molto competitiva. Nazionale? Ci sono troppi…”

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Bologna, Carlo Nervo su Orsolini

L’ex centrocampista del Bologna Carlo Nervo (1994-2005, 2006-2007) ha parlato ai nostri microfoni della’attuale situazione dei rossoblù, sulla lotta Scudetto in Serie A e molto altro.

In un’intervista di 5 minuti, Carlo Nervo ha detto la sua su come può andare il Bologna questa stagione, parlando anche di giocatori come Bernardeschi e Orsolini, e anche dell’allenatore dei rossoblù Vincenzo Italiano.

Inoltre ha analizzato anche la situazione della Nazionale Italiana e del motivo per cui, secondo lui, gli Azzurri stanno vivendo un momento così complicato.

Di seguito, l’intervista di Carlo Nervo.

Le parole di Carlo Nervo

Dove può arrivare questo Bologna in campionato e in coppa?

“Vista espressione di gioco e i risultati, può arrivare in alto. Secondo me l’Europa dovrebbe essere la giusta posizione, però sognare non costa niente. Le altre squadre sono forti, però il Bologna li ha messi sotto”.

Secondo lei il Bologna ha bisogno di rinforzarsi nel mercato di gennaio, visti alcuni infortuni sulle fasce?

” A mio avviso, a parte gli infortuni, la rosa é completa. Immobile, al momento, é fuori ma é un giocatore forte che segna molti gol: inoltre la crescita di Bernardeschi é stata importante. Secondo me la rosa é molto competitiva, io non toccherei niente”.

Chi vince il campionato?

“Bella domanda, magari il Bologna. No, io vedo il Milan che può insidiarsi”.

Quindi Allegri con il suo Corto Muso?

“Secondo me hanno una bella rosa e un allenatore che sa vincere”.

Italiano é un pò sottovalutato come allenatore?

“No, non é sottovalutato, nel senso che lui é già in una grande squadra, perché il Bologna é una grande squadra”.

Carlo Nervo

VINCENZO ITALIANO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Un aggettivo per l’allenatore e per quello che sta facendo?

“Consapevole: lui é consapevole di essere in una grande piazza”.

Orsolini? E’ un Nervo 2.0

“No, secondo me è più forte. Vede molto la porta, ma soprattutto é un ragazzo per bene che é legato alla città e alla maglia. Quindi deve continuare come sta facendo”.

Adesso nella Nazionale Italiana c’é meno abbondanza di grandi giocatori. Come si può risolvere questa cosa?

“Ai miei tempi per andare in Nazionale dovevi essere forte. Adesso fai dieci partite bene in Serie A e ti chiamano in Nazionale. Non ci sono i campioni come Del Piero e Totti: bisognerà analizzare perché non vengono fuori questi talenti qui in Italia, e valutare tutti i settori giovanili.

Poi, troppi stranieri: quando c’ero io arrivavano i top player stranieri, ora ci sono giocatori che trovi anche in Serie B, in Serie C. Hanno un cognome difficile, quindi impattano sul pubblico. E poi un’altra cosa, meno potere e procuratori”.

 

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ESCLUSIVA CS – Giulio Scarpati: “La Roma non ha l’obbligo di vincere, per questo oggi vola. Gasperini ha cambiato tutto: ora la squadra corre fino al 90°”

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Lo storico volto di Un Medico in Famiglia e romanista dichiarato, Giulio Scarpati ha raccontato ai nostri microfoni una vita intrecciata al giallorosso: dagli anni dell’alzabandiera sempre ammainato alle domeniche allo stadio con il fratello, fino allo sguardo lucido sulla Roma di oggi.

In una lunga intervista, Scarpati ha condiviso le sue opinioni sul lavoro di Gasperini, il momento della squadra, gli obiettivi stagionali e la crisi della Nazionale. Un dialogo sincero, appassionato, a tratti critico, che ci rivelato l’anima di un tifoso autentico, oltre che di un grande attore.

Di seguito, l’intervista di Giulio Scarpati. 

Le parole di Giulio Scarpati

Ci vuole parlare del suo legame con la Roma?
“Essere tifoso della Roma significa, prima di tutto, accettare una certa dose di sofferenza. Negli anni ’60 la squadra non era certo tra le grandi. La Juventus ci passava spesso i suoi “bidoni”, giocatori ormai a fine carriera. Per fortuna, con il tempo, la società è cresciuta e si è strutturata molto meglio. La mia passione è nata grazie a mio fratello maggiore, romanista sfegatato. A casa avevamo l’alzabandiera da issare quando la Roma vinceva, ma non lo usavamo quasi mai… le vittorie erano rare, così la bandiera rimaneva per lo più ammainata. Ricordo anche che quando la Roma vinceva, ritagliavamo i titoli di giornale e li attaccavamo in camera. Da bambino andavo anche tanto spesso allo stadio con la tessera dello Junior Club, sempre assieme a mio fratello.

Da attore, poi, mi è capitato di giocare più volte con la Nazionale degli Attori, allenata da Giacomo Losi: una persona straordinaria. Mi dava ottimi consigli su come migliorare in difesa, il ruolo in cui giocavo. Io e mio fratello abbiamo sempre seguito la Roma, nel bene e nel male. Forse avremmo potuto vincere qualcosa di più, ma proprio perché si vince poco, quando succede la gioia è enorme. I festeggiamenti per uno Scudetto a Roma…a Torino se li sognano!

Mettiamo da parte il passato e guardiamo al presente: avrebbe mai immaginato a inizio stagione questa Roma capolista?
“Assolutamente no, devo essere sincero. Però riponevo molta fiducia in Gasperini, che sa fare benissimo il suo lavoro. Si è integrato in modo sorprendente e credo che anche il lavoro miracoloso fatto da Ranieri l’anno scorso lo abbia agevolato. Peccato per quella Champions sfiorata di un punto. Chissà, magari con altre due partite ci saremmo qualificati noi al posto della Juventus… Da tifoso, comunque, sono felicissimo del percorso che stiamo facendo.”

È davvero soddisfatto in tutto?
“Beh, l’unica ombra, finora, è l’Europa League. Non stiamo brillando e migliorare la classifica sarà complicato, soprattutto con tutte le partite ravvicinate. L’obiettivo sarebbe entrare tra le prime otto, ma la vedo dura. Detto ciò, resto ottimista: per me è già molto ciò che la squadra ha fatto finora.”

Dove si nota maggiormente la mano di Gasperini?
“Ha ridato motivazione a tanti giocatori. Penso a Pellegrini, che sta vivendo una vera e propria rinascita. Anche il gioco è cambiato. Oggi le partite sono più dinamiche, divertenti, c’è una chiara volontà di dominare l’avversario – una sensazione che, con tutto il rispetto, si percepiva meno nell’era Mourinho. Gasperini è l’allenatore ideale per questo gruppo, e lo dimostra la condizione atletica: la Roma corre e pressa fino al 90°, è un miglioramento enorme. Serve però che gli attaccanti inizino a segnare con più continuità, quello resta un problema.”

Giulio Scarpati

GIAN PIERO GASPERINI DA INDICAZIONI AI SUOI RAGAZZI. IN EVIDENZA EL AYNAOUI E TSIMIKAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La Roma ha subito solo cinque gol diventando così la miglior difesa del campionato. Come se lo spiega?
“Molto merito va a Svilar, che sta facendo miracoli. Negli ultimi anni abbiamo avuto portieri straordinari – da Alisson a Szczęsny – e lui sta seguendo quella scia. C’è poi la crescita di Mancini e, più in generale, l’organizzazione difensiva plasmata da Gasp. Non c’è un singolo leader: la forza è il gruppo. Ed è bello vedere che l’allenatore coinvolga tutti, soprattutto i giovani come Pisilli.”

Si può dire allora che Gasperini sia un allenatore che sposta gli equilibri? Guardando l’Atalanta con Juric verrebbe da pensarlo…
“Al di là del valore di Gasperini, credo che Juric abbia limiti nella gestione del gruppo. È suscettibile e comunica poco coi giocatori. Gasperini, anche quando si arrabbia, lo fa per stimolare. Juric non mi è sembrato ancora abbastanza maturo per allenare una grande squadra.”

Non teme un calo di rendimento della rosa?
“La vera incognita restano gli infortuni. Dybala è un valore assoluto, ma purtroppo non garantisce continuità. A questo si aggiunge il vincolo del fair play finanziario, che ha limitato la possibilità di intervenire sul mercato con innesti mirati. Detto ciò, apprezzo molto il lavoro della società e, in particolare, l’impronta lasciata da Ranieri: si sarà capito che ho un debole per lui! Lo stimo profondamente per come l’anno scorso è riuscito a risollevare la squadra.”

C’è qualcosa che la Roma ha più degli altri top club?
“Sì, ha un vantaggio psicologico enorme. Non ha l’obbligo di vincere sempre e comunque, come accade invece a Inter o Napoli. E questo, in campo, pesa eccome.”

Eppure, negli scontri diretti la squadra fatica…
“Diciamo che molti avversari contro cui abbiamo perso erano più attrezzati. Col Milan abbiamo sbagliato l’approccio perché siamo sì partiti fortissimo, ma non siamo mai riusciti a concretizzare. Con l’Inter il divario tecnico si è visto. Non credo ci sia un problema strutturale negli scontri diretti; piuttosto dobbiamo essere più cinici quando le occasioni capitano, perché in partite del genere non sono mai tante.”

Che idea si è fatto delle altre big del campionato?
“Sono certo che la Juventus con Spalletti adesso crescerà moltissimo. L’Inter è fortissima ma talvolta vince anche con un po’ di fortuna, ed è quella che temo di più. Il Milan mi sembra più solido dello scorso anno. Il Napoli con Conte non mollerà un centimetro: è tignoso e combatterà fino alla fine anche se ora è in difficoltà.”

Giulio Scarpati

L’ESULTANZA URLO DI ANTONIO CONTE DOPO IL GOL DI SPINAZZOLA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Qual è l’obiettivo minimo della Roma?
“La Coppa Italia.”

Perché proprio la Coppa Italia?
“Perché sarebbe fantastico vincere la decima.”

E l’obiettivo più grande, invece?
“Tornare a giocare in Champions. È un qualcosa di fondamentale anche a livello economico.”

Passiamo alla Nazionale. Cosa ne pensa della disfatta contro la Norvegia?
“È stata una partita strana. Nel primo tempo abbiamo fatto meglio noi, loro sembravano quasi in vacanza. Poi, quando la Norvegia ha iniziato a far valere la sua qualità, l’Italia ha perso ritmo ed è andata in blackout. Purtroppo, in Nazionale il problema è molto più profondo di quanto sembri…”

A cosa si riferisce?
“Al fatto che da anni la Nazionale non esprime un gioco convincente. I club hanno ormai un peso enorme e i raduni non sono più quelli di una volta. Spalletti, secondo me, ha fallito proprio per questo: non ha avuto il tempo necessario per costruire un’identità di gruppo.”

Che ne pensa invece di Gattuso?
“È un allenatore onesto, diretto, che dice ai giocatori ciò che pensa. Lo apprezzo molto.”

Ora che i playoff sono una realtà, ritiene che l’Italia riuscirà a supererli?
“Se incroceremo squadre meno attrezzate di noi, credo proprio di sì. E speriamo anche in un pizzico di fortuna, che non guasta mai.”

Giulio Scarpati

MATEO RETEGUI RAMMARICATO ( FOTO KEYPRESS )

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Le bombe di Vlad

LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”

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Women's Champions League

Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).

A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.

L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.

Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe

Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.

L’autore

Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.

Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio

Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.

L’autore

Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.

Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).

(Foto: DepositPhotos)

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