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ESCLUSIVA CS – Napoli, Sollazzo: “Lukaku? Atleticamente imbarazzante ma decisivo”

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Esclusiva CS: l'intervista sul Napoli a Boris Sollazzo, giornalista calcistico e cinematografico

In questo momento, il Napoli è capolista in Serie A. Il giornalista Boris Sollazzo, tifoso del club, parla della sua squadra del cuore. A partire dai tifosi.

Nel panorama giornalistico italiano Boris Sollazzo è una mosca bianca: un professionista che si occupa sia di cinema che di calcio, sia come penna che come radiocronista, dotato di grande capacità analitica e spirito critico.

Affezionatissimo tifoso del Napoli, al club azzurro e ai suoi protagonisti ha dedicato anche alcuni libri.

Con lui abbiamo parlato dell’attuale Napoli, della sua tifoseria e della lotta scudetto: ecco cosa ci ha raccontato.

Noi lo ringraziamo per la cortesia e il molto tempo che ci ha dedicato.

Napoli mon amour: l’intervista a Boris Sollazzo

È arcinoto il fatto che sei tifoso del Napoli: undici anni fa hai anche scritto anche un manuale per i tifosi del club, #chevisietepersi: sapresti farmi un identikit del tifoso azzurro?

“No, perché son tanti: quello che va allo stadio, quello che non ci va, quello che sta a Napoli e quello che vive fuori Napoli.

Il tifoso juventino è un ‘non tifoso’ antropologicamente parlando, perché non ha un legame culturale e territoriale con la propria squadra. Si dice sempre che sono legati alla vittoria, ma la vittoria è quello che li connota: non c’è un fattore culturale, di amore per ciò che si rappresenta. In questo è lontano da molte squadre, come il Real Madrid, che ha un’identità ‘governativa’, legata alla città di Madrid (anche se l’Atletico Madrid è più rappresentativo)”.

Il napoletano, più di ogni altro, è il tifoso che si trova anche fuori Napoli. Ci sono più napoletani fuori che in città, anche per le ondate di migrazione. Questo ha dato vita a tante classi di tifosi.

Forse ciò che li accomuna è l’essere molto competenti di calcio, anche se a volte troppo esigenti rispetto alla propria storia.
Ne ha fatto le spese Aurelio De Laurentiis, che con il club ha fatto un autentico miracolo e che, a mio avviso, è la cosa migliore che potesse capitare al Napoli. Ma ha il grande torto di essere romano e di non aver sedotto i napoletani con belle parole, avendo cercato di farli diventare la squadra di una metropoli. Una squadra che avesse anche una sostenibilità economica.

Quello del Napoli è un tifoso con un grande senso estetico, nel suo cuore ci sono gli scudetti ma anche squadre che non hanno vinto nulla, come quelle di Sarri e Vinicio: questo è abbastanza unico. È un tifoso che dà il meglio quando sta peggio: il tifoso del Napoli in Serie C era commovente, quello del terzo scudetto è stato irritante.

È il tifoso che in fondo vorrebbe gioire sempre, e che quando lo fa finisce nei film come Parthenope di Sorrentino, ma può anche perdere a lungo, perché ha avuto il privilegio di veder giocare nelle proprie fila il giocatore più forte del mondo e lo sportivo più rilevante nella storia dello sport, che ti ha amato alla follia.

Mi piace molto Napoli-Como che alle 18:30 fa il tutto esaurito: quello mi ricorda molto Napoli”.

Napoli, lo Stadio Maradona

Qual è la prospettiva del club, attualmente capolista, in questa stagione?

“Faccio finta che sia un’altra squadra. Il Napoli si trova in una condizione non dissimile da quella in cui ha vinto il terzo nonsipuòdire (ride, ndr): lì c’era il Mondiale invernale e un allenatore che sapeva come affrontare la sosta. C’era un’ottima squadra e una grande campagna acquisti.

Ora c’è una squadra che non fa le coppe europee mentre tutte le sue concorrenti le fanno, un allenatore straordinario e forse la migliore campagna acquisti mai fatta nella storia del club. Lo dissi allora e lo ripeto ora: due anni fa non pensavo che avremmo vinto, ma dissi a Radio24 che era una squadra estremamente coerente e ci avrebbe fatto divertire.

Anche ora dico che ci divertiremo parecchio, perché con Conte sarà bello pure perdere, perché nessuno mollerà mai: è questo quello che il tifoso del Napoli vuole vedere.

Il tifoso non si è sentito umiliato lo scorso anno perché la squadra è arrivata decima e credo che se 5 anni fa gli avessero detto che avrebbe vinto lo scudetto e l’anno dopo sarebbe arrivato decimo, avrebbe chiesto dove firmare.

Dopo essere stato orgoglioso della squadra che ha dettato legge in Europa, il tifoso si è sentito umiliato dallo scarso impegno, dallo scarso attaccamento alla maglia. E dal non capire che l’orgoglio è più importante della vittoria.

Quest’anno sarà divertente vedere l’orgoglio di questa squadra, che ha vinto 2-1 contro il Parma e probabilmente ha cambiato il senso della stagione. Se avessimo perso quella partita probabilmente ora parleremmo di altro”.

Napoli, Lukaku

Parlando di campagne, non acquisti ma prestiti: qual è il tuo punto di vista su Lukaku? Ha iniziato bene la stagione con 2 gol e 3 assist in 5 partite.

Un giocatore che in questo momento è atleticamente impresentabile e tecnicamente imbarazzante ti ha fatto vincere contro il Parma, ti ha fatto vincere contro il Cagliari, perché 3 dei 4 gol hanno tutti la sua firma, come gol o come assist… Stiamo parlando di 6 punti sui 13 realizzati. È un giocatore che costringe la squadra avversaria a rimanere indietro.

Abbiamo un difensore incredibile come Buongiorno, che è forse il difensore più forte che abbiamo visto da queste parti, perché lì davanti ci sono Politano e Kvaratskhelia, che non perdono un pallone, e c’è Lukaku, che fa reparto da solo.

Quindi, sperando che a 31 anni abbia ancora molti colpi in canna, mi aspetto che quando sarà un minimo in forma faccia lo sfacelo. Ho visto raramente un giocatore che non dovrebbe nemmeno andare in tribuna essere così decisivo”.

Quindi è Lukaku il giocatore “da attenzionare”?

“No. Io sono di quella parte che pensa che McTominay sia il futuro capitano di questa squadra. Verso di lui c’è un entusiasmo del popolo napoletano che deriva dalle sue dichiarazioni, dal fatto che lui ha detto che quando lo ha chiamato il Napoli ‘ha sentito il fuoco dentro’, dal fatto che ha baciato lo stemma. L’ho visto giocare al Manchester United e mi è sembrato fortissimo.

Ma mi piacciono tutti: Gilmour mi pare un Lobotka ancora più bravo nei contrasti, Neres mi fa impazzire: gioca 10 minuti e segna, o rischia di segnare, o fa un assist. È una squadra che, se si escludono i centrali difensivi di riserva, è davvero interessante”.

Napoli, Di Lorenzo

E Di Lorenzo?

“Sono felice che non mi abbia lasciato come ultimo ricordo quello dell’anno scorso, non se lo meritava. È forse un capitano troppo buono ma è un bel capitano: è un bravo ragazzo, ed è bello rivederlo all’altezza di quanto visto negli ultimi anni.

Ha avuto un black out, non siamo stati molto generosi con lui. L’anno scorso ha fatto di tutto per farci dimenticare ciò che aveva fatto, ma è bello rivederlo in queste condizioni. Mi sta benissimo se continua a giocare male in Nazionale e bene al Napoli”.

A proposito di giocatori della Nazionale, non hai menzionato Raspadori, che si è messo in luce positivamente alle qualificazioni per i Mondiali e in Nations League. Secondo te potrà trovare spazio in campionato?

“Mi sembra difficile per una questione tattica, avendo davanti Lukaku come centravanti, Simeone e pure Ngonge. Raspadori è sicuramente un giocatore molto diligente, anche con colpi incredibili – si pensi ai gol dello scorso anno a Glasgow e ad Amsterdam – ma è un centravanti che ha bisogno di un allenatore e di un modulo di un certo tipo. Questo è il motivo per cui ha fatto bene con Spalletti e De Zerbi.

Io lo vedo benissimo nello spogliatoio, perché Conte ama i giocatori che non danno problemi e si allenano strenuamente, ma non riesco a capire quale possa essere il suo ruolo. Non è un giocatore scarso ma non si sembra fatto per questo tipo di gioco. Non è fatto per Mourinho ma potrebbe esserlo per Sarri o Thiago Motta: per quegli allenatori che hanno nel possesso palla e nella manovra dell’attaccante come vertice alto la loro cifra distintiva.

Noi, con Mertens, abbiamo capito 10 anni dopo che avevamo sbagliato il ruolo: non era un laterale ma un centravanti. Io non vorrei che Raspadori non fosse un centravanti: segna davvero poco per esserlo. Magari deve trovare un’altra collocazione, cosa difficile in questo Napoli”.

Napoli, Raspadori

GIACOMO RASPADORI PUNTA IL DITO (FOTO DI SALVATORE FORNELLI)

Cosa ti aspetti dall’imminente partita di campionato contro il Como? Chi può rappresentare un pericolo?

“A me il Como entusiasma: come idea imprenditoriale, come idea tattica, per Fabregas che è stato uno dei miei giocatori preferiti. Credo che il giocatore dal quale guardarsi di più sia Nico Paz, che mi sembra davvero forte e potrebbe essere una delle grandi sorprese di questo campionato.

Il Verona l’ha battuto lui da solo, mettendo Cutrone nella condizione di segnare. Cutrone che, ci tengo a dire, ho preso al Fantacalcio in tempi non sospetti.

Secondo me è la partita più difficile delle prossime, però deve dare a Conte la misura di ciò che si può permettere. Il Napoli deve ricominciare dalle piccole cose, vincendo con le squadre che sono tecnicamente più deboli. Se ci riesce, vuol dire che c’è solidità mentale.

Adesso è primo in solitaria, vincendo potrebbe rimanere tale per 2 settimane durante la pausa Nazionali e psicologicamente è una prova di maturità”.

Chi è la principale contendente per lo scudetto?

Inter o Juventus. Dovendo sceglierne una la Juventus, perché ha un allenatore più abile, ha fatto un’ottima campagna acquisti e… ha fame, perché è da troppo che non vince trofei importanti. In realtà credo che lo scudetto se lo giocheranno loro, con il Napoli che potrebbe fare il terzo incomodo”.

Napoli, Diego Armando Maradona
Tu hai scritto un libro su Diego Armando Maradona, Diegopolitik. Il sottotitolo recita così: “L’ultimo grande leader del ‘900”. Secondo te chi è, se c’è, il “grande leader del 2000”?

“È durissima… (resta in silenzio) Non mi sembra che ci sia un leader. Quel pezzo finale di ‘900 aveva Diego, aveva Lula, aveva Chavez, aveva un continente in subbuglio… Oggi non vedo neanche un continente che possa dire la sua. In quel momento il Sudamerica era quello di ‘Un altro mondo è possibile’.

Io ora vedo un mondo che si sta rattrappendo su sé stesso, come il Gabbiano di Gaber. È molto più grande il terrore di Trump e dei suoi (i vari Bolsonaro, Milei ecc) che dominano il mondo che la speranza di un leader che non vedo da nessuna parte”.

E un leader in ambito calcistico?

“Proprio no. Il calcio è diventato il calcio delle sponsorizzazioni, vedi anche Messi. Non ha più il coraggio di rappresentare qualcosa.

Cercherei in altri sport: non sono dei leader, ma mi piacciono Sinner e Alcaraz per quello che rappresentano come simbolo delle nuove generazioni e per come affrontano lo sport come se fosse non una questione di vita o di morte ma un gioco. Ma niente più di questo, purtroppo”.

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ESCLUSIVA CS – Carlo Nervo: “Il Bologna può arrivare in Europa quest’anno ha una rosa molto competitiva. Nazionale? Ci sono troppi…”

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Bologna, Carlo Nervo su Orsolini

L’ex centrocampista del Bologna Carlo Nervo (1994-2005, 2006-2007) ha parlato ai nostri microfoni della’attuale situazione dei rossoblù, sulla lotta Scudetto in Serie A e molto altro.

In un’intervista di 5 minuti, Carlo Nervo ha detto la sua su come può andare il Bologna questa stagione, parlando anche di giocatori come Bernardeschi e Orsolini, e anche dell’allenatore dei rossoblù Vincenzo Italiano.

Inoltre ha analizzato anche la situazione della Nazionale Italiana e del motivo per cui, secondo lui, gli Azzurri stanno vivendo un momento così complicato.

Di seguito, l’intervista di Carlo Nervo.

Le parole di Carlo Nervo

Dove può arrivare questo Bologna in campionato e in coppa?

“Vista espressione di gioco e i risultati, può arrivare in alto. Secondo me l’Europa dovrebbe essere la giusta posizione, però sognare non costa niente. Le altre squadre sono forti, però il Bologna li ha messi sotto”.

Secondo lei il Bologna ha bisogno di rinforzarsi nel mercato di gennaio, visti alcuni infortuni sulle fasce?

” A mio avviso, a parte gli infortuni, la rosa é completa. Immobile, al momento, é fuori ma é un giocatore forte che segna molti gol: inoltre la crescita di Bernardeschi é stata importante. Secondo me la rosa é molto competitiva, io non toccherei niente”.

Chi vince il campionato?

“Bella domanda, magari il Bologna. No, io vedo il Milan che può insidiarsi”.

Quindi Allegri con il suo Corto Muso?

“Secondo me hanno una bella rosa e un allenatore che sa vincere”.

Italiano é un pò sottovalutato come allenatore?

“No, non é sottovalutato, nel senso che lui é già in una grande squadra, perché il Bologna é una grande squadra”.

Carlo Nervo

VINCENZO ITALIANO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Un aggettivo per l’allenatore e per quello che sta facendo?

“Consapevole: lui é consapevole di essere in una grande piazza”.

Orsolini? E’ un Nervo 2.0

“No, secondo me è più forte. Vede molto la porta, ma soprattutto é un ragazzo per bene che é legato alla città e alla maglia. Quindi deve continuare come sta facendo”.

Adesso nella Nazionale Italiana c’é meno abbondanza di grandi giocatori. Come si può risolvere questa cosa?

“Ai miei tempi per andare in Nazionale dovevi essere forte. Adesso fai dieci partite bene in Serie A e ti chiamano in Nazionale. Non ci sono i campioni come Del Piero e Totti: bisognerà analizzare perché non vengono fuori questi talenti qui in Italia, e valutare tutti i settori giovanili.

Poi, troppi stranieri: quando c’ero io arrivavano i top player stranieri, ora ci sono giocatori che trovi anche in Serie B, in Serie C. Hanno un cognome difficile, quindi impattano sul pubblico. E poi un’altra cosa, meno potere e procuratori”.

 

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Le interviste

ESCLUSIVA CS – Giulio Scarpati: “La Roma non ha l’obbligo di vincere, per questo oggi vola. Gasperini ha cambiato tutto: ora la squadra corre fino al 90°”

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Lo storico volto di Un Medico in Famiglia e romanista dichiarato, Giulio Scarpati ha raccontato ai nostri microfoni una vita intrecciata al giallorosso: dagli anni dell’alzabandiera sempre ammainato alle domeniche allo stadio con il fratello, fino allo sguardo lucido sulla Roma di oggi.

In una lunga intervista, Scarpati ha condiviso le sue opinioni sul lavoro di Gasperini, il momento della squadra, gli obiettivi stagionali e la crisi della Nazionale. Un dialogo sincero, appassionato, a tratti critico, che ci rivelato l’anima di un tifoso autentico, oltre che di un grande attore.

Di seguito, l’intervista di Giulio Scarpati. 

Le parole di Giulio Scarpati

Ci vuole parlare del suo legame con la Roma?
“Essere tifoso della Roma significa, prima di tutto, accettare una certa dose di sofferenza. Negli anni ’60 la squadra non era certo tra le grandi. La Juventus ci passava spesso i suoi “bidoni”, giocatori ormai a fine carriera. Per fortuna, con il tempo, la società è cresciuta e si è strutturata molto meglio. La mia passione è nata grazie a mio fratello maggiore, romanista sfegatato. A casa avevamo l’alzabandiera da issare quando la Roma vinceva, ma non lo usavamo quasi mai… le vittorie erano rare, così la bandiera rimaneva per lo più ammainata. Ricordo anche che quando la Roma vinceva, ritagliavamo i titoli di giornale e li attaccavamo in camera. Da bambino andavo anche tanto spesso allo stadio con la tessera dello Junior Club, sempre assieme a mio fratello.

Da attore, poi, mi è capitato di giocare più volte con la Nazionale degli Attori, allenata da Giacomo Losi: una persona straordinaria. Mi dava ottimi consigli su come migliorare in difesa, il ruolo in cui giocavo. Io e mio fratello abbiamo sempre seguito la Roma, nel bene e nel male. Forse avremmo potuto vincere qualcosa di più, ma proprio perché si vince poco, quando succede la gioia è enorme. I festeggiamenti per uno Scudetto a Roma…a Torino se li sognano!

Mettiamo da parte il passato e guardiamo al presente: avrebbe mai immaginato a inizio stagione questa Roma capolista?
“Assolutamente no, devo essere sincero. Però riponevo molta fiducia in Gasperini, che sa fare benissimo il suo lavoro. Si è integrato in modo sorprendente e credo che anche il lavoro miracoloso fatto da Ranieri l’anno scorso lo abbia agevolato. Peccato per quella Champions sfiorata di un punto. Chissà, magari con altre due partite ci saremmo qualificati noi al posto della Juventus… Da tifoso, comunque, sono felicissimo del percorso che stiamo facendo.”

È davvero soddisfatto in tutto?
“Beh, l’unica ombra, finora, è l’Europa League. Non stiamo brillando e migliorare la classifica sarà complicato, soprattutto con tutte le partite ravvicinate. L’obiettivo sarebbe entrare tra le prime otto, ma la vedo dura. Detto ciò, resto ottimista: per me è già molto ciò che la squadra ha fatto finora.”

Dove si nota maggiormente la mano di Gasperini?
“Ha ridato motivazione a tanti giocatori. Penso a Pellegrini, che sta vivendo una vera e propria rinascita. Anche il gioco è cambiato. Oggi le partite sono più dinamiche, divertenti, c’è una chiara volontà di dominare l’avversario – una sensazione che, con tutto il rispetto, si percepiva meno nell’era Mourinho. Gasperini è l’allenatore ideale per questo gruppo, e lo dimostra la condizione atletica: la Roma corre e pressa fino al 90°, è un miglioramento enorme. Serve però che gli attaccanti inizino a segnare con più continuità, quello resta un problema.”

Giulio Scarpati

GIAN PIERO GASPERINI DA INDICAZIONI AI SUOI RAGAZZI. IN EVIDENZA EL AYNAOUI E TSIMIKAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La Roma ha subito solo cinque gol diventando così la miglior difesa del campionato. Come se lo spiega?
“Molto merito va a Svilar, che sta facendo miracoli. Negli ultimi anni abbiamo avuto portieri straordinari – da Alisson a Szczęsny – e lui sta seguendo quella scia. C’è poi la crescita di Mancini e, più in generale, l’organizzazione difensiva plasmata da Gasp. Non c’è un singolo leader: la forza è il gruppo. Ed è bello vedere che l’allenatore coinvolga tutti, soprattutto i giovani come Pisilli.”

Si può dire allora che Gasperini sia un allenatore che sposta gli equilibri? Guardando l’Atalanta con Juric verrebbe da pensarlo…
“Al di là del valore di Gasperini, credo che Juric abbia limiti nella gestione del gruppo. È suscettibile e comunica poco coi giocatori. Gasperini, anche quando si arrabbia, lo fa per stimolare. Juric non mi è sembrato ancora abbastanza maturo per allenare una grande squadra.”

Non teme un calo di rendimento della rosa?
“La vera incognita restano gli infortuni. Dybala è un valore assoluto, ma purtroppo non garantisce continuità. A questo si aggiunge il vincolo del fair play finanziario, che ha limitato la possibilità di intervenire sul mercato con innesti mirati. Detto ciò, apprezzo molto il lavoro della società e, in particolare, l’impronta lasciata da Ranieri: si sarà capito che ho un debole per lui! Lo stimo profondamente per come l’anno scorso è riuscito a risollevare la squadra.”

C’è qualcosa che la Roma ha più degli altri top club?
“Sì, ha un vantaggio psicologico enorme. Non ha l’obbligo di vincere sempre e comunque, come accade invece a Inter o Napoli. E questo, in campo, pesa eccome.”

Eppure, negli scontri diretti la squadra fatica…
“Diciamo che molti avversari contro cui abbiamo perso erano più attrezzati. Col Milan abbiamo sbagliato l’approccio perché siamo sì partiti fortissimo, ma non siamo mai riusciti a concretizzare. Con l’Inter il divario tecnico si è visto. Non credo ci sia un problema strutturale negli scontri diretti; piuttosto dobbiamo essere più cinici quando le occasioni capitano, perché in partite del genere non sono mai tante.”

Che idea si è fatto delle altre big del campionato?
“Sono certo che la Juventus con Spalletti adesso crescerà moltissimo. L’Inter è fortissima ma talvolta vince anche con un po’ di fortuna, ed è quella che temo di più. Il Milan mi sembra più solido dello scorso anno. Il Napoli con Conte non mollerà un centimetro: è tignoso e combatterà fino alla fine anche se ora è in difficoltà.”

Giulio Scarpati

L’ESULTANZA URLO DI ANTONIO CONTE DOPO IL GOL DI SPINAZZOLA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Qual è l’obiettivo minimo della Roma?
“La Coppa Italia.”

Perché proprio la Coppa Italia?
“Perché sarebbe fantastico vincere la decima.”

E l’obiettivo più grande, invece?
“Tornare a giocare in Champions. È un qualcosa di fondamentale anche a livello economico.”

Passiamo alla Nazionale. Cosa ne pensa della disfatta contro la Norvegia?
“È stata una partita strana. Nel primo tempo abbiamo fatto meglio noi, loro sembravano quasi in vacanza. Poi, quando la Norvegia ha iniziato a far valere la sua qualità, l’Italia ha perso ritmo ed è andata in blackout. Purtroppo, in Nazionale il problema è molto più profondo di quanto sembri…”

A cosa si riferisce?
“Al fatto che da anni la Nazionale non esprime un gioco convincente. I club hanno ormai un peso enorme e i raduni non sono più quelli di una volta. Spalletti, secondo me, ha fallito proprio per questo: non ha avuto il tempo necessario per costruire un’identità di gruppo.”

Che ne pensa invece di Gattuso?
“È un allenatore onesto, diretto, che dice ai giocatori ciò che pensa. Lo apprezzo molto.”

Ora che i playoff sono una realtà, ritiene che l’Italia riuscirà a supererli?
“Se incroceremo squadre meno attrezzate di noi, credo proprio di sì. E speriamo anche in un pizzico di fortuna, che non guasta mai.”

Giulio Scarpati

MATEO RETEGUI RAMMARICATO ( FOTO KEYPRESS )

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Le bombe di Vlad

LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”

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Women's Champions League

Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).

A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.

L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.

Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe

Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.

L’autore

Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.

Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio

Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.

L’autore

Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.

Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).

(Foto: DepositPhotos)

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