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ESCLUSIVA – Miriana Trevisan: “Il Napoli farà bene. Il Milan mi fa paura. In caso di Scudetto azzurro…”

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Trevisan

Miriana Trevisan è intervenuta in esclusiva ai nostri microfoni per un rapido commento sulla prima giornata di campionato.

Intervista a cura del nostro collega Daniele Bartocci svolta nella tradizionale cornice del Tennis Club Italia di Forte dei Marmi, in occasione delle Olimpiadi del cuore.

Le parole di Miriana Trevisan:

Sul Napoli: “Dispiace per l’addio di Spalletti, ma sono sicura che Garcia farà bene. Ora l’importante è tornare concentrati dopo l’infinita parentesi dei festeggiamenti per centrare uno storico bis, senza tralasciare il percorso europeo. In caso di Scudetto ho in serbo una sorpresa piccante.

Sulle altre pretendenti: “Roma e Lazio le metto un gradino sotto rispetto agli azzurri. La Juve va sempre tenuta d’occhio. Il Milan mi spaventa molto: con il nuovo assetto ed i nuovi innesti i rossoneri possono recitare il ruolo di antagonisti per il Tricolore.

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ESCLUSIVA CS – Enrico Melegatti: “Nel calcio di oggi non c’è pazienza, Massei per la Spal è un istituzione”

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Ai microfoni di Calciostyle ha rilasciato delle dichiarazioni l’editore ed ex responsabile della comunicazione della Spal Enrico Melegatti.

L’editore ed ex responsabile della comunicazione della Spal, Enrico Melegatti, ha rilasciato delle dichiarazioni ai nostri microfoni relative al suo nuovo libro Oscar Massei:” L’Oriundo, Il Capitano, L’Esempio” e anche in merito ad altre tematiche legate al mondo del calcio.

Le parole di Enrico Melegatti

Melegatti

Cosa significa per te, che sei di Ferrara, aver contribuito a scrivere una delle pagine più importanti della Spal, portandola dalla seconda divisione fino alla Serie A?

“Quando ero dentro la società c’è stata una scalata che non riesco neanche a descrivere, vi dico che è proprio in quei momenti che si vivevano c’era il ricordo di quella Spal dove poi ha giocato ha giocato Oscar Massei, che è sempre stato presente in quella società dove io ho fatto il responsabile della comunicazione. Oscar per noi è stato una sorta di mito come il presidente Paolo Mazza, che è stato il presidente che l’ha voluto la Spal alla fine degli anni degli anni cinquanta.

In quei momenti veniva sempre fatto un paragone su quello che avevano fatto quei giocatori e quella dirigenza rispetto a quello che poi è stato fatto dalla dirigenza che dalla seconda divisione è arrivato in Serie A, e Oscar in quei momenti è sempre stato vicino alla società visto anche il rapporto bellissimo che ha con Ferrara. 

In quei momenti non ha mai detto una volta di no, ed è sempre stato con noi quindi in un certo senso ci ha aiutato a crescere e a diventare quello che poi siamo diventati in quei tre anni di Serie A. Anche con negli anni indietro, infatti in Serie B è stato invitato alla prima alla prima del campionato dopo 23 anni contro il Vicenza, dove ha salutato il pubblico ed è stato acclamato dai tifosi. Negli anni in Serie A è stato anche ospite ed ha premiato Lazzari della Lazio per le 200 presenze con la Spal.

 In quegli momenti ho potuto conoscere Oscar e potuto apprezzarlo essendo comunque una persona molto semplice nonostante il campione che è stato”. 

Noi sappiamo per quale motivo Massei dal punto di vista calcistico e uno dei più grandi di tutti i tempi. Ma del punto di vista umano cosa ti ha spinto a scegliere lui. Cosa significa la sua figura per la comunità ferrarese? 

Vi racconto un pò com’è nata l’idea di fare questo libro, l’anno scorso con Minerva che è al casa editrice che ha pubblicato questo libro e con cui ho pubblicato anche un altro libro relativo alla scalata dalla seconda divisone della Spal, ha visto Oscar e gli ha proposto di fare un libro su di lui, visto che manca una biografia su Oscar Massei, che è l’idolo di Ferrara e dei tifosi della Spal.

 Oscar accettò ma voleva come compromesso che il libro arrivasse al Papa perché il pontefice è un gran un tifoso del San Lorenzo di Almagro, infatti quando oscar giocavo in Argentina in Primera Division nel Rosario dal 1953 al 1955 probabilmente mi ha visto sulle tribune del gasometro al San Lorenzo, che è un quartiere di Buenos Aires.

E vista la mia situazione in quel momento all’interno della Spal decisi di portare avanti questo progetto, approcciandomi a Oscar un poco con le pinze e con il rispetto che che deve avere un personaggio di questo tipo merita.

E invece sono rimasto stupito ed ho scoperto veramente una grandissima persona, perché Oscar è una persona semplice che non ti fa pesare le cose nonostante abbia giocato in Argentina, nell’Inter e che sia stato questo mito per la Spal e gli riconoscono tutti una carriera che importante, ma purtroppo viziata da questo incidente che non gli ha permesso di esprimersi al meglio.

 Massei è un giocatore che ha rappresentato un epoca e quindi approcciarmi così è stato un onore, si vedeva anche quando ti svelava un po’ i suoi segreti che ti prendevano in maniera coinvolgente. Non mi sarei aspettato una cosa del genere, non perché non lo conoscessi come una persona buona, ma quell’aura così importante di importanza che poi mano a mano si è sciolta, mi ha dato la possibilità di entrare nel suo schema di vita, che è uno schema alla mano come poi tanti personaggi che raccontiamo all’interno del libro e che appunto fanno parte della sua vita e ne fanno ancora parte”.

Questo e il secondo libro che lei scrive sulla Spal, la sua professione come editore la porterà nuovamente a parlare della squadra della sua città? Quali sono i progetti per l’immediato futuro della sua casa editrice?

“Ho già iniziato a sondare per nuovi progetti che probabilmente non riguarderanno il discorso della Spal, però quando siamo stati a trovare Oscar più di una volta a La Spezia con l’editore abbiamo deciso di soffermarci su un altro personaggio cha ha avuto un grandissimo risalto ma non ha avuto a livello editoriale il riscontro meritava.

Quindi magari nei prossimi anni probabilmente qualcosa sarà fatto, riguardo ai prossimi progetti editoriali posso dire che riguarderanno lo sport in generale”.

Cose’ è cambiato parlando a livello puramente calcistico tra il calcio dove giocava Massei incentrato più sulla qualità rispetto al calcio attuale incentrato molto più sulla fisicità?

“Leggendo le cronache degli anni Cinquanta e Sessanta quando giocava Oscar, vi era un calcio che aveva sicuramente aveva più rispetto forse nei confronti del calcio stesso, infatti il calciatore di quell’epoca rispettava tanto quello che veniva chiamavano football.

Mentre oggi secondo me questa sinergia si è un pochino persa, si parla sempre di calcio romantico ma è definito così perché chiunque giocava in quell’epoca, anche se non era il massimo con i piedi aveva il rispetto nei confronti di quello che era il football.

Cosa che secondo adesso un pochino forse si è persa, infatti oggi si pensa più ad essere il personaggio che sta in campo per fare gol, per esaltarsi con le etichette e con le copertine piuttosto che dare quel rispetto che il calcio merita, quindi di conseguenza si è molto più soli non si è più in squadra, in una sorta di appunto perdita della dimensione tra il calcio stesso e il giocatore”.

 Prendendo come riferimento l’ultima intervista fatta a Ibrahimovic, senza entrare nel dettaglio, quanto è cambiata la comunicazione nel calcio italiano rispetto agli anni 90/2000?

 “Ti rispondo citandoti una parte del proprio del libro, Oscar qualche giorno dopo il suo arrivo in Italia, andò da Moratti per sottoscrivere il contratto, perché era arrivato in Italia senza aver sottoscritto un contratto con l’Inter, il suo accompagnatore, che si chiama Pasqualone, lo portò al Pirellone per firmare il contratto con Moratti.

 Moratti quando lo vide e si incontrò con con lui non gli servirono tante parole per dimostrare qual era il suo carisma nei confronti del giocatore che aveva di fronte, che era un ottimo giocatore, ma dall’altra parte Oscar si trovò di fronte a una persona che guardando negli occhi, avendo questa aura carismatica che non aveva bisogno di dare tante risposte. Quindi credo che serva parlare un pochino meno e magari dare un pochino più di aura carismatica ai fatti”.

Semplici è stato un allenatore che la Spal ha cresciuto e che attualmente è svincolato, secondo te avrebbe meritato più chance nel calcio che conta?

“Mister Semplici aveva avuto qualche esperienza precedente come quella nel reality con la Fiorentina dove si era un po’ anche esposto  in una maniera un po’ diversa rispetto magari a una squadra di club dove certe cose passano sotto tracce e sono un pochino più nascoste.

Semplici arrivo alla Spal dove fece questa scalata insieme a tutta la società che fu un qualcosa di indescrivibile, fu un qualcosa che non si aspettava nessuno, e probabilmente sono quelle situazioni dove ti ritrovi con un bravo allenatore che ha bravissimo staff, perché c’è da elogiare anche lo staff che aveva con lui a disposizione, tra cui Consumi Casoni e Di Fabrizi, che poi erano i suoi collaboratori più stretti, che non sempre hanno avuto la fortuna di andar in altre squadre molto più più blasonate come Fiorentina, Torino o Atalanta.

 Purtroppo nel calcio può succedere che non si ha la fortuna di arrivare dove si vuole, pur avendo la bravura di di essere un ottimo allenatore questo elemento va anche a a fortuna sul campo, perché Leonardo è stato a Cagliari ha salvato la squadra e la stagione dopo è stato esonerato dopo tre partite come successo di recente a De Rossi.

Successivamente mister Semplici è andato alla Spezia, dove non è stato molto fortunato, ma io da parte mia gli auguro di poter tornare il prima possibile anche perché lo vedo spesso in televisione e quando lo incontri è sempre un piacere parlarci, in più Ferrara lo adora un pò come adora Massei”.

Vista la tua esperienza nel mondo del calcio, si  vive in maniera cosi frenetica il raggiungimento dei risultati in cui un progetto triennale può saltare in 15 giorni?

“Il problema è che nel calcio non c’è pazienza, l’investimento deve essere immediatamente fruttifero, ed è questo che che dà un po’ la misura del calcio.

 Prendo come come riferimento l’Atalanta che ha creato tutto quello che ha creato nell’arco di nove anni con Gasperini in panchina che non iniziò nel migliore dei modi la sua avventura sulla panchina della Dea, trovando quattro sconfitte nelle prime cinque giornate e sembrava che fosse a forte rischio.

Però se si ha una dirigenza come quella dell’Atalanta come i Percassi, con cui abbiamo avuto a che fare noi alla Spal con il presidente con la dirigenza e con direttore sportivo, hanno lungimiranza di capire che in certi ambienti bisogna attendere un attimo.

Perché non si può pretendere di avere la bacchetta magica di risolvere subito il problema, anche perché la squadra e composta da 25 giocatori e sono 25 persone che ragionano per il calcio ma in modo diverso, quindi non è sempre semplice mettere insieme delle persone che non interagiscono nella stessa maniera tra di loro.

I gruppi vincenti sono gruppi che si formano con l’andare del tempo, si può avere la fortuna di creare un gruppo che immediatamente vince ma sono casi isolati, è capitato alla Spal abbiamo vinto il campionato dalla B alla A, perché c’è stata la bravura di trovare dei giocatori che non erano solo giocatori ma erano anche uomini , mentre a volte ci si impiega un po’ di più a trovare i giusti incastri”.

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ESCLUSIVA CS – A. Paganin: “Napoli più avanti della Juve come anti-Inter. Sul Milan e sul derby…”

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Antonio Paganin

Antonio Paganin, ex difensore dell’Inter e di diversi club italiani, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni soffermandosi sulle prime giornate di Serie A.

L’ex difensore di Inter, Udinese e Sampdoria, Antonio Paganin, è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni soffermandosi su diversi temi riguardanti le prime giornate di campionato. Tra i vari argomenti non poteva mancare un pensiero sul derby della Madonnina, in programma questa domenica (22 settembre) alle ore 20:45.

Antonio Paganin

ESCLUSIVA CS, le parolle di Paganin

Un suo pensiero per quanto riguarda l’Inter che ha ri-iniziato con la stessa qualità, la stessa voglia dello scorso anno? Che pensiero ha sull’Inter di questo inizio di stagione?

“Mi hai tolto le parole di bocca. Delle squadre che ai nastri di partenza vengono accreditate per potersi giocare il titolo l’Inter è quella che in questo momento dà l’impressione di essere ancora uno due passi avanti alle altre. Sia per l’organizzazione per come hanno strutturato il mercato con l’arrivo di Taremi e di Zielenski, perché hanno da quel punto di vista mantenuto la mentalità di chi ha vinto il campionato, e sia perché in questo momento le altre stanno facendo fatica. Il Milan in particolare, che non pensavo che con il cambio allenatore si trovasse così indietro. Anche il Napoli perché ha avuto la vicenda Osimhen che ha tolto un pochino di opzioni a Conte.

Però ho visto che già nella partita con il Parma, anche se è stata condizionata dall’espulsione che ha agevolato il match, una squadra che è bella quadrata. L’abbiamo vista con il Bologna e diventerà un osso davvero duro per chi vorrà ambire a vincere lo scudetto.

La Juventus mi lascia qualche perplessità per il semplice motivo che ha fatto due risultati importanti, ma con due squadre non di primo livello, come Como e Verona. Poi con la Roma è stata un pochino più balbettante per cui la voglio rivedere quando ci sarà adesso la partita con il Napoli per vedere se i miei dubbi vengono confermati oppure se vengono spazzati via”. 

Per quanto riguarda il Milan, la scelta di Fonseca è stata una scelta azzardata oppure le qualità dell’allenatore possono incidere nonostante qualche piccolo intoppo che sia è avuto, vedasi il caso di Leao e di Theo Hernandez?

“Fonseca me lo ricordo ancora quando era a Roma, l’ho seguito anche nella sua parentesi francese, e devo dire che ero convinto lui potesse far bene. C’è molto probabilmente l’andare a legittimare ancora di più l’allenatore, il quale in questo momento è un pò lasciato alle critiche esterne, non viene protetto a mio modo di vedere sufficientemente da parte della società e questo può generare qualche tipo di frizione, qualche incomprensione. 

Quello che è successo con Leao e Theo il Milan poteva gestirla in maniera un pò più furba. Non ci vedo niente di male visto che erano appena entrati ad inizio secondo tempo, per cui può essere che le indicazioni l’abbiano già ricevute.

Non è il massimo da vedere, ma non ci vedo niente di particolarmente strano. Per il resto, ripeto, è una società che manca. È andato via Maldini, manca proprio il vero direttore sportivo. Era un pò bypassato, con Moncada, Furlani e Ibrahimovic però manca la figura di riferimento vera e propria”.

Dovrebbe essere Ibrahimovic la figura carismatica tra la società e i giocatori, è stato preso per questo, in teoria.

“Sì, ma non è un direttore sportivo e le società, almeno in Italia, hanno questa filiera che è formato dal presidente e un direttore generale, poi dopo c’è il direttore sportivo che di solito si occupa di mercato ed è il filtro naturale tra società, allenatore e squadra”.

Furlani è più un addetto ai lavori che un vero direttore sportivo carismatico.

“Sì, probabilmente. Essendo il primo anno nel quale è stato investito di pieni poteri gli manca un pò ancora quella parte che ha chi fa di mestiere il direttore. In questo caso il riferimento del passato era quello di Maldini.

Ho sentito che è stato criticato Maldini per l’acquisto di De Ketelaere, ma magari ci si dimentica che Leao e Theo Hernandez non sono arrivati da soli, li ha portati lui”.

Perchè è stato mandato via così facilmente?

“Non lo so. È difficile dall’esterno potere avere un pensiero, bisognerebbe essere all’interno, parlare direttamente con gli interessati. Si vocifera che da parte di Maldini c’era la richiesta di avere pieni poteri. Io ho qualche dubbio, avendolo conosciuto in passato.

 Per quello che riguarda il giocatore non ho mai avuto quell’impressione che vada ad imporre. Però ripeto, sono cose che dall’esterno è sempre difficile giudicare. Posso dare una mia impressione, però poi bisognerebbe essere all’interno, per cui per abitudine non esprimo un giudizio netto nel momento in cui non ho proprio tutti i dettagli da poter valutare”.

Anche Boban poteva essere una figura importante per il Milan.

“Certo, tutti gli ex giocatori, ma non solo. Non è tanto l’ex giocatore, ma le figure carismatiche dentro una società importante, come Maldini e Boban, sono quello che è l’asse portante di una società. Sono coloro che hanno peso all’interno di uno spogliatoio. Hanno vinto, sanno come si fa a vincere, hanno una grandissima influenza. Sono persone che difficilmente raccontano le cose in maniera differente rispetto a quelle che sono, sia che ci siano difficoltà sia che le cose vanno bene. Hanno ampia possibilità di poter trainare il gruppo come è successo a Maldini. 

Perché non dimentichiamoci che grazie anche all’era Maldini il Milan ha vinto uno scudetto. In un momento molto complicato perché non erano sicuramente accreditati e adesso stanno avendo un momento di difficoltà. Io mi auguro che sia transitorio per il bene di quello che può essere il campionato, però in questo momento li vedo con parecchie difficoltà”.

In questa situazione come lo vede il derby della prossima settimana?

“Io giudico principalmente solo per quello che è l’espressione calcistica in campo ed e non penso di dire una cosa che offenda qualcuno se dico che l’Inter parte favorita, anche in virtù degli ultimi derby che sono sempre stati a suo favore. Il Milan ha tutto per poterne venire fuori.

Il derby può dare quella scossa all’ambiente, ai giocatori per poterli spingere a ritornare sui livelli che più gli competono. Perché in questo momento sono sotto a quello che è lo standard qualitativo della rosa del Milan e poi dopo diventa più interessante avere un campionato di livello perché permette non solo ai club, ma anche alla nazionale di riflesso di avere dei giocatori che sono ampiamente competitivi. Mi auguro di ritrovare quest’anno un campionato che non sia dominato come ho fatto l’anno scorso l’Inter.

Mi auguro chiaramente che lo vinca l’Inter, ma magari che sia un pò più tirato fino alla fine perché così si darebbe la possibilità anche ai club di presentarsi bene anche nella seconda parte di stagione, quando cominciano le competizioni a diventare importanti, Champions League su tutte”.

Per quanto riguarda il Napoli, la vede comunque una squadra più pronta per essere l’eventuale antagonista dell’Inter, ma soltanto per la forza del suo allenatore o anche perché ha preso giocatori come Lukaku?

“Se c’è una cosa che Conte difficilmente sbaglia è l’approccio con un ambiente, dovunque lui è andato”. 

Inizio però così e così.

“Eh sì, ma guardiamo un pò anche cosa ha dovuto gestire. Gestire una situazione come quella di Osimhen senza avere praticamente l’apporto di una prima punta, perché aveva solo Raspadori da poter utilizzare, non è una cosa molto semplice. 

Ma il fatto stesso di dover gestire tutto quello che ne compete. Il giocatore che vuole andar via, il fatto che ti blocca il mercato, ha un ingaggio importante. De Laurentiis e Conte non sono gente che si fanno spaventare, però è normale che all’interno di un gruppo che deve prepararsi per fare un campionato puntando al vertice non sia proprio il massimo. 

Adesso come per incanto, visto che le cose si sono assestate come è normale, pian piano il Napoli comincia a prendere la sua identità. Conte ti porta disciplina, è quello che ti porta idea calcistica, quello che ti porta un gruppo che ha ripreso la sua identità. Può piacere o non piacere per il personaggio, per il tipo di allenatore, che magari può presentare all’esterno, però è un allenatore che dove è andato ha sempre fatto bene. Pensiamo al Chelsea, anche all’Inter ci ricordiamo che cosa ha fatto e le basi che ha gettato. Per cui mi aspetto che il Napoli sia lì davanti”.

Tutti apprezzano le qualità di Thiago Motta e sono consapevoli anche di un mercato che è stato considerato il migliore della Serie A per gli acquisti avuti. Lei quindi, nonostante tutte queste cose, la vede un passo indietro rispetto a Inter e Napoli?

“Da un lato si perché ha aperto alla gioventù. Ha fatto giocare una squadra che come età media è una delle più basse del campionato. Dall’altro mi fa un pò strano vedere, per esempio, che con il suo arrivo un giocatore importante come Danilo ha fatica a trovare spazio. Fa un pò strano questo cambiamento di rotta. Il mercato è un mercato importante, probabilmente vorrà dare il tempo necessario a chi è arrivato di potersi inserire al meglio.

Quello che mi lascia un pò perplesso è stata la gara con la Roma, che non ha dato seguito alle precedenti partite, e ha addirittura fatto un mezzo passo indietro. 

L’aspetto nella partita con il Napoli che ci darà molto probabilmente un quadro un pò più veritiero di quella che è la reale forza della Juventus, fermo restando che anche l’impegno in Champions League tira tanto”.

L’Atalanta, che ha dato la sua massima espressione vincendo l’Europa League al nono anno di Gasperini e che deve affrontare questi grossi problemi tra cui l’infortunio di Scamacca, può ripetere un’altra annata nei primi quattro posti o pensa che comunque ci siano squadre più più pronte?

“Allora la certezza lì e chi la guida da tanti anni. La certezza è il fatto che loro da sempre, quando vanno ad operare sul mercato prendono giocatori che sono funzionali al loro modo di giocare. Quella che è stata l’imprevedibilità quest’anno è l’infortunio di Scamacca, sul quale facevano molto affidamento. Hanno avuto il colpo di genio nell’andare a trovare subito Retegui, che magari è un giocatore meno appariscente rispetto a Scamacca, ma per il modo con cui gioca l’Atalanta, lo dimostrano i numeri, è un giocatore che sa finalizzare tutto. 

Più complicata invece la vicenda Koopmeiners prima, finito alla Juventus, e Lookman dopo, poi rientrata. È chiaro che questo va a disturbare il gruppo e se andiamo a vedere è anche figlia delle due battute d’arresto. Quella a Torino, che non mi aspettavo, è quella soprattutto più roboante, con l’Inter a San Siro, che ha tolto un pò di certezze e credibilità all’Atalanta per poter lottare per il vertice. 

L’Atalanta però, ha dimostrato che nel momento in cui innesta il pilota automatico, come successo l’anno scorso, la squadra parte e non si guarda più indietro. L’ambiente dell’Atalanta, io l’ho vissuto un anno, lo conosco: nel momento in cui trovano i loro equilibri diventa molto, molto difficile giocare con loro”.

La Lazio di Baroni, con tanti giocatori giovani.

“A me piace. Ho avuto modo di vederla, anche se è uscita sconfitta, nella partita ad Udine e anche la prima partita con il Venezia.

A differenza di tante altre, Baroni ha già dato una sua identità ben precisa di come vuole farli giocare. È chiaro che è una squadra che ha perso anche giocatori importanti, su tutti Immobile. Per cui è chiaro che devi ricominciare un nuovo ciclo che, come tutti i nuovi cicli, richiede un pò di temp. L’impressione però è che possa essere la sorpresa per quello che riguarda il il campionato.

 Potrebbe essere troppo dipendente dalla vena realizzativa di Castellanos?

“Quando tu fai una scelta ben netta e precisa di affidare il tuo reparto avanzato ad un giocatore, che prima magari è stato meno utilizzato, devi anche accettare che tu lo vai a investire di quello che è la parte di finalizzazione. Davanti ricordiamoci può avere l’apporto di Zaccagni, che ha fatto bene in questi anni. Ma ripeto, ho l’impressione che comunque siamo di fronte ad una squadra bella, frizzante e gestita bene”.

Chi si spartisce i primi quattro posti in questo momento per lei?

“In questo momento penso a Inter, Napoli e Juventus e poi dopo al pari ci sono Milan, Lazio e Atalanta.

Due, tre acquisti che lei invece avrebbe fatto?

“Mi concentrerei su quelli che possono essere percorribili anche per il campionato italiano. Il giocatore che avrei preso, ma che comunque l’ha preso la Juventus, è Koopmeiners perché è un centrocampista che ti può garantire sia in termini di qualità, ma soprattutto che il numero di goal, un qualcosa che non si possono permettere tutti.

Altri giocatori che possono essere accessibili alle tasche dei club italiani e che possono fare la differenza in giro non ne vedo”. 

Una persona con la sua conoscenza del calcio, con la sua qualità e occhio come mai non è stato mai chiamata per fare lo scouting a qualche società importante? 

“Dopo tanti anni io mi sono chiamato fuori perché le carriere si iniziano molto giovane, poi dopo è chiaro quando termini o ti reinventi all’interno di una società come allenatore, come allenatore di settore giovanile o come dirigente, oppure, ed è abbastanza fisiologico e normale, rientri in quelli che sono i parametri normali della vita di tutti i giorni e per cui ci può stare.

 Mi piace fare la persona normale. Hai un pò più di tempo, però mi piace girare l’Italia per i ragazzi ma più in ambito di Serie C e Serie D, non per la B, A o all’estero. Ho lavorato per anni a quello che era il Bassano, che adesso la proprietà di Renzo Rosso è passata al Vicenza calcio. Ho avuto modo anche di confrontarmi all’interno di un ambiente professionistico. Poi con il passaggio di proprietà sono cambiate le dinamiche per cui mi sono allontanato. C’è stato nei tempi un contatto con qualche persona che chiedeva ma non è mai capitato”. 

 

In collaborazione con Alessandro Aglione

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ESCLUSIVA CS, De Gaetano: “Toro mon amour. La Juve? Mi ha sempre dato ai nervi”

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Il direttore del Museo del Cinema di Torino Domenico De Gaetano, tifosissimo del Torino

In esclusiva, CalcioStyle ha intervistato il direttore del Museo del Cinema di Torino Domenico De Gaetano, il cui cuore di tifoso batte per i granata.

Oltre a ricoprire la carica di direttore del Museo del Cinema di Torino, istituzione che ha contribuito a rendere famosa nel mondo, Domenico De Gaetano è anche un grande appassionato di calcio. E, nella fattispecie, un grande tifoso del Torino.

Una passione che nasce dall’antipatia per la Juventus e dalla passione di suo padre per un’altra squadra granata, come lui stesso ci ha raccontato.

L’intervista a Domenico De Gaetano, tifoso del Torino

“La Juve affascina di più e vince un po’ campionati e scudetti, in maniera più o meno regolare (ride, ndr). Sicuramente è una squadra più vincente rispetto al Torino degli ultimi anni.

Mio padre tifava Reggina, con la maglia sempre granata, quindi il passaggio al Torino è diventato facile anche per lui. Io sono cresciuto come tifoso del Toro.

La Juventus mi ha sempre dato un po’ ai nervi, sempre legata a questa idea della FIAT, degli Agnelli… Il Torino è sempre stato una squadra di grinta, la squadra degli outsider che cercano di ottenere le cose, a volte faticando, con competenza”.

Visto che ami le maglie granata, cosa ne pensi della Salernitana?

“Simpatica. In generale le squadre del Sud mi stanno simpatiche: Salernitana, il Napoli, ma anche il Palermo, il Catania . In realtà simpatizzo per tante squadre, quasi tutte.

Visto che sono il direttore del Museo del Cinema di Torino, l’unica volta che tifo Juventus è in occasione delle Coppe, sperando che vinca tutte le partite così viene gente a Torino a vedere le partite al loro stadio e a visitare il museo.
Poi mi auguro che perda le finali. Certo, poi fa di tutto a livello manageriale per non accedere alle coppe… (sorride sarcastico, ndr)”.

Insomma, deve portare indotto alla città ma poi soffrire…

“Certo. Non bastano solo i soldi. Poi è sempre stata una squadra molto spocchiosa, di quelle che ti guardano dall’alto in basso, quindi il fatto che anche i ricchi piangono fa piacere, ogni tanto”.

Qual è il tuo giudizio sul calciomercato fatto quest’estate dal Torino?

“È stato un bel terremoto. Capisco che non si possa dire ai giornali tutto quel che si vuole fare, ma la vendita di Buongiorno e di Bellanova sono state grandi delusioni per i tifosi. Vendi due giocatori nel giro della Nazionale e ti rimane solo Ricci... Effettivamente il presidente ha perso un bel po’ di punti.

C’è una contestazione molto forte, anche nelle chat dei tifosi e tra gli ultras. Poi magari il calciomercato è andato bene, perché alcuni giocatori – Coco, Adams – sembrano forti. Però sembra sempre che manchi qualcosina per fare una squadra che possa competere ai piani alti”.

Domenico De Gaetano su Samuele Ricci del Torino

Samuele Ricci del Torino

Hai menzionato Ricci, che in Nations League sta facendo bene.

“Come tifosi abbiamo quasi paura che diventino molto bravi, perché così poi il presidente li vende (ride, ndr). Però siamo molto orgogliosi di Ricci perché è uno dei pochi italiani rimasti in squadra e perché è uno di quelli che ha doti per far parte della nostra Nazionale. Sta giocando bene da un po’, credo che con Vanoli possa diventare uno dei leader più importanti del calcio italiano”.

Ti piace Vanoli al timone del Torino?

“Quando arriva un nuovo allenatore lo si ama subito: quando è arrivato Juric godeva di un amore pressoché incondizionato da parte dei tifosi, così come quasi tutti gli altri. Andando indietro nel tempo: Ventura, Giannioni, Radice, Mondonico

Speriamo che questi allenatori, calcio moderno permettendo, restino un po’ a Torino e riescano a dare inizio a un nuovo ciclo. Con Juric non ci siamo riusciti, speriamo di riuscirci con Vanoli. Lui ha iniziato molto bene, ha detto parole, la squadra ha giocato molto bene”.

In effetti l’inizio di stagione è stato molto positivo, con vittorie e un solo pareggio contro il Milan…

“(Vanoli) È riuscito a fare attenzione al modulo e ai giocatori che aveva, permettendogli di esprimersi al meglio. La partita con il Milan si poteva vincere e l’abbiamo pareggiata, quella con il Venezia si poteva pareggiare e invece l’abbiamo vinta. Nel calcio è tutto molto casuale. Speriamo che questo inizio non sia solo un fuoco di paglia e possa posizionare il Torino tra le prime cinque in classifica”.

È questo il tuo pronostico? O è una speranza?

“Se uno guarda i giocatori, non so se effettivamente potrà arrivare al quinto o sesto posto. Però lo scorso anno il Bologna ha avuto un exploit pazzesco e quindi uno crede che prima o poi anche il Torino magari riuscirà a farlo, magari mettendo sotto di sé una delle grandi”.

Domenico De Gaetano sull'allenatore della Juventus Thiago Motta

Thiago Motta, allenatore della Juventus

Tocco un tasto dolente: il Bologna della scorsa stagione aveva alla guida Thiago Motta, che ora è alla Juventus. Quanto conta l’allenatore, in una squadra?

L’allenatore è fondamentale: deve riuscire ad interpretare lo spirito di gruppo riuscendo anche a privilegiare i singoli. Ha un ruolo a metà tra lo psicologo e il tattico, deve analizzare i numeri. Allenare e motivare. Come nelle partite di tennis, si gioca molto nella testa. Se un giocatore vede che riceve molta fiducia e che ci si aspetta molto da lui, magari, tende a fare bene.

Altri, se sentono troppa pressione, si perdono. Bisogna arrivare a un giusto equilibrio. I giocatori sono fondamentali perché in campo ci vanno loro, ma una guida, un leader, è sempre quello che sta in panchina”.

Quale sarebbe la tua formazione ideale del Torino, partendo dalla porta?

“In porta la scelta obbligata è Milinkovic-Savic, gli altri non hanno chance, spero che spero che entrino. Lui è uno dei giocatori più discussi all’interno del Torino, ha commesso alcune papere negli scorsi anni e quindi non è molto amato. Sono comunque sicuro che se continua a far bene come sta facendo, si guarderà agli errori del passato come a un momento di formazione, una tappa. Il Toro ha sempre avuto una tradizione di portieri forti.

In difesa speriamo nel rientro di Schuurs: rientrando lui la difesa può tornare ad essere molto solida, anche se la partenza di Buongiorno mi ha dispiaciuto molto, perché era un giocatore cresciuto nel Toro.

A centrocampo sicuramente Ricci e Ilic, che sono comunque i due giocatori più forti che abbiamo. Mi piacerebbe molto vedere Ciammaglichella, un giocatore della Primavera molto giovane, cresciuto nel Toro: sarebbe bello se lui riuscisse ad emergere quest’anno come giocatore di punta, insieme a Vlasic.

Come punta siamo costretti ad avere Zapata, che ormai ha una certa età ma continua a segnare e poi o Adams o Sanabria.

Non è che ci sia tanto tra cui scegliere. Secondo me quella che mette in campo Vanoli è la migliore squadra che può mettere.

La più grande soddisfazione che può avere un tifoso del Toro è giocare alla Playstation con il Torino (ride, ndr): facendo il campionato, ogni tanto gioco con mio figlio, il Torino ogni tanto può arrivare a vincere lo scudetto e addirittura arrivare a giocare la Champions. Mi auguro che il mondo della Playstation possa diventare reale”.

Cosa ti aspetti dall’imminente partita contro il Lecce?

“Spero che sarà una vittoria fissa, tutti ce l’auspichiamo. Questa può essere la prova del nove: con il Venezia il Toro non ha giocato molto bene eppure ha vinto. Vediamo effettivamente cosa succede.

Poi mi aspetto anche che vinca il primo derby. Perché una delle maggiori soddisfazioni di un tifoso del Toro è: la Juve è più forte e vince gli scudetti, il Torino arriva anche ottavo però vince i derby. È una magra consolazione, ma ci può stare.

Purtroppo non facevano più nemmeno quello. Speriamo che Vanioli riesca a sfatare questo tabù e riesca a vincere un derby: questo lo porterebbe di diritto nell’Olimpo degli allenatori di sempre, secondo me. Contro il Lecce si può anche perdere, se si vince il derby”.

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