La nota telecronista Rai ed ex calciatrice Katia Serra si è concessa in esclusiva ai nostri microfoni. Leggiamo qui di seguito l’intervista per intero.
Katia Serra, ex calciatrice con 24 anni di carriera alle spalle, adesso è una delle voci femminile che possiamo ascoltare durante una telecronaca. La commentatrice bolognese si è resa disponibile per rispondere ad alcune domande inerenti il mondo del calcio femminile e maschile.
Quali sono i ricordi più significativi della sua carriera da calciatrice? E con quale maglia ha avuto l’emozione più grande?
“Guarda, io lo dico sempre, ho avuto la fortuna di viverne tanti. Ovvio che l’esordio con la maglia dell’Italia è indimenticabile, così come lo Scudetto, la prima Coppa Italia o la Super Coppa. Ma in realtà ogni prima volta lo è. E visto che sono arrivate sempre dopo percorsi tortuosi non riesco a fare una classifica. Però devo dire che il ricordo più bello è stato quello di vivere, attraverso il calcio, esperienze di vita stimolanti. Che mi hanno portato a mettermi alla prova in contesti differenti e conoscere tante persone diverse. Quello che ti permette il calcio di vivere credo sia imparagonabile a qualsiasi altra esperienza.”
Ad oggi, quali cambiamenti sostanziali ha notato nel calcio femminile rispetto a quando giocava lei?
“E’ cambiato come dal giorno alla notte. Assolutamente tutto, partendo dalle tutele. Oggi è un lavoro in tutti i sensi e con tutti i diritti che ne derivano. Fino ad arrivare all’organizzazione. Oggi c’è un sistema che investe, che è la federazione, tanti club che investono. Oggi il calcio, come merita di essere fatto, viene sviluppato a più livelli e non solo in Serie A col professionismo. Per semplificare ti dico che prima non c’era niente. E’ esagerato dire che oggi c’è tutto ma, obiettivamente, i miglioramenti ci sono stati in ogni settore. Per fortuna, aggiungerei. Non rinnego nulla del mio passato ma mi piacerebbe averli adesso 7 anni, per iniziare oggi la mia vita nel mondo del calcio.”
Il passaggio al professionismo per il femminile è stato un passo importante in Italia. Ma la differenza tecnica con altre nazioni è ancora molto ampia. Secondo lei cosa dovrebbero fare le società per colmare questo gap?
“Principalmente serve tempo, necessario per far crescere il numero delle praticanti, andando poi a selezionare su numeri più alti. Di conseguenza, chi arriverà al vertice sarà più performante, perché la selezione sarà più difficile e competitiva. Dopodiché penso si possa lavorare meglio in termini di progetto tecnico, sia all’interno della federazione che nei vari club. Solitamente i club stranieri giovanili hanno dei concetti di base differenti dai nostri. Secondo me, non dovuti solo al numero su cui selezionano, ma frutto di metodologie di allenamento diverse. Credo che l’Italia sotto questo aspetto dovrebbe fare di più per colmare queste carenze, che dipendono esclusivamente dal lavoro proposto.”
Gli europei femminili ci hanno lasciato un po’ di amaro in bocca, ci aspettavamo qualcosa di più dalle nostre ragazze. Aspettative basate sul valore tecnico che le azzurre hanno dimostrato di avere. Secondo lei cosa non ha funzionato?
“La realtà è che non ha funzionato nulla. Tutto quello che doveva funzionare per ottenere dei risultati non ha funzionato. In questo modo l’Italia è andata molto al di sotto del suo potenziale. E’ stato tutto un insieme di errori da distribuire all’intera delegazione. Dirigenza, staff e giocatrici hanno sfruttato male quell’occasione. Errori che si erano già intravisti durante le tappe di avvicinamento all’Europeo. La cosa che ha rammaricato maggiormente è stato vedere che, di fronte a tutte queste difficoltà, non abbiano trovato la giusta reazione per provare a tamponare una situazione che si è rivelata molto deludente.”
Nelle ultime due partite di qualificazione al prossimo mondiale abbiamo finalmente ritrovato la nazionale femminile di cui molti italiani si erano innamorati durante Francia 2019. Pensa che possano ripetere l’impresa anche in Australia/Nuova Zelanda?
“Penso che adesso sia troppo presto per dirlo. Perché dipenderà da cosa impariamo dagli errori commessi nella programmazione dell’Europeo. E’ troppo prematuro. Tutta la macchina organizzativa, tecnico, tattica, gestionale e comportamentale, è appena partita ed è troppo presto per fare una previsione. Francamente al momento non ho un’idea precisa.”
A differenza della delegazione femminile, la nazionale maschile non prenderà parte al prossimo mondiale del Qatar. Per la seconda volta consecutiva gli italiani potranno tifare per le nostre ragazze ma non per i ragazzi. Secondo lei quali sono i motivi che hanno portato all’esclusione della squadra maschile?
“Io penso che quando si passa dalle stelle di un Europeo vinto ad una mancata qualificazione, in un tempo così breve, è inevitabile che ci siano stati errori. Credo che di base ci sia stato poco coraggio nel puntare su giocatori nuovi che in quel momento erano più performanti dei soliti. Che magari stavano passando un momento difficile, in termini fisici ed in termini di momento. Non si può essere al top sempre ed i cali fanno parte della storia di ognuno di noi. Inoltre, secondo me, sono state sottovalutate le prime partite di qualificazione. Imputando i risultati negativi ad una casualità più che all’inizio di problemi. Che non si son voluti vedere, se non troppo tardi. Quando oramai era impossibile indirizzarli diversamente
.”Lei è stata la prima donna a commentare una finale maschile lo scorso Europeo. Immagino che per lei sia stato un traguardo importante ed emozionante. Quali sono le difficoltà maggiori che ha incontrato nella sua carriera, nei vari ruoli ricoperti nel mondo del calcio?
“Quando anticipi i tempi, fai un ruolo tipicamente maschile, in una situazione che culturalmente non è aperta e pronta ad accoglierti è normale incontrare delle difficoltà. Gli ostacoli che ho incontrato, prima da calciatrice e poi da commentatrice, sono stati tutti molto simili. Con la differenza che quando giocavo, soffrivo molto di più e mi ci arrabbiavo. Non avendo una consapevolezza tale da farmi scivolare di dosso i problemi. E tutte le gioie che il calcio mi regalava a fatica compensavano tutta questa parte negativa. Mentre da commentatrice ed opinionista, avendo iniziato il percorso in un’età più matura e con, alle spalle, tutta la “palestra” precedente mi ha aiutato a gestire diversamente quello che mi è capitato. Però è stato altrettanto pesante, altrettanto mortificante ed altrettanto complicato. Tutt’oggi lo è ed io mi sento sempre sulle montagne russe. Ad ogni modo in entrambi i ruoli c’è sempre stata un’evoluzione in positivo e ad oggi mi sento accettata, considerata e stimata. Tutto questo non fa altro che confermarmi che è giusto insistere su questo, visto che mi diverte e non faccio male a nessuno. Perché rinunciarci?“
Il campionato femminile, probabilmente anche grazie all’avvento del professionismo, ha visto arrivare nomi importanti. Come Asllani nel Milan o Beerensteyn alla Juventus. Alzando così il tasso tecnico della nostra serie A. Molte squadre si sono rinforzate, aumentando la propria competitività. Secondo lei la Juventus rimane la favorita per lo scudetto o ci saranno delle sorprese nel corso della stagione? Chi secondo lei potrebbe spodestare il trono bianconero?
“Io mi aspetto un campionato pieno di sorprese e che verrà deciso nella seconda parte. Chi uscirà vincente dalla regular season non sarà così indicativo, perché nella poule scudetto potrà succedere di tutto. E quest’incertezza del risultato finale non farà che bene ad un sistema che deve cercare consensi, facendo appassionare più persone. E che deve convincere sempre maggiori investitori. Detto questo penso che al momento la squadra più attrezzata per competere con la Juventus sia la Roma. Ma visti i diversi impegni di entrambe le squadre in Champions ed una sessione di mercato ancora da svolgere è prematuro fare un pronostico. Sicuramente non sarà un campionato così scontato come nelle passate stagioni.”
Nella scorsa stagione alcune divergenze nel Milan tra il tecnico ed alcune calciatrici hanno portato all’allontanamento di alcune di esse, una su tutte l’ex capitano Giacinti. Crede che la scelta della società sia stata azzardata? Secondo lei la situazione poteva essere gestita diversamente per evitare di perdere una bandiera come giacinti, tanto amata dai tifosi rossoneri?
“Solo chi vive queste cose dall’interno può dare un giudizio su questa situazione, perché dall’esterno non si conoscono esattamente i fatti. Detto questo, credo che in questo divorzio ci abbiano rimesso tutti. Perché fino a quel momento il Milan era contento di Valentina e Valentina era contenta di stare al Milan, dandosi soddisfazioni reciproche. Poi, purtroppo, quel rapporto si è rotto e solo chi è all’interno può giudicare. Io dico solo che il nostro livello si sta alzando, tutti quanti devono abituarsi ad atteggiamenti e comportamenti sempre più professionali, senza invasioni di campo da ogni parte. I dirigenti devono fare i dirigenti, le giocatrici fare le giocatrici e gli allenatori anche, altrimenti si rischia di creare un problema come successo tra il Milan e Giacinti.”
Per finire, cosa direbbe a chi continua a ripetere che il calcio non è uno sport da donne?
“Io dico sempre una frase, forse scontata e banale, ma che credo sia efficace. Lo sport è di tutti e per tutti. No è questione di politically correct, o discorsi di inclusione e di discriminazione. Nella vita chiunque provi a fare qualcosa, che non va a ledere gli altri, sia per quanto riguarda l’immagine che la salute, e non leda la propria immagine e la propria salute, non deve porsi limiti. Quindi in questo senso, credo che chi continua ad avere questi pensieri è una persona che non ha capito che la vita è piena di opportunità. Le opportunità però si creano se siamo noi ad aprirci verso di esse e non se ce le precludiamo.”
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