Quest’estate l’Italia Under 21 ha perso il suo ct, Paolo Nicolato. Che oggi, in un’intervista al Corriere, raccolta le motivazioni alla base del suo addio.
In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex allenatore dell’Italia Under 21 Paolo Nicolato ha parlato del suo addio alla Nazionale e alla FIGC dopo sette anni di onorato servizio.
Alla base dell’addio, soprattutto la delusione per la mancata qualificazione alle Olimpiadi: “L’estate non è stata facile: c’era l’obiettivo della qualificazione ai Giochi Olimpici, un grande sogno per me. La delusione è stata profonda, specialmente perché stavamo andando bene prima di ciò (…)
Sì, la mancata qualificazione non è stata una coincidenza. Avremmo potuto fare meglio, ma in momenti di difficoltà, ci è mancata quella coesione di squadra che rende una squadra più forte.
Mi dispiace non essere riuscito a far capire quanto fosse importante preparare il torneo con maggiore anticipo. Il tempo era a nostra disposizione ed è una responsabilità che mi sento.
Forse non ha aiutato la notizia del mio addio trapelata durante il torneo, ma non ha influenzato né i giocatori né lo staff: hanno dato tutto“.
Ad influire è stato anche il difficile rapporto con Roberto Mancini nell’ultimo anno di incarico: “Sì, l’ultimo anno è stato gestito in modo complicato. Siamo stati coinvolti dalla gestione della Nazionale maggiore e dal ricambio generazionale, il che non ha favorito la Under 21.
Differenze? Possibile. Era necessario un allenatore che condividesse completamente la gestione che si stava cercando di attuare. Non c’è stata alcuna discordia, ma c’erano divergenze di opinioni.
Non eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, ed è importante per me essere coerente. Ritengo che l’accesso alla Nazionale maggiore debba essere più selettivo. Non condivido l’idea che sia troppo facile raggiungerla. Questo messaggio può essere pericoloso“.
Sulla gestione della Nazionale, Nicolato ha un punto di vista ben preciso: “Per me, la Nazionale non deve essere trattata come un club, e le Under 20 e Under 21 non possono essere considerate come una Primavera di una squadra di Serie A.
Le dinamiche sono diverse, le competizioni sono impegnative e c’è poco tempo per lavorare. Non condivido l’idea di giocare allo stesso modo della Nazionale maggiore: ogni stagione è diversa, e bisogna estrarre il massimo dai giocatori. Vincolarsi a schemi mi sembra poco sensato“.
Secondo Nicolato, è opportuno riflettere sullo stato delle squadre giovanili italiane oggi: “Le nostre squadre giovanili vincono fino alla categoria Under 20, e poi si fermano? Credo che il livello generale sia sempre più elevato.
Le altre squadre giocano di più rispetto alle nostre e spesso a ritmi superiori. In Italia è difficile emergere, siamo molto critici e non tolleriamo l’errore: nessuno è mai abbastanza bravo e si giudica con leggerezza.
Kean e Scamacca? Potrebbero essere migliori di quanto pensiamo, ma dobbiamo anche dar loro il tempo. I talenti straordinari sono rari, ma abbiamo giocatori di talento: loro lo sono“.
Aggiornato al 07/09/2023 11:03
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