LUCIANO SPALLETTI RAMMARICATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
L’Italia saluta la Nations League contro la Germania. Il secondo tempo degli azzurri aumenta il rammarico per un primo condizionato dalle scelte di Spalletti.
L’Italia pareggia in Germania e dice addio alle speranze di raggiungere le Final Four di Nations League. A Dortmund la Nazionale guidata da Luciano Spalletti esce sì incolume nel punteggio, ma il risultato non basta a cancellare dubbi e incertezze.
Ancora una volta le scelte del commissario tecnico azzurro si sono rivelate fin troppo pretenziose, figlie di una visione idealistica che continua a scontrarsi con la realtà del campo. Rispetto all’andata, Spalletti ha cambiato quattro uomini, ma due mosse in particolare hanno inciso pesantemente su un primo tempo disastroso, in cui l’Italia è stata travolta sul piano tattico e mentale.
LUCIANO SPALLETTI RAMMARICATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Gatti schierato come braccetto di destra, con Di Lorenzo spostato esterno di centrocampo, ha lasciato praterie alla Germania sul lato sinistro dell’attacco. Il terzino del Napoli ha faticato sia in fase difensiva che offensiva, e solo in rare occasioni ha varcato la metà campo tedesca.
Ancora più azzardata si è rivelata la scelta di affidare per la prima volta una maglia da titolare a Daniel Maldini
. Il trequartista, chiamato a fare da collante tra centrocampo e attacco, è stato completamente divorato dal famelico centrocampo tedesco. Nessuna giocata utile, nessuna uscita pulita, pochissima presenza. Non a caso Spalletti lo ha sostituito all’intervallo.SANDRO TONALI RAMMARICATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Nel secondo tempo, con Di Lorenzo riportato nel suo ruolo naturale, Politano a dare qualità sulla fascia e Frattesi inserito tra le linee, l’Italia è sembrata rinascere. Maggiore corsa, qualità, organizzazione. Due gol, un rigore netto cancellato in modo inspiegabile dal Var, e un pareggio acciuffato nel finale da Raspadori.
Ma se la ripresa ha dato segnali positivi, resta la sensazione di un’Italia ancora incompiuta, prigioniera dei suoi stessi esperimenti. La gestione spallettiana appare confusa: più attenta all’idea astratta di gioco che al concreto adattamento dei giocatori a disposizione. Ogni partita è un laboratorio nuovo, ogni scelta sembra cercare la perfezione estetica più che l’equilibrio.
E così l’Italia resta ferma in un limbo: abbastanza solida da non crollare, troppo fragile per imporsi davvero. Un’Italia che sembra non sapere chi è, e un allenatore che, nel tentativo di farla diventare ciò che immagina, rischia di perderla.
Aggiornato al 24/03/2025 9:06
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