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15 ottobre 1983-15 ottobre 2021: come nacque il mito Julio Velasco
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15 ottobre 1983-15 ottobre 2021. Esattamente 38 anni dopo. La trasferta del 15 ottobre 1983 a Catania segnò ufficialmente il debutto italiano di Julio Velasco nella panchina del Latte Tre Valli Jesi, nel campionato di serie A2. Da Jesi Julio Velasco, ex manager di Inter e Lazio rispettivamente alla corte di Moratti e Cragnotti, spiccò il volo in poco tempo, per diventare presto il numero uno del volley internazionale. Ma come nacque in Italia il mito Julio Velasco? Andiamolo a scoprire attentamente. A furor di popolo martedì 4 ottobre 1983, alle ore 18 presso la residenza municipale di Jesi, l’amministrazione comunale ricevette le squadre di pallavolo Latte Tre Valli Volley Jesi, che vinse nella stagione precedente il campionato di serie B, e Vasas Budapest, tra le migliori formazioni d’Ungheria. Alle ore 21 dello stesso giorno le due squadre disputarono alla Carbonari un’interessante amichevole vinta per 3 a 2 dal team di Julio Velasco. Di certo a portare buoni frutti dal punto di vista fisico e tecnico c’erano l’attrezzata palestra Body Line di Jesi, in cui coach Velasco portava i suoi tre volte alla settimana stravolgendo le attività di routine, e il caloroso parquet della Palestra Carbonari. “Sono venuto qui, a Jesi, per fare grandi cose – affermò Julio Velasco nelle prime interviste rilasciate nella città marchigiana – Per questo motivo sto lavorando sulla testa dei ragazzi, svolgendo una preparazione fisica molto impegnativa. Credo che per il debutto in campionato del 15 ottobre a Catania saremo in perfetta forma. L’unica incognita potrà nascere dall’inesperienza di alcuni giovani, ma in linea di massima sono fiducioso anche per i più piccoli, che saranno chiamati a rispondere al meglio alle mie sollecitazioni”. Coach Velasco, portato in Italia da un genio chiamato Beppe Cormio (ex direttore marketing Siena Calcio), aveva rivoluzionato in lungo e in largo i metodi di allenamento – valutando parametri del tutto innovativi come passi e movimenti “stile tango argentino” – andando oltre la solita razione di esercizi ginnici alternati al lavoro con la palla per il perfezionamento della tecnica individuale. “Spettatore costante e motivatore aggiunto – si legge in un estratto del libro Happy Hour da Fuoriclasse al Bartocci scritto nel 2021 dal giornalista di Jesi Daniele Bartocci, vincitore di vari premi quali il premio giornalismo sportivo Giovanni Arpino – delle varie sessioni di allenamento lo staff dirigenziale del Latte Tre Valli Volley Jesi, non soltanto Beppe Cormio (attuale Direttore Generale della Lube Civitanova Volley) e l’indimenticabile patron Sandrino Casoni, bensì il ragionier Conti, Cesare Guidi e l’intero staff tecnico”. Tutti avevano creduto fortemente sulle doti umani e intellettuali di Julio Velasco, portandolo a Jesi dall’Argentina. L’attesa e la trepidazione crescevano giorno dopo giorno: era sempre più vicino l’esordio da matricola nel campionato di serie A2 (il secondo campionato nazionale) in programma il 15 ottobre 1983 a Catania contro una squadra molto attrezzata a livello di organico e non per caso scudettata. I siciliani infatti si fregiarono del titolo di Campione d’Italia al termine della stagione sportiva 1977-78. Nell’ultimo allenamento prima di volare in Sicilia, coach Julio Velasco aveva insistito sugli schemi offensivi con i sei uomini scelti come titolari ovvero Giannini, Kantor, Esposto, Petrelli, Wagenpfeil e Fanesi, lavorando sulla concentrazione e sulla forza mentale dei singoli. Il piano di Prof. Julio Velasco, implementato alla vigilia della trasferta siciliana, si rivelò vincente e caratterizzato da un lodevole pragmatismo strategico: la Tre Valli Jesi ottenne una meritata vittoria in uno dei campi più ostici del campionato al termine di tre parziali: 10-15, 7-15 e 11-15. “Una grande vittoria fatta di passione, concentrazione e grande determinazione, in attesa dell’esordio tra le mura amiche di Julio Velasco il sabato successivo contro l’Accademia Roma”. Le rassegne stampa d’epoca a nostra disposizione elogiarono la prova tattica dei ragazzi di Julio Velasco e la grande maturità mostrata dal tecnico argentino al suo debutto nel nostro paese, considerato sin da subito un grande trascinatore. La Tre Valli Jesi di Julio Velasco di quel tempo sarebbe potuta diventare la Lube Civitanova dei giorni d’oggi. Ma poi, purtroppo, mancò lo sponsor…
SOTTO IL SOLE DEI GIARDINI DI CATANIA: UNA SOSTA INDIMENTICABILE
Il tecnico argentino portò a tal punto il suo collettivo ai giardini di Catania – considerata la splendida giornata di sole – dove venne effettuata una normale seduta atletica, a dimostrazione della professionalità e della serietà con cui Velasco svolgeva il suo lavoro. Anche in occasione della gara di San Giuseppe Vesuviano, la squadra jesina – che si era fermata a dormire a Caserta – non ricevette strutture sportive adeguate per poter effettuare l’allenamento, così come era avvenuto per Catania. Cosa si inventò in questo caso Julio Velasco? Dopo la colazione del mattino, il tecnico argentino portò ad allenare la sua squadra all’interno della sala da pranzo dell’albergo. Giocatori e staff furono chiamati a spostare in fretta i tavoli della sala: fu una seduta di allenamento faticosa ma soprattutto alternativa e all’insegna del superamento degli ostacoli. Focalizziamoci ora su un particolare aneddoto, a nostro avviso molto piacevole e interessante. Durante il “magico” weekend catanese, nel pre-partita del sabato, Julio Velasco intorno a mezzanotte ‘’obbligò’’ alcuni suoi collaboratori ad andare a fare un giro per la città di Catania. Una città in cui, in prossimità del palazzetto, era appeso uno striscione (almeno così ci viene riportato) con la scritta “Abbasso gli italiani”. Più che di leadership, in questo caso, si sarebbe tranquillamente potuto parlare di capacità da Influencer, figura-professione molto in voga nei giorni d’oggi, sorta all’interno dei nuovi modelli di comunicazione online. Il direttore dell’hotel, posto in Via Etnea (nel centro della città), in cui alloggiava la squadra jesina, disse loro che uscire dopo cena, soprattutto a quell’ora e in una città molto complicata e delicata sotto certi aspetti come Catania, era pericolosissimo (ce lo raccontò in un’intervista anche Beppe Cormio). Julio Velasco si fidò ciecamente delle proprie idee e “spronò” alcuni suoi collaboratori ad andare, sostenendo che loro avrebbero potuto visitare la città catanese altre mille volte mentre per lui quella era la prima e magari l’ultima volta. Di fronte alle torture del regime Jorge Videla, negli anni precedenti, vissute con i propri occhi in Argentina, uscire di notte forse poteva essere considerata una semplice “passeggiata” per Velasco. Come dire, dalle torture alla leadership. Ecco l’importanza e la ricchezza che deriva dal proprio vissuto personale, la rilevanza del far tesoro delle proprie esperienze, del saper gestire le situazioni complicate, del sapersi “risollevare” in qualche modo dalle proprie ceneri quasi come un’araba fenice.. Velasco e soci tornarono alle 3 di mattina, per loro fortuna filò tutto liscio. “Io voglio uscire a mezzanotte, magari l’anno prossimo tornerò in Argentina e non vedrò mai più città italiane come Catania. Vi dico che possiamo andare. Andiamo!”, ribadì Velasco durante il pre-partita ad alcuni membri dell’équipe jesina. Abbiamo voluto citare questo particolare “siparietto” dell’annata 1983 in quanto a nostro avviso risulta molto utile enfatizzare la convinzione e determinazione di Julio Velasco nell’effettuazione delle scelte, nell’affrontare una situazione delicata, nel superare le difficoltà, la sua volontà nell’eseguire il compito e capacità di influenzare positivamente il proprio team, di unire gli intenti senza alcun tipo di rimpianto e con la necessaria dote di ferocia, motivazione e leadership. Sono soltanto alcuni aspetti della vita umana sapientemente trapiantati da Prof. Julio Velasco all’interno del quadro di pianificazione strategico-sportiva, ai fini di un incremento delle performance individuali e globali, quindi a livello di rendimento definitivo degli individui nelle loro complessità. Un campione emigrato dall’Argentina e che è riuscito a fare cose incredibile. Chapeau!
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Julio Velasco raccontato dal giornalista di Jesi nel libro Happy Hour da fuoriclasse al BarTocci
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Grand Tour Italia celebra la vittoria azzurra ai Mondiali del 1982
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In un evento che si terrà il prossimo 14 marzo, Grand Tour Italia celebrerà il trionfo azzurro ai Mondiali dell’82. Il comunicato stampa.
Di seguito il comunicato stampa dell’evento, che riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Grand Tour Italia, a Bologna, celebra uno dei momenti più iconici della storia del calcio italiano con una serata imperdibile dedicata alla vittoria della Nazionale ai Mondiali 1982.
Venerdì 14 marzo, a partire dalle ore 18.30, il Parco ospiterà la proiezione del film documentario Italia 1982 – Una storia azzurra, seguita da un incontro esclusivo con due dei protagonisti di quell’impresa: Marco Tardelli e Fulvio Collovati.
Con la presenza di Oscar Farinetti, a moderare la conversazione sarà il giornalista sportivo Gigi Garanzini, che guiderà il pubblico in un viaggio emozionante attraverso ricordi, aneddoti e testimonianze dirette di quell’avventura che ha fatto sognare un’intera nazione.
Il documentario Italia 1982 – Una storia azzurra
Prodotto da Simona Ercolani, fondatrice di Stand By Me e Vision Distribution in collaborazione con Sky, Italia 1982 – Una storia azzurra, con la regia di Coralla Ciccolini e la direzione artistica di Beppe Tufarulo, è distribuito da Vision Distribution.
Il documentario ripercorre la cavalcata della Nazionale azzurra di Enzo Bearzot, soffermandosi sulle difficoltà iniziali, sulla determinazione dei giocatori e sul trionfo finale che ha unito l’Italia intera.
Attraverso immagini di repertorio inedite e interviste ai protagonisti, il film offre uno sguardo esclusivo su un torneo che ha segnato la storia dello sport e del Paese. Un cammino fatto di ostacoli e rivincite, che ha avuto il suo culmine con il 3-1 della finale dell’11 luglio e l’urlo liberatorio di Tardelli, entrato nella memoria collettiva del Paese.
Ma il documentario non è solo il racconto di una vittoria sportiva: attraverso una rigorosa ricerca di materiali d’archivio, ricostruisce il contesto storico e sociale di quell’anno, con un’Italia in crisi, segnata dal terrorismo, dalla disoccupazione e da un forte senso di incertezza. È in questo scenario che il successo della Nazionale diventa un simbolo di riscatto per un intero Paese.
L’evento del 14 marzo a Grand Tour Italia sarà un’opportunità unica per rivivere le emozioni di quell’epoca e per ascoltare direttamente dalla voce di Marco Tardelli e Fulvio Collovati i retroscena di quel successo. Al termine della proiezione, verso le ore 19.30, i due campioni dell’82 si intratterranno con il pubblico, rispondendo alle domande e condividendo aneddoti legati a quella straordinaria avventura calcistica.
L’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti e con registrazione raccomandata a questo link.
Su Grand Tour Italia
Grand Tour Italia è un Parco esperienziale di 50.000 mq che celebra la biodiversità culturale e gastronomica delle 20 regioni italiane. Attraverso osterie regionali, aree didattiche, eventi e attività, il Parco offre un’immersione completa nella tradizione e nell’eccellenza del nostro Paese.
È aperto dal giovedì alla domenica. Per chi viene a Grand Tour Italia è a disposizione un servizio navetta gratuito il sabato e la domenica fino a esaurimento posti. Per gli orari di apertura e della navetta, le informazioni e dettagli sulle singole esperienze, corsi ed eventi visitare il sito web e i canali social Facebook e Instagram @grandtouritalia.ita.
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Cesena, a breve una cerimonia dedicata: tutti i dettagli
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Don Filippo Cappelli, parroco di Badia-Budrio, sfida le convenzioni organizzando una messa dedicata al Cesena e scoprendo il Santo patrono dei calciatori.
Un’inedita connessione tra sacro e profano per avvicinare le persone alla religione attraverso la passione per il calcio. E’ l’ultima trovata di Don Filippo Cappelli, che ha organizzato una cerimonia per la squadra romagnola.
Il calcio come strumento di evangelizzazione
Don Filippo Cappelli, parroco di Badia-Budrio, piccole frazioni romagnole ai piedi del comune di Longiano, vicino Cesena, ha deciso di unire la passione per il calcio con la propria missione religiosa. “Domenica 23 febbraio, nella mia parrocchia, abbiamo organizzato una funzione dedicata al nostro amore sfrenato per il Cesena F.C. e a suffragio dei suoi protagonisti”, racconta don Filippo.
L’idea nasce dalla sua personale convinzione che vita spirituale e vita terrena possano e debbano convivere: “È una questione di emozioni: vita spirituale e vita terrena viaggiano assieme. Sono forma e sostanza della stessa materia: l’uomo”.
Il Cesena F.C. e la religione: una connessione storica
La connessione tra il Cesena F.C. e la religione non è una novità. Infatti, nelle vetrate del Duomo San Giovanni Battista di Cesena è raffigurato Walter Schachner, ex attaccante austriaco del Cesena e idolo dei tifosi negli anni ’80. “La guardavo e la ritenevo familiare; poi spostando lo sguardo leggermente sotto quella faccia, ai piedi del San Giovanni predicante e poco distante dalla rappresentazione del suo martirio, individuavo un pallone e degli scarpini da calcio”, racconta don Filippo.
Il Santo patrono dei calciatori
Ma la scoperta più sorprendente è quella del Santo patrono dei calciatori, San Luigi Scrosoppi, nato a Udine nel 1804 e proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II nel 2001. “Nell’organizzare la funzione religiosa don Paolo Foschi ha cercato fra testi sacri e documenti ufficiali se esistesse un Santo Protettore dei calciatori”, racconta don Filippo. E così è stato: “Abbiamo già avanzato la nostra proposta: tenere una messa ufficiale sul prato dello stadio Dino Manuzzi prima dell’inizio di una partita del Cesena. Per noi sarebbe una soddisfazione enorme”.
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Fonte: Gianluca Di Marzio.
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Juventus, Tiribocchi: “Il percorso di Motta è a rischio e su Koopmeiners e Douglas Luiz…”
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L’ex calciatore della Juventus Simone Tiribocchi ha rilasciato delle dichiarazioni ai microfoni Juventusnews24 relative al momento che sta vivendo il club bianconero.
Juventus, le parole di Tiribocchi
Di seguito le dichiarazioni rilasciate dall’ex bomber di Atalanta e Vicenza Simone Tiribocchi ai microfoni di Juventusnews24 sul momento che sta vivendo il club bianconero e su mister Thiago Motta:
Secondo lei la panchina di Motta inizia a scricchiolare?
“Be’ diciamo che sono stati dieci giorni tosti, per l’allenatore e per il mondo Juventus. La Juventus in campionato veniva, se non sbaglio, da quattro vittorie consecutive quindi aveva un po’ rimesso a posto la situazione classifica, poi ci sono state queste due mazzate.
Io ero allo stadio, c’era grande entusiasmo prima della partita, c’era tranquillità quindi l’ambiente si era un po’ risollevato malgrado l’uscita più importante che è quella dalla Champions.
Quindi questo potrebbe un po’ minare il percorso, è inevitabile che quando sei nelle grandi squadre – l’abbiamo visto anche al Milan – devi fare risultato, se non lo fai sei sempre messo in discussione”.
Koopmeiners e Douglas Luiz fino ad ora sono i grandi flop del mercato bianconero, secondo lei a cosa è dovuto questo scarso rendimento?
“Da una conoscenza dell’allenatore, di un’interpretazione del calcio diversa da quella che soprattutto Koopmeiners faceva lo scorso anno. Le valutazioni che si danno a certi giocatori sono talmente alte che ci si aspetta venti gol al girone d’andata e 40 al ritorno e quindi questo poi quando non succede, tutto va a cadere.
È come un castello di carta, nel senso “tu non mi fai gol, ti ho pagato 60, ti devo fischiare”, in quel caso un giocatore comunque di qualità – perché Koopmeiners è un giocatore di qualità è al centro del progetto e non rende, viene fischiato. E tutto lì diventa un po’ un problema, naturalmente l’allenatore lo difende facendolo giocare ma tante volte è controproducente.
Io credo che lui sia un giocatore forte, che vada messo in una posizione e da lì costruire, e non ogni volta cambiare. Per quanto riguarda Douglas Luiz io lo conoscevo poco però mi sembra veramente che non sia quell’acquisto che sposta gli equilibri invece come è stato Thuram oppure Kolo Muani.
Sono quei giocatori che ti fanno veramente la differenza a Torino, al Paris Saint-Germain, ovunque nelle piazze dove c’è veramente da fare la differenza e Douglas Luiz secondo me non lo è”.
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