Se pensiamo di vivere una delle tante sessioni di mercato ricche di grandi colpi ci sbagliamo: questo è l’anno in cui nasce la nuova era del calcio, quella dominata da sceicchi e oligarchi russi.
Per spiegare meglio tutto questo è necessario partire dall’annuncio della Superlega dello scorso Aprile, in cui 12 team, tra cui Juventus, Real Madrid e Barcellona su tutti, annunciavano la nascita di una nuova competizione europea, che avrebbe previsto la presenza stabile di 15 top club europei, tra cui i 12 club fondatori, oltre a 5 squadre selezionate in base ai meriti sportivi.
Benché si trattasse di qualcosa di nuovo per il calcio, ma già presente in altri sport, l’annuncio scatenò un polverone mediatico che faceva leva sulle minacce e accuse denigratorie da parte dell’UEFA e soprattutto del suo presidente Aleksander Ceferin.
Nonostante di fatto si trattasse di una nuova Champions League con criteri di qualificazione modificati, gran parte dei tifosi, anche dei 12 club fondatori, si scagliò contro l’annuncio, valutando la Superlega come l’atto di prepotenza dei ricchi nei confronti di chi si batte per garantire che il calcio appartenga a chiunque, senza distinzione di soldi. Niente di più lontano dalla realtà.
Andrea Agnelli nella conferenza stampa del 4 giugno scorso torna sul tema “La Superlega non è un colpo di stato, ma un grido disperato di allarme per un sistema che, consapevolmente o meno, si indirizza verso l’insolvenza”: se due mesi fa quelle parole sembravano più una giustificazione, oggi, a fronte della vicenda legata a Messi ci fanno riflettere di quanto fossero veritiere e allarmanti.
La pandemia è sicuramente stata la causa principale delle enormi perdite finanziarie registrate da tutti i top club europei, ma non è l’unica causa di tutti i mali del sistema calcio: il vero problema è nato quando i ricchi, i veri ricchi, hanno iniziato a “giocare” con il calcio, considerando una società calcistica come divertimento anziché come un’azienda che come ogni altra impresa deve necessariamente far quadrare i conti a fine anno.
Non è un caso se Barcellona e Real Madrid fossero tra i club promotori della Superlega, ma ancora meno è un caso che il PSG fosse fuori dal progetto, perché non interessato (senza considerare il peso dell’assegnazione del mondiale al Qatar).
A Parigi non solo non sembrano aver risentito minimamente del danno economico legato alla pandemia, ma anzi è l’occasione per velocizzare il processo di potenziamento della squadra ai danni degli altri top club: per questo motivo stiamo assistendo alla costruzione di un dream team in pochi mesi, e quanti milioni di euro siano necessari per accaparrarsi i migliori giocatori del mondo è davvero l’ultimo dei problemi del potentissimo sceicco Nasser Al-Khelaifi.
Un tempo per costruire una squadra di successo occorreva una proprietà solida dal punto di vista economico e che sapesse amministrare in modo eccellente la società al pari di un’azienda: ma come può esserci competizione tra chi punta a far quadrare il bilancio con chi sembra possedere risorse finanziarie e personali infinite? L’unica possibilità è stata cercare di imporre delle regole, quelle di fatto che corrispondono al noto fair play finanziario, che dovrebbero garantire una competizione “fair” appunto.
Tuttavia arriva un momento in cui le regole ostacolano interessi di uomini troppo ricchi e troppo potenti per essere limitati nel loro desiderio di dominio ed è in quel momento che i principi che dettano quelle regole cominciano a farsi confusi, i limiti imposti cominciano ad essere sempre più labili e le regole stesse iniziano a scricchiolare sino a perdere di valore: ecco, quel momento è arrivato.
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