Oggi per la rubrica “Calcio Story” racconteremo la storia di un calciatore che per metà della sua carriera è stato un pessimo esempio da seguire e per l’altra metà un vero mito da imitare. Questa è la storia di Paul Merson, forse un nome poco noto ma con una storia importante alle spalle, vediamola.
Nell’Inghilterra calcistica degli anni ‘80 e ‘90, il fenomeno dell’alcool era molto diffuso e alimentato da miti come Gascoigne e Best, che per la loro dipendenza hanno distrutto una carriera. Tra i giocatori che hanno seguito il loro pessimo esempio ce n’è uno poco noto che, però, ne è uscito quando sembrava irrimediabilmente perduto. Si chiama Paul Merson e questa è la sua storia. Nato a Londra nel 1968, cresce calcisticamente nell’Arsenal e a soli diciassette anni esordisce in prima squadra, segnando tre goal in sette partite.
A metà stagione viene ceduto in prestito al Brentford per farsi le ossa, non segna ma dimostra di saper giocare sia a centrocampo che come esterno d’attacco e rientrato nei Gunners esplode: spronato dall’allenatore scozzese George Graham e dai compagni di squadra quali il portiere Seaman e il capitano Adams, Merson dimostra di essere un grandissimo campione, contribuendo con i suoi goal alla vittoria di due scudetti, nel 1989 e nel 1990. L’Arsenal vola in campo, gioca un calcio brutto ma vincente, ma i suoi giocatori sprofondano nell’alcool. Secondo un racconto di Adams nella sua autobiografia, le pinte di birra bevute dopo ogni partita erano tre, arrivando a cinque in caso di vittoria. È facile quindi, data l’altissima posizione in classifica in quegli anni, immaginare le prestazioni dei Gunners fuori dal campo. La situazione diventa presto insostenibile anche in campo, dove pur essendo molto allenati anche dei fisici atletici crollano sotto il peso dell’alcool. Tutta la squadra, una delle più forti al mondo, precipita in un vortice da cui è difficile uscire e ne fa le spese soprattutto Merson. I tabloid inglesi cominciano a sospettare che dietro le sue cattive prestazioni ci sia l’eccessivo consumo di alcool e lui, per rispondere, festeggia ogni goal simulando di bersi una pinta di birra, decisamente originale quanto provocatorio. È l’inizio di una lunga depressione, ad ogni allenamento scoppia a piangere rinfacciandosi le follie della sera precedente.
La situazione precipita, arriva ad allontanare la sua famiglia, scappa da chi gli è vicino e vorrebbe aiutarlo e in questo turbinio di emotività negativa l’alcool si trasforma in cocaina. In una depressione sempre più profonda Merson, in un gelido giorno del novembre del 1994, dopo essersi imbottito di alcool e droga si va a schiantare volontariamente a tutta velocità, oltre 140 kilometri orari, con la sua auto: ne esce vivo per miracolo e a questo punto qualcosa nella sua mente scatta come una molla, capisce che deve dare un nuovo impulso alla sua vita.
Esplode una seconda volta ma è cambiato, è un uomo diverso, un giocatore non più folle e sregolato ma un vero campione. L’Arsenal lo reintegra in squadra, gioca 282 partite segnando 75 goal. Nel 1997 viene ceduto al Middlesbrough, segnando 12 reti in 48 partite. Dopo un’anno approda all’Aston Villa, dove in quattro anni segnerà 18 reti in 117 presenze. Ad Aston ritroverà sé stesso, giocando prestazioni eccezionali che gli valsero la convocazione in Nazionale per i Mondiali di Francia ’98, dove segnerà una rete, seppure inutile, su rigore agli ottavi nella sconfitta contro l’Argentina. Concluderà la sua carriera agonistica in squadre minori, 114 presenze e 19 goal in nove anni, col tunnel di alcool e droga ormai definitivamente alle spalle. Paul Merson, insomma, è stato sì un pessimo esempio da seguire ma anche un vero campione che ha saputo risollevarsi e ritrovare la forza e l’autostima necessaria per ritornare un grandissimo campione.
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