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Cessione Cagliari: chi è il possibile acquirente?

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Cagliari

Il Cagliari calcio sta vivendo un periodo particolare della sua storia. Il centenario di storia appena trascorso, non è stato ciò che ci si aspettava

Serie A
04.04.2025, 20:45 -
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5.25 3.95 1.71
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05.04.2025, 18:00 -
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6.50 4.50 1.49
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05.04.2025, 20:45 -
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06.04.2025, 12:30 -
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Probabilmente le dichiarazioni mirabolanti del presidente Giulini, avevano illuso i tifosi rossoblu. Entro il 2020, stadio nuovo e squadra che avrebbe dovuto partecipare alle coppe europee. Grandissime ambizioni, ma risultati totalmente inversi. La squadra non gode di buona salute, e da qualche anno è costretta a lottare solo per la salvezza. Lo stadio? Non c’è nemmeno un mattone! Anzi il vecchio Sant’Elia è ancora in piedi. Negli ultimi tempi in città sono nate una serie di voci, circa la cessione del club.

Cessione Cagliari, Giulini sul banco degli imputati

Che il presidente Tommaso Giulini sia diventato ormai “un sopportato” dai tifosi rossoblu, è un dato di fatto. Le promesse circa la costruzione del nuovo stadio, la partecipazione alle coppe europee nell’anno del centenario, sono tutte miseramente naufragate. I tifosi del Cagliari si sono sentiti, dopo la prima ondata di entusiasmo, presi per i fondelli. Ormai il presidente, noto tifoso dell’Inter, viene sistematicamente paragonato a due dei presidenti, protagonisti del peggior periodo della storia rossoblù: Amarugi e Moi. Sui social, nei vari gruppi dei supporters cagliaritani, capeggia spesso la foto del presidente con sopra la scritta VATTENE!. Tutto molto, molto eloquente.

CALCIOMERCATO CAGLIARI

Il possibile acquirente

In città da un po’ di tempo a questa parte, circola una voce sempre più insistente. Forse una speranza, per molti. A fine stagione il presidente dovrebbe lasciare e vendere la società. Una trattativa in corso pare che sia già in in piedi. I misteriosi acquirenti dovrebbero essere russi. A Cagliari, il Forte Village e Palazzo D’Oglio, sono di proprietà di grossi magnati dell’ex Unione Sovietica. Il nome che risuona, come possibile acquirente è quello di Ališer Burchanovič Usmanov,  un imprenditore e dirigente sportivo russo, proprietario del quotidiano Kommersant. Inoltre, comproprietario del secondo operatore di telefonia mobile russo, MegaFon, e del gruppo Mail.Ru, la più grande società internet del mondo russo. Ancora, azionista di maggioranza di Metalloinvest, un conglomerato industriale russo e già direttore generale di Gazprom Invest. Secondo Forbes, nel 2021 ha fatto registrare un patrimonio netto stimato in 22,6 miliardi di dollari. Insomma un imprenditore al quale non mancherebbero i denari.

Le possibili cifre

In città si parla anche di una prima offerta da circa 160 milioni di euro, rispedita al mittente da Giulini. Il presidente pare, che per cedere la società, voglia almeno 200 milioni di euro. I contatti starebbero proseguendo in maniera serrata. Certo che per richiedere ed avvalorare una somma cosi importante, è basilare che il Cagliari resti in serie A.

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Luis Suarez: “Nel 2012 volevo andare alla Juventus”

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Luis Suarez

L’ex giocatore di Liverpool e Barcellona, Luis Suarez, ha rivelato di aver chiesto la cessione alla Juventus, ma che poi non se ne fece nulla.

L’attaccante dell’Inter Miami ha rivelato di essere stato a un passo dai bianconeri, ma di essere poi rimasto a Liverpool grazie alla forte pressione dell’allora allenatore dei RedsBrendan Rodgers.

La Juventus e Suarez

L’uruguaiano classe 1987 ha rivelato un curioso retroscena della sua lunga e vincente carriera. Nel corso di un’intervista allo streamer Davoo Xeneize, Suarez ha raccontato che, quando era ancora di proprietà del Liverpool, aveva ricevuto un’importante offerta dalla Juventus che lo aveva convinto a trasferirsi in Italia.

L’operazione, tuttavia, non si concretizzò per l’intervento di Brendan Rodgers, che lo convinse a restare. Qualche anno dopo, tuttavia, il Pistolero lasciò comunque l’Inghilterra per volare a Barcellona.
L’attaccante uruguaiano, che anche nel 2020 fu vicino ai bianconeri, racconta: “Nell’estate del 2012 volevo andare alla Juventus, ma Rodgers mi ha convinto a restare al Liverpool. Nei mesi precedenti vedevo che la società non acquistava nessuno e tutti i top player andavano in squadre che disputavano la Champions League. La Juventus era interessata a me e volevo andarci. Rodgers ha fatto di tutto affinché non me ne andassi”.

MANCHESTER, ENGLAND – NOVEMBER 1, 2016: Luis Suarez (L) of Barcelona and Aleksandar Kolarov (R) of City pictured during the UEFA Champions League Group C game between Manchester City and FC Barcelona at City of Manchester Stadium. Copyright: Cosmin Iftode/Picstaff

Non solo la Juventus

Non solo i bianconeri a caccia di Suarez a quei tempi. Un anno più tardi infatti, nel 2013, fu l’Arsenal a provare a strappare l’attaccante ai Reds: “Nel 2013, invece, volevo trasferirmi all’Arsenal. Disputavano la Champions ed erano disposti a pagare tanti soldi per me. Un giorno Gerrard venne da me e mi disse che la decisione migliore era quella di restare, anche lui al tempo aveva rifiutato il Real Madrid. Mi aveva promesso che con un solo anno in più al Liverpool i più grandi club d’Europa si sarebbero fatti avanti per me. Quel giorno tornai a casa piangendo e dissi a mia moglie che saremmo rimasti lì”.

Il difficile addio blaugrana

Altri 12 mesi e nell’estate del 2014 si concretizzò l’addio al Liverpool, con il passaggio al Barcellona. In blaugrana Suarez ha raggiunto l’apice della sua carriera, ma sei anni dopo il suo arrivo è stato costretto a un addio doloroso: “Ho sofferto molto quando me ne sono dovuto andare, ma per qualche motivo doveva succedere, non vivo nel rancore né nel passato. Sentivo di poter continuare a dare qualcosa al club e che ero all’altezza di ciò che chiedevano, ma le strade si sono divise”.

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Caso Dani Alves: la procura ricorre alla Corte Suprema

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Dani Alves

Il Tribunale della Catalogna assolve l’ex calciatore Dani Alves, ma la battaglia legale continua.

Venerdì scorso, il Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna (TSCJ) ha assolto Dani Alves dall’accusa di aggressione sessuale, ribaltando la condanna emessa in primo grado. L’ex terzino brasiliano di Barcellona, Juventus e PSG era stato inizialmente condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere, ma la nuova sentenza ha annullato la pena per insufficienza di prove. La decisione è stata accolta con grande soddisfazione dall’avvocato del 41enne, Irene Guardiola, che ha dichiarato: “Siamo felici, è innocente, la giustizia ha agito. È stato molto emozionante, è stata fatta giustizia”.

Le richieste della Procura e della parte civile

Mentre la difesa di Alves puntava all’assoluzione totale, la Procura della Catalogna aveva chiesto un aggravamento della pena fino a 9 anni di reclusione, mentre la parte civile aveva sollecitato un aumento a 12 anni. Tuttavia, il TSCJ ha stabilito all’unanimità che non vi erano prove sufficienti per confermare l’accusa di aggressione sessuale.

Nelle motivazioni della sentenza, il Tribunale ha sottolineato la mancanza di affidabilità della testimonianza principale e l’assenza di riscontri oggettivi che potessero confermare le accuse.

Il ricorso alla Corte Suprema e gli scenari futuri per Dani Alves

Nonostante l’assoluzione, il caso non è ancora giunto a una conclusione definitiva. Oggi, la Procura della Catalogna ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso alla Corte Suprema spagnola contro la sentenza del TSCJ. Qualora il ricorso venisse accolto, la Corte Suprema potrebbe confermare l’assoluzione o, in alternativa, annullarla e ripristinare la condanna iniziale a quattro anni e sei mesi di carcere.

Dani Alves

Secondo quanto riportato da Marca, il nuovo giudizio si baserà sull’eventuale rilevazione di vizi procedurali o errori di valutazione da parte del TSCJ. Se la Corte Suprema ritenesse che il Tribunale della Catalogna non abbia esaminato correttamente le prove o abbia sottovalutato elementi chiave, la condanna potrebbe essere nuovamente applicata.

Dall’altra parte, il tribunale catalano ha giustificato la propria decisione evidenziando l’inaffidabilità della testimonianza principale e la mancanza di prove che potessero dimostrare con certezza l’accusa di penetrazione non consensuale. Secondo la sentenza, molte delle affermazioni dell’accusatrice non hanno trovato riscontro nelle indagini, e il Tribunale di primo grado avrebbe trascurato di verificare a fondo tali incongruenze.

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Morte Maradona: la perizia non ha rilevato nessuna traccia tossicologica

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Durante l’ultima udienza del processo che vede imputati sette operatori sanitari con l’accusa di omicidio colposo nei confronti di Diego Armando Maradona, gli esperti forensi hanno rivelato i risultati tossicologici dell’autopsia, confermando l’assenza di tracce di alcol e droghe nel corpo dell’argentino. 

Nell’ultima udienza sono emersi dettagli specifici relativi alla morte di Diego Armando Maradona, morto il 25 novembre 2020 per cause ancora ignote di cui attraverso l’autopsia nessuna traccia tossicologica legata ad alcool e droghe è stata rilevata, bensì gli esperti forensi rilevano fino a 12 ore di agonia per il calciatore argentino. 

Diego Armando Maradona, l’autopsia

“Non c’erano tracce di droghe o alcol nel sangue di Diego Armando Maradona al momento della morte, il 25 novembre del 2020″: ad affermarlo, nel corso dell’ultima udienza che vede imputato l’intero staff medico che aveva in cura l’ex calciatore, i medici legali che hanno eseguito l’autopsia sul corpo dell’argentino. A riportare le dichiarazioni l’Ansa che poi ha aggiunto le dichiarazioni del biochimico Ezequiel Ventosi: “Nessuno dei quattro campioni ha rivelato tracce di alcol, cocaina, marijuana, mdma, ecstasy o anfetamina.”

Ad essere presenti invece nel sangue del erano cinque sostanze corrispondenti a farmaci antidepressivi, antiepilettici, antipsicotici e antinausea. Secondo quanto riferito dalla patologa Silvana de Piero, nel fegato dell’ex calciatore c’erano segni compatibili con la cirrosi e segni di un’insufficenza renale, cardiaca e polmonare. Inoltre, l’esperto forense ha dichiarato il cuore era significativamente ingrossato, pesava 503 grammi rispetto al peso medio di  250-300 grammi. Secondo l’accusa, i sette professionisti imputati nel caso: un neurochirurgo, uno psichiatra, uno psicologo, medici e infermieri, non gli avrebbero fornito cure adeguate tali da aver contribuito alla sua morte.

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