Danilo, difensore della Juventus e della Nazionale brasiliana, si racconta: “Nel primo anno al Real Madrid ho combattuto la depressione”
Nella sua carriera, Danilo, ha indossato alcune delle maglie più prestigiose e gloriose del mondo del calcio: quelle di Porto, Real Madrid, Manchester City e Juventus.
Poi, come ammesso da lui stesso, l’orgoglio e l’onore di rappresentare il proprio Paese: il Brasile, con la fascia di capitano al braccio.
A ridosso dei suoi 33 anni (li compirà il prossimo 15 luglio), Danilo attraverso una lettera pubblicata su ‘The Players Tribune‘ racconta anche alcuni momenti bui della sua vita: a partire da quando ha dovuto combattere contro la depressione.
Un malessere interiore che lo ha segnato e che lo stava, addirittura, portando al ritiro dal calcio all’età di 24 anni.
Il capitano della Juventus e del Brasile racconta i momenti di crisi che ha vissuto nel primo anno ai ‘Galácticos‘:
“Sono umano e non sono sempre stato al mio meglio. Durante la mia prima stagione al Real Madrid mi sentivo depresso, perso e inutile. In campo non riuscivo a fare un passaggio di cinque metri e fuori dal campo era come se non riuscissi nemmeno a muovermi. La mia passione per il calcio era scomparsa e non vedevo una via d’uscita. Volevo solamente tornare a casa mia, in Brasile, e non giocare più a calcio”.
Un momento buio e complicato, che ha spinto Danilo ad un passo dal ritiro:
“Non mi vedevo più come Baianinho, il figlio di Baiano (così chiamano mio padre). Mi vedevo come Danilo, il ‘trasferimento da 31 milioni di euro’. Quando giocammo contro l’Alavés, pochi mesi dopo l’inizio della stagione, Theo Hernández mi rubò la palla e crossò per Deyverson che segnò.
Abbiamo comunque vinto 4-1, ma è stato un errore che non si può commettere al Real Madrid. Non dimenticherò mai di essere tornato a casa quella notte e di non essere riuscito a dormire.
Quella sera scrissi sul mio diario:
penso che sia il momento di lasciare il calcio… a soli 24 anni”.Un momento che Danilo ha superato grazie all’aiuto dei terapisti e della famiglia:
“Non ho detto a nessuno quello che provavo. Casemiro ha provato ad aiutarmi, ma io tenevo tutto per me, non dicevo niente a nessuno. Ma dopo alcuni mesi di sofferenza ho iniziato a consultare uno psicologo e lui mi ha davvero salvato la carriera. La lezione più importante che mi ha insegnato è stata quella di rivedere il gioco con gli occhi di un bambino.
Di colpo ho smesso di vedermi come Danilo e sono tornato a vedermi con il ragazzo di Bicas. Dovevo ricordare le mie radici e la gioia di giocare a calcio, non per la fama o i soldi, ma per divertimento. Se la mia carriera è stata salvata in quel momento, devo ringraziare due cose: i miei terapisti e i miei figli”.
Il difensore della Juventus ammette che il rischio di ripiombare nell’incubo della depressione si è ripresento, in particolar modo, dopo la pandemia del COVID-19 e l’eliminazione dal mondiale in Qatar:
“Non dimenticherò mai quando tornai a casa dopo aver perso contro la Croazia nell’ultima Coppa del Mondo. Sono andato a letto e i miei figli mi stavano ancora aspettando. Entrarono nella stanza e João disse: “So che il Brasile ha perso, ho visto il punteggio“.
Ho iniziato a piangere perché sentivo di aver deluso i miei figli, così come l’intero Paese. Avevo 30 anni e potevo ricadere nuovamente in depressione: ma ho fatto il contrario. Ho iniziato a parlare con il mio terapista ogni giorno, a leggere di più e a sfidare me stesso per essere un leader migliore.
Ed è stato allora che tutto mi è diventato chiaro. Quando ho ricevuto la fascia di capitano della Juventus è stato un grande onore. Ma quando ho ricevuto la fascia da capitano del Brasile è stato qualcosa di completamente diverso. Un onore immenso, incomparabile”.
Aggiornato al 22/06/2024 16:03
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