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De Sisti: “Vestire la maglia della Roma è stato un onore. Liedholm era unico, con Bruno Conti un grande rapporto”

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Roma,

 Picchio De Sisti ha compiuto ottant’anni e ha rilasciato un’intervista al Messaggero, dove ha parlato della sua esperienza alla Roma e di tanto altro.

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Queste le sue parole:

Auguri Picchio. Scusi, perché “Picchio”?

«Quando ero bambino andava di moda un giochino: una specie di cono di legno, avvolto da uno spago, che andava tirato per far girare il cono. Che poi saltellava a terra, come una trottola, un picchio. Io in campo ero un po’ così».

Passo dopo passo, siamo arrivati oggi a ottant’anni. Come si vede nei prossimi ottanta?

«Io nella vita ho fatto tutto, ho ricevuto tanto. Non guardo troppo in avanti, vivo giorno dopo giorno. Felice di quello che ho fatto, della mia famiglia, dei miei nipoti, convivo con i miei problemi alla schiena. Spero solo di andare avanti stando bene, finché il Signore lo vorrà».

E’ credente?

«Si, tanto. Prego, vado a messa. Era un’abitudine anche quando facevo il calciatore. Una volta tornando da una messa, mi dissero che c’era la possibilità di giocare al posto di Lojacono che stava male».

Come ha cominciato?

«In parrocchia, come tutti in quel periodo. Io abitavo al Quadraro. Una volta non c’erano le selezioni come oggi, si rispondeva agli annunci delle “leve”. Arrivai alla Roma così: “Presentarsi nel luogo x all’ora x, già mangiati. Mio padre, Romolo, operaio della Stefer, amava il calcio ed era felice di vedermi giocare; mia madre, Maria, segretaria alla Centrale del latte, diceva che sudavo e mi sporcavo, era contraria, mi bucava continuamente il pallone.. In quell’epoca, l’Omi mi offriva 36 mila lire, ero combattuto, ci facevano comodo, ma non accettai».

Il richiamo della Roma…

«A casa mia erano un po’ tutti romanisti, inevitabile. Per me è stato un onore vestire la maglia giallorossa e poi quella della . Non mi faccia scegliere, non sarei capace. Sono felice di essere nella Hall of fame delle due società. Significa che qualcosa ho lasciato».

Che giocatore era?

«Tatticamente – e sottolineo tatticamente – non avevo rivali. Ero sempre nel posto giusto, al momento giusto. Stoppavo i palloni e giocavo corto. Oggi si direbbe che vedevo le linee di passaggio. Ecco il lo facevo senza sapere che quaranta-cinquanta anni dopo le avremmo chiamate così».

Tecnicamente come era?

«Me la cavavo ma c’erano calciatori più bravi, penso a Mazzola, Rivera».

Un personaggio della sua vita: Liedholm.

«Il Barone era unico. Aveva questo aspetto dolce, ma poi sapeva essere tosto nello spogliatoio. Sono stato suo calciatore, gli ho fatto da assistente e anche da autista».

Addirittura?

«Sì e non mi vergogno di dirlo, anzi ne sono orgoglioso. Lo passavo a prendere tutti i giorni a casa, dai Castelli, dove abitavo io, al Teatro Marcello, dove stava lui: sono stati momenti di grande insegnamento, anche quelli, chiusi in macchina a chiacchierare, ad ascoltarlo durante le interminabili cene alla Taverna Flavia. La sua ironia, i suoi racconti, e poi vai a sapere se fossero tutti veri. Qualche c..ata l’avrà pure raccontata il Barone, ma faceva parte del personaggio. Ricordo quando mi disse che con un tiro colpì la traversa e la palla era talmente forte che nel rimbalzo tornò a centrocampo».

E in macchina di cosa altro parlavate?

«Di tutto. Una volta a uno stop, mi girai a destra e sinistra per vedere se passavano le macchine e lui mi disse: “Giancarlo, che fai: non devi muovere la testa, ma solo gli occhi. Un centrocampista deve avere percezione a centottanta gradi senza muovere la testa”. “Mister, gli chiedo io, lei pure la muove così?”. “No, mi rispose, io percezione a trecentosessanta gradi”».

Dal nemico agli amici: con chi ha legato nelle sue esperienze?

«Ce ne sono tanti, da Schiaffino a capitan Losi, da Bulgarelli a Pestrin, un altro con cui ho sempre avuto un grande feeling è Bruno Conti. C’è anche Mazzola naturalmente, anche se poi ci siamo un po’ persi. Con alcuni di loro, Bulgarelli ad esempio, abbiamo anche fondato una specie di sindacato. Siamo stati i primi ad occuparci dei diritti dei calciatori più “deboli”, quelli che non guadagnavano tanto e che faticavano più degli altri. Abbiamo inventato il sindacato, che oggi tutela tutti i calciatori».

Di Bartolomei è stato un po’ il suo erede nella Roma?

«Agostino era un grande uomo. Serio, sempre concentrato, un capitano vero. Come giocatori eravamo diversi, io più mobile, lui più organizzatore di gioco; io avevo il passaggio corto, lui lungo e aveva la “botta”. Diversi, insomma».

 

 

 

 

 

 

 

 

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La FIGC apre un’inchiesta sull’evasione degli arbitri: le ultime

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FIGC, Rocchi

La FIGC ha aperto un’inchiesta poiché diversi direttori di gara italiani sono stati sanzionati dall’Agenzia delle Entrate per mancati versamenti fiscali.

Come riportato da Calcio e Finanza la Procura federale della FIGC ha aperto da alcuni giorni un’indagine sull’evasione fiscale degli arbitri. Diversi direttori di gara italiani, tra cui anche Daniele Orsato e Gianluca Rocchi (entrambi ritirati, con il secondo che ora ricopre l’incarico di designatore), sono stati sanzionati dall’Agenzia delle Entrate per mancati versamenti fiscali sui compensi UEFA tra il 2018 e il 2022.

L’’impulso – come anticipato da La Repubblica – è arrivato da un esposto diretto al procuratore generale dello Sport, Ugo Taucer. La denuncia contestava appunto le violazioni del Codice di giustizia sportiva e del regolamento dell’Associazione italiani arbitri. Dopo aver analizzato l’esposto, Taucer ha invitato la procura FIGC ad aprire il procedimento, come da sua prerogativa in base allo Statuto del Coni.

FIGC, Orsato

Daniele Orsato, referee of the match.

FIGC, gli atti dell’inchiesta sull’evasione degli arbitri

La procura dovrà ora analizzare gli atti sui casi di evasione fiscale accertati dalla Guardia di finanza, che riguarderebbero una cinquantina di arbitri. Le contestazioni riguardavano soldi guadagnati all’estero su cui non sono state pagate le tasse. Gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, emessi a metà 2024, hanno spinto quasi tutti i coinvolti a sanare la loro posizione tramite il ravvedimento operoso, beneficiando così di sanzioni ridotte.

Una volta chiuse le indagini, che appunto saranno brevi, la Procura FIGC deciderà se far partire i deferimenti. Potrebbero essere contestati l’articolo 4 del Codice di giustizia sportiva, che rimanda ai principi di «lealtà, correttezza e probità», così come l’articolo 42 del regolamento AIA, che agli arbitri richiede un comportamento improntato «ai principi di lealtà, trasparenza, rettitudine e della comune morale, a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA». In base alle norme, gli arbitri coinvolti rischiano una sanzione che può andare dalla semplice ammenda fino alla squalifica o inibizione.

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FIGC, Gravina accusato di riciclaggio? Gli aggiornamenti

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Gravina

Rischio processo per il presidente della FIGC, Gabriele Gravina: l’accusa è quella del riciclaggio. Tra gli altri indagati risulta anche Pasquale Striano.

Rischio processo per il presidente della FIGC Gabriele Gravina. La procura di Roma, in base a quanto si apprende da Calcionews24, ha proceduto alla chiusura del procedimento che lo vede indagato per l’accusa di autoriciclaggio. Il procedimento venne avviato nel marzo del 2023 a piazzale Clodio dopo un atto di impulso della Procura nazionale Antimafia su presunti illeciti emersi dall’inchiesta di Perugia su attività di dossieraggio che coinvolge, tra gli altri, Pasquale Striano.

Gravina

FIGC, Gravina: il tema del procedimento

L’oggetto del procedimento riguarda presunte irregolarità tra cui la compravendita di una collezione di libri antichi nella disponibilità del presidente della Federcalcio. Il 19 novembre il tribunale del Riesame aveva rigettato l’appello della Procura sul sequestro preventivo di 140 mila euro nei confronti del numero uno della FIGC.

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Cairo: “I contestatori si pentirebbero se lasciassi il Toro”

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Cairo

Il presidente del Torino Urbano Cairo ha parlato della contestazione dei tifosi granata durante il match contro il Napoli e su una possibile cessione del club.

A margine del sessantesimo anniversario del Catalogo dell’Arte Moderna, edito da Urbano Cairo, il presidente del Torino ha rilasciato alcune dichiarazioni riguardo il momento del club granata, e sulle contestazioni verso la sua presidenza.

Di seguito le sue parole

Cairo

Cairo: Presidente del Torino

Cairo, le parole sul possibile addio al Torino e ai contestatori

“Sono il più longevo sia come editore di questo lavoro che come presidente del Torino, solo che qui siete contenti che ci sia, mentre al Torino qualche volta mi contestano. Fortunatamente mi tirate su il morale. Dico ma scusate, sono 19 anni e 3 mesi che sono al Toro, l’ho preso da un fallimento quando non c’erano nemmeno i palloni. Il primo anno mi danno la possibilità di fare la campagna acquisti in una settimana e quella stagione veniamo promossi in A. Negli ultimi anni siamo sempre stati tra le prime 10 tranne gli anni del Covid. Capisco che c’è il ricordo del “Grande Torino ma era il 1940, un mondo diverso. Da quando sono arrivati i diritti televisivi nel 93 è tutto cambiato, io devo competere fatturando 100 milioni contro chi ne fa 400-500, puntando esattamente alla stessa cosa. Non devo rimanere al Toro a vita, posso fare 20 anni ma anche di meno. Sono sicuro che in cuor loro i contestatori sanno che se dovessi lasciare se ne pentirebbero. Credo sia un rapporto padre figlio, dove ci si bastona e ci si vuole bene”.

 

 

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