La discriminazione sessuale e di genere è all’ordine del giorno: oggi si celebra la Giornata Internazionale della LGBT-fobia in ambito sportivo.
Alfiere di questa giornata e in prima linea per combattere la discriminazione è il Barcellona, che oggi ha condiviso sui propri canal social un post ad hoc.
Il club blaugrana è l’unico club a livello europeo che si disitingue per il suo impegno sociale in questo campo, anche a discapito di perdite in termini di seguito sui social. Nel 2023 si schierò apertamente a favore del Pride e, nel giro di 48 ore, perse circa 400.000 follower.
In Italia, il club più gay friendly è il Cagliari, che è l’unico club italiano nel quale gioca un calciatore dichiaratamente gay, Jakob Jankto. Ed è sostenuto pubblicamente dal suo mister Claudio Ranieri
.Ecco che cosa ha detto all’indomani del coming out di Jankto: “Capisco quanto debba aver sofferto prima per esternare una cosa che è naturale. Per lui è stata dura e chissà per quanti altri ragazzi lo è, non so nel calcio o nello sport, ma proprio nella famiglia.
Per questo avevo detto che sarebbe bello che ce ne fossero anche altri di messaggi così, per fare capire che non ci sono differenze. Quando ho fatto questa scelta ho guardato sia al profilo del giocatore sia al fatto che una squadra è una famiglia, abbiamo uno spogliatoio eccellente, sono convinto che non ci sarà nessunissimo problema”.
Eppure, generalmente, le cose non vanno così. Le questioni sessuali e di genere, soprattutto in ambito calcistico, sono alquanto delicate, come dimostra anche la ricerca di OUTSPORT del 2019.
Nei campionati europei sono frequenti episodi che dimostrano come il poter essere identificati come omosessuali o essere accostati alla causa LGBTQ+ costituisca, anche nel 2024, un’onta indicibile.
Lo scorso maggio, in Ligue1, 5 giocatori di 3 club non vollero giocare perché obbligati a sorreggere un cartello di supporto alla comunità queer.
La Premier League non fa eccezione. Lo scorso dicembre il difensore bosniaco dello Sheffield United Anel Ahmedhodžić, nelle vesti di capitano si è rifiutato di indossare la fascia arcobaleno legata alla campagna Rainbow Laces. Non era mai accaduto negli ultimi 7 anni, in una squadra inglese.
Per non parlare dei campionati come la Saudi Pro League che si svolgono in Paesi nei quali essere omosessuali è illegale e punibile con la reclusione e con punizioni corporali.
Eppure questo non ha impedito a Jordan Henderson, centrocampista del Liverpool e della Nazionale Inglese supporter della comunità LGBTQ+, di trasferirsi in un club arabo, suscitando grandi polemiche.
Alle Samoa, invece, avere giocatori che non si riconoscono nel proprio genere di nascita non è strano: come racconta il film di recente uscita Chi segna vince, qui è stato possibile che giocasse in Nazionale una giocatrice transessuale (in samoano, fa’afafina) come Jayah Saelua.
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