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Elliott attento: così rischi con il fuoco

Non si placano le polemiche e le proteste dei tifosi rossoneri di fronte all’ennesima rivoluzione prevista in Casa Milan per la prossima stagione. Ormai certo l’addio di Boban con Maldini che salvo sorprese lo seguirà a ruota, mossa intesa da tutti come un’ulteriore ridimensionamento del club con il timore annesso di non riuscire a tornare a vincere nei tempi brevi che ci si era prefissati, o forse soltanto sognati.

La mission di Elliott

Elliott è un fondo speculativo, un edge found che opera in via continuativa in situazioni dove lo stress finanziario è notevole e dove ci siano possibilità concrete di effettuare della speculazione. Vengono prese situazioni fallimentari, o quasi, per portarle fuori dal pantano e rivendere massimoizzando i guadagni grazie all’aiuto di manager preparati ed aggressivi. Un po’ come sta succedendo per il Milan che è stato rilevato in condizioni eufemisticamente non bellissime dopo il disastro cinese e che a fatica sta cercando di riemergere senza però al momento eccellere.

Cosa aspettarci nel breve da Elliott? Ritengo un grande ridimensionamento quantomeno degli obiettivi, servirà chiarezza e lucidità nell’esprimere questa cosa ai tifosi rossoneri che sognano la coppa dalle grandi orecchie da ormai troppo tempo e sono probabilmente convinti di arrivare a giocarcela magari tra due o tre anni. Nulla di tutto questo perché Elliott non restituirà i fasti del tempo che fu, la proprietà americana intende valorizzare i giovani in modo tale da poterli rivendere. La scelta di continuare, anzi dare nuova fiducia a Gazidis ed ingaggiare un tecnico come Rangnick 

dimostra quale sia la strada intrapresa.

Un club dal passato glorioso

Elliott però è consapevole anche di un’altra cosa, o se non lo è potrebbe capirlo in fretta, il Milan non può e non deve seguire il modello del Lipsia, tanto per citare una squadra cara a Rangnick, perchè la storia parla chiaro e tra il club tedesco è quello di Milano parla totalmente un’altra lingua. Il Milan deve essere gestito in modo diverso, ha 120 anni di storia, un palmares invidiato da tutte le squadre del mondo tranne pochissime, centinaia di milioni di tifosi sparsi un po’ in tutto il mondo, un blasone che seppur offuscato, mantiene intatto il suo valore soprattutto fuori dall’Italia. Queste sono cose che non si possono dimenticare, il Milan non è l’Atalanta, con tutto il rispetto, non è l’Udinese. È molto di più.

Giocare con giovani magari anche interessanti, anche futuribili, che costano poco, non è la strategia, non è la soluzione perché i tifosi per venire allo stadio e quindi per rinnovare gli abbonamenti vogliono vedere i risultati e la storia ci insegna che i risultati non si ottengono solamente con i giovani, lo dimostra il Milan stesso di quest’anno che ha saputo rialzare la testa nel momento in cui è sbarcato a Milano un certo Zlatan Ibrahimovic. Quanto tempo i tifosi daranno ad Elliott per tornare ad essere un club vincente in Italia e nel mondo? Questa è la domanda, se Elliott non troverà la risposta il giocattolo potrebbe nuovamente rompersi, ma questa volta definitivamente.

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Pubblicato da
Mauro Vigna
Tag: Milan

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