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Esclusiva CS – Delio Rossi: “Foggia il mio mondo. Scudetto Lazio? I biancocelesti possono farcela”

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Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi, oltre che ad essere l’Allenatore dei Sogni ed “il Profeta”, è un romagnolo dal cuore grande, così grande, da riuscire a contenere l’amore per due squadre: il Foggia e la Lazio. La prima, la squadra dove tutto ebbe inizio, la seconda, quella della consacrazione. Ieri, la redazione di CalcioStyle.it ha avuto l’onore di intervistare mister Delio Rossi, e insieme abbiamo ripercorso le tappe più importanti della sua carriera nelle vesti di giocatore prima e allenatore poi.

Face to Face con Delio Rossi

Soddisfatto della ripresa della Serie A?
Dal punto di vista sportivo, per uno come me che è amante del calcio, non avrebbe senso non vedere ripartire la Serie A – nostra terza industria italiana -,  e insieme a questa dovrebbero seguire gli altri campionati come i settori giovanili e le serie minori: il calcio dovrebbe essere uguale a tutte le latitudini.

Che calcio vedremo?
Non lo so. Posso semplicemente affermare che sarà un calcio diverso. Non ci sarà il pubblico, si giocherà d’estate e con delle limitazioni… è un po una spada di Damocle sulla testa. Per me quello che andrà in onda non sarà calcio però bisognerà fare di necessità virtù.

Lasciamo il presente e passiamo agli amarcord, termine tra l’altro romagnolo come lei. Nella sua carriera da giocatore  ha vestito la maglia del Foggia. Che ricordo ha di quegli anni?
Quando sono arrivato a Foggia era la prima volta che mettevo piede fuori dalla mia Romagna.
Arrivai in capitanata e mi si aprì un mondo davanti: sia dal punto di vista sportivo che dal punto di vista umano, avendo conosciuto lì mia moglie.

Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi con la maglia del Foggia di Zeman

Che tipo di allenatore era Zeman?
Zeman è stato una rivoluzione copernicana. Con lui abbiamo scoperto qualcosa che prima di allora, almeno per noi, non esisteva. Un esempio? Eravamo abituati a giocare a uomo mentre con lui siamo passati alla zona totale; ma non è tutto. Zdenek impostava tutto sul lavoro fisico e i suoi allenamenti erano davvero massacranti ma, come in tutte le cose, poi ti ci abitui e tutto diventava come una droga: per tenere quel ritmo ti allenavi sempre di più.

Come mai è rimasto così legato a questo club?
La mia carriera da giocatore è praticamente iniziata a Foggia: è qui che ho conosciuto mia moglie ed è qui che sono nati i miei figli; questa città era il mio mondo e resta il mio punto di riferimento. Dopo sei anni in rossonero ho giocato due anni a Pesaro e un anno ad Andria; qui un infortunio al ginocchio mi costrinse ad appendere gli scarpini al chiodo. In seguito ho iniziato ad allenare sedendo sulla panchina della Torremaggiore, nei dilettanti, giocando anche sui campi del Monte Sant’Angelo. Riuscii a portare la squadra in eccellenza vincendo il campionato dopodiché  sono entrato nelle giovanili del Foggia. Qui ho fatto tutta la trafila fino ad allenare la Primavera. Pensavo di rimanere in quel club ma il Presidente Casillo aveva problemi finanziari sia col club che con le sue aziende; oltre che del Foggia (in Serie A) era proprietario di altri due club: Bologna (Serie B) e Salernitana (Serie C). Quest’ultima era in vendita e, dopo il mancato accordo per la cessione, chiamarono me in panchina per ricoprire il ruolo di allenatore: questa esperienza ha rappresentato la svolta della mia carriera, ma tutto è sempre partito da Foggia.

Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi dopo la storica promozione della Salernitana

Lasciamo il Gargano per passare a Roma, sponda biancoceleste. Nel 2005 arriva a sedere sulla panchina della Lazio. 
Arrivai alla Lazio dopo una breve esperienza sulla panchina dell’Atalanta e per me il club biancoceleste era molto importante: entravo in Serie A dalla porta principale. Erano i primi anni di Lotito e la società aveva dei grossi problemi finanziari: avevamo il nome di una squadra blasonata ma non avevamo le disponibilità economiche per fare acquisti che ci permettessero di competere con le altre big. Arrivai in una piazza importante da perfetto sconosciuto e, tra l’altro, i biancocelesti venivano da anni importanti; durante l’era Cragnotti avevano i migliori giocatori del mondo. Entrai in punta di piedi lavorando sodo e mettendomi a disposizione dei giocatori e dell’ambiente e pian piano sono venuti fuori buoni risultati.

L’anno seguente, nonostante la penalizzazione, la Lazio conquista il terzo posto e le viene assegnato il premio di allenatore dei sogni. 
Quell’anno partivo con una marcia in più avendo conosciuto meglio l’ambiente. Non avevamo soldi per fare acquisti importanti ma grazie al lavoro del direttore sportivo, bravo nel trovare giocatori funzionali, passammo da un 4-4-2 a un 4-3-1-2 e questo rappresentò la svolta di un anno in cui riuscimmo ad arrivare in Champions League.

Il 10 dicembre 2006 si aggiudica il derby cittadino battendo per ben 3-0 la Roma. Ci racconta del tuffo notturno nella Fontana del Gianicolo?
In quel periodo frequentavo una comunità di ragazze madri e orfani gestita da una tifosissima laziale: Suor Paola. Tutti i giovedì, insieme alla squadra andavamo lì; era diventata una consuetudine. Ci siamo andati anche il giovedì prima del derby e a cena Suor Paola mi disse: “Se domenica battiamo la Roma io mi faccio il bagno nella fontana”. Io scherzando risposi: “Se lo fai tu, lo faccio anche io”. La domenica sera vincemmo il derby e in sala stampa i giornalisti mi chiesero se davvero, per festeggiare la vittoria, mi sarei tuffato nella fontana. In quel momento non mi tornavano i conti. Quando parlammo di questa cosa c’eravamo solo io e Suor Paola e dato che con noi non vi era nessun altro, qualcuno si era venduto la notizia. Io non ero stato e quindi… Comunque dopo la gara, rientrando nel centro sportivo col team manager, mi arrivò una telefonata da Suor Paola che mi disse. “Io son qui ad aspettarti”. Io mi arrabbiai perché era una cosa privata, la partita non c’entrava nulla con tutto ciò, per me quello quasi un voto; una promessa espletata ad un’ecclesiastica. Lei comunque controbatté dicendomi che non ero una persona che mantiene fede alle promesse ecc… tant’è che mi recai lì e il bagno alla fine lo feci solo io: Suor Paola mi diede buca.

Delio Rossi Foggia Lazio

Tuffo di Delio Rossi nella Fontana del Gianicolo

Nella stagione 2008-2009 “il Profeta” porta la Lazio alla vittoria della Coppa Italia.
Arrivai a quella gara con la consapevolezza di essere arrivato a Roma da perfetto sconosciuto. La Lazio era vittima di molte contestazioni e allo stadio, quella stagione, veniva pochissima gente a vedere le partite. Dentro di me mi ero ripromesso di fargli vedere una squadra che giocava bene a calcio con l’intenzione di far riempire l’Olimpico: stadio che se si riempie vuol dire che stai facendo bene e che ti stai giocando qualcosa di importante. Sapevo, tra l’altro, che quella sarebbe stata la mia ultima partita; il mio contratto era in scadenza e di comune accordo con Lotito decidemmo di non trattare per il rinnovo. Con quella gara mi giocavo tutto e stavo per esaudire il mio sogno: vincere un trofeo con la Lazio davanti a uno stadio pieno di tifosi.

Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi dopo la vittoria della Coppa Italia con la Lazio

Con la Lazio ha messo un record, la vittoria di 4-2 ai danni della Roma. 
Premetto che il derby a Roma non è una partita come le altre. Con altre squadre il derby dura magari una settimana prima e una dopo, ma nella capitale il derby dura tutto l’anno. Se hai la fortuna di vincere entrambi gli scontri sei osannato, se lo perdi e magari vinci le altre gare non è la stessa cosa: nella città eterna il derby vale più di 3 punti.
Ricordo che stavamo andando molto male in campionato e il presidente decise di portarci in ritiro. A Norcia, quella, fu una settimana travagliata e a quel derby arrivammo da sfavoriti contro una Roma che, sulla carta, era molto più forte di noi. Riuscimmo a fare un ottima partita battendo i giallorossi 4-2. Concludo dicendo che ogni derby ti lascia un ricordo particolare.

Che tipo di giocatore era Igli Tare e come lo giudica nelle vesti di direttore sportivo?
Igli Tare era già un giocatore formato quando arrivò alla Lazio. Aveva più di trent’anni e veniva da una carriera importante con esperienza anche all’estero. Era volenteroso, molto forte fisicamente ed eccelleva soprattutto nel gioco aereo. Era un tipico attaccante di prestanza fisica e soprattutto un ragazzo molto intelligente. Conosceva già tante lingue e si rapportava bene con i compagni e staff. Ho gestito io il suo fine carriera da giocatore e l’inizio della sua nuova carriera nelle vesti di dirigente. Andò via Walter Sabatini e il presidente decise di affidargli l’incarico di direttore sportivo. Io ero d’accordo nell’affidargli l’incarico ma volevo che venisse affiancato almeno il primo anno da una figura esperta. Lui comunque si mostrò sin da subito bravo e intelligente, e devo ammettere che Lotito con lui ci vide lontano.

Come giudica l’operato di Simone Inzaghi?
Simone anzitutto è uno della Lazio e conosce tutti i meandri del mondo biancoceleste: tifo, società e soprattutto ha un ottimo rapporto con il direttore sportivo Igli Tare. È anche amico di un altro dirigente laziale, Angelo Peruzzi (campione del mondo e giocatore che ho avuto l’onore di allenare), con il quale sono stati compagni di squadra di quella Lazio fortissima di Cragnotti. Simone in questa esperienza ci ha messo del suo perché non è facile essere un grande calciatore e dimostrarsi tale come allenatore. Con lui ho avuto un ottimo rapporto aldilà del punto di vista professionale, e quindi il mio giudizio è anche dettato dal bene che gli voglio.

La Lazio rientra ancora nella corsa scudetto?
Assolutamente sì. La Lazio veniva da un trend positivo e il coronavirus è stato un intralcio sul loro percorso ma, bisogna ammettere, che dal punto di vista tecnico ci sono squadre più attrezzate dei biancocelesti. Un esempio? L’Inter, la Juve e il Napoli sono superiori alla lazio in linea generale. Il bello del calcio, comunque, è che le partite le devi giocare e sotto questo punto di vista la Lazio, dato il momento positivo, può far leva sullo stato d’animo dei giocatori cercando di sfruttare il momento. Mi auguro che la Lazio riesca a vincere lo scudetto così che possa coronare il sogno di ogni tifoso.

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ESCLUSIVA CS – Rijeka, Djalovic: “Cannavaro e Gattuso grandi allenatori, ma noi puntiamo al titolo”

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La nostra redazione ha avuto l’onore e il piace di intervistare Radomir Djalovic, allenatore del Rijeka, attualmente primo in classifica in Croazia.

La redazione di Calciostyle ha avuto l’opportunità di intervistare Radomir Djalovic, ex attaccante montenegrino che, dopo due anni trascorsi da vice-allenatore, ad agosto scorso è stato scelto come guida tecnica del Rijeka.

Scelta che, almeno fino a questo momento, ha ampiamente ripagato, visto il primo posto in classifica nel campionato croato. Con lui abbiamo parlato del rendimento della squadra ma anche degli allenatori nostrani emigrati in Croazia.

Esclusiva CS – Rijeka, le parole di Djalovic

Il Rijeka occupa la posizione di leader nel campionato croato nonostante il fatto che si combattano due grandi allenatori italiani Gennaro Gattuso (Hajduk) e Fabio Cannavaro (Dinamo Zagabria). È vero che il budget annuale del Rijeka è di 15 milioni di euro, dell’Hajduk di 50 milioni e della Dinamo di 60 milioni? Come riesci a combatterli? 

È vero che i budget di Dinamo e Hajduk sono 6, 7 volte più grandi dei nostri, ma a volte, anche se i soldi sono molto importanti, non sono decisivi. Cerchiamo con un grande lavoro di creare un clima familiare in cui i giocatori danno il massimo, insieme ai nostri tifosi, per lottare con loro, e per ora sta andando bene.

Rijeka

Chi è il tuo più grande rivale in questa stagione, Gennaro Gattuso o Fabio Cannavaro? 

Sono entrambi bravissimi allenatori, come dimostrano i loro risultati, ed entrambi sono rivali nella corsa al titolo, a pari merito si potrebbe dire.

Pensi che i due allenatori italiani abbiano portato lo stile di calcio italiano nei due più grandi club croati? 

Sì, entrambi hanno portato uno stile italiano riconoscibile in Croazia, e i loro risultati dimostrano che sono allenatori bravi e di grande successo.

Speri di poter ancora vincere il titolo? 

Lo spero. anche se questo è il mio primo lavoro da allenatore, ma sarebbe bellissimo riuscire a superare entrambi e riuscire a festeggiare alla fine. Noi ci crediamo, anche se ci siamo indeboliti perché abbiamo venduto 3 dei nostri migliori giocatori una settimana fa. Una cosa è certa: non ci arrenderemo e lotteremo fino alla fine.

Hai mai pensato di allenare un club italiano?

Certo. Sono ancora giovane, ma sarebbe un onore e un privilegio lavorare in Italia in futuro.

 

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ESCLUSIVA CS – Mauro Scarino: “Serata all’insegna del calciomercato, il Gran Galà del Calcio…”

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Mauro Scarino

Mauro Scarino, organizzatore dell’Adicosp, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni per l’ultimo giorno di calciomercato all’evento all’hotel Hilton di Roma.

Mauro Scarino è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni nell’ultima giornata di calciomercato direttamente dall’evento organizzato dall’Adicosp, associazione italiana direttori e collaboratori sportivi, all’hotel Hilton EUR La Lama proprio per le ultime trattative della sessione invernale.

Adicosp, Mauro Scarino

ESCLUSIVA CS – Le parole di Mauro Scarino

“Questa è una serata all’insegna del calciomercato, che comprende tutta la Serie A e anche il calcio internazionale. Questo tipo di evento all’Hilton comincia a prendere sempre più piede, vediamo una partecipazione sempre più ampia da parte delle persone persone. Una serata importante anche per il gruppo dell’Adicosp che si sacrifica ogni anno per organizzare questi eventi in cui siamo tutti presenti.”

Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi eventi Adicosp?

“Con il presidente Morrone si cercherà sempre di organizzare eventi importanti. La sua presenza è molto fondamentale in quanto è una persona che per impegno e per serietà non si trova facilmente in giro. Il gruppo continuerà ad andare avanti cercando di migliorare le situazioni in questi eventi in cui l’affluenza di pubblico è enorme.

Il Gran Galà del Calcio è un evento molto bello in cui partecipano anche persone, all’interno del mondo calcistico, di spicco. Dietro c’è sempre un’organizzazione fatta ai minimi dettagli, con accuratezza per tutte le situazioni. Ogni anno comunque si spera sempre di migliorare l’esperienza e di andare sempre avanti.”

Colpo del mercato?

“Sicuramente può essere quello di Joao Felix al Milan.”

Ranieri ha dato la scossa alla Roma?

“Ranieri ha sicuramente dato una scossa importante alla squadra giallorossa, in quanto il gruppo, rispetto a prima, ha acquisito più sicurezza. Lo abbiamo visto nella partita contro il Napoli in cui la Roma ha fatto una bellissima partita e, nonostante sia andato in svantaggio, è riuscita a recuperare facendo un bellissimo secondo tempo impegnando il Napoli in diverse azioni. Credo che la Roma punterà sul rinnovo in panchina di Ranieri.”

 

Intervista completa sul nostro canale Youtube

 

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ESCLUSIVA CS e OC – Repice: “Alla Roma Claudio Ranieri presidente o plenipotenziario”

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Roma, Claudio Ranieri

In diretta su Officine Calcio abbiamo fatto una chiacchierata con Francesco Repice, uno dei radiocronisti più noti in Italia.

Con Francesco Repice abbiamo parlato della sua Roma e del valore della radiocronaca oggi.

Officine Calcio, l’intervento di Francesco Repice

Repice sull’arrivo di Claudio Ranieri e sul suo ruolo alla Roma

“Per quello che riguarda la Roma sono stati fatti degli errori che a Trigoria hanno ammesso: errori pacchiani mostruosi. La Roma ha pagato le conseguenze, il tributo, a questi errori.

Ora è arrivato Claudio Ranieri e tutti noi sappiamo quanto potesse risultare utile il suo arrivo a Trigoria in questa fase della stagione.

Il problema è che da lui ci si aspetta qualcosa di importante: non tanto da allenatore perché non ha bisogno di dimostrare niente a nessuno, ma ci si aspetta qualcosa di importante da dirigente”.

Sul futuro allenatore giallorosso

“I tifosi della Roma quando sentono parlare di certi nomi in panchina rabbrividiscono e sperano invece che si possa chiudere nel più breve breve tempo possibile o che si possa arrivare ad allenatori che garantiscono un certo tipo di stagione, anche per come costruiscono le squadre.

Ogni riferimento a Massimiliano Allegri non è puramente casuale”.

Sulle ultime dichiarazioni di Claudio Ranieri

“Secondo me ha voluto dire due cose: la prima è che la Roma in campionato, se succede un miracolo, può conquistare una posizione di Europa League. Quindi deve arrivare in Europa da un’altra porta, dalle coppe, e in questo momento io credo che la partita con il Milan sia più importante della partita con il Napoli.

La seconda cosa, forse ancora più importante, è che ha voluto dimostrare a tutti che questa è la squadra che ha a disposizione. La vera domanda è: si viaggia ancora d’amore d’accordo o perlomeno si viaggia ancora con i medesimi obiettivi, la società e Claudio Ranieri? Perché questa è la vera domanda.

Dopodiché la Roma ha una proprietà ricchissima, potrebbe comprare giocatori stratosferici e quindi ci si aspetta che non arrivino soluzioni strane.

Ecco io quando sento parlare gli allenatori che parlano del ‘mio calcio, il calcio propositivo’, ho i brividi.

Sull’evoluzione e il valore della radiocronaca oggi

“Noi credevamo che le nuove tecnologie avrebbero ucciso il mezzo radiofonico. Quando si è imposta la rete noi credevamo che la radio sarebbe finita lì.

In realtà è successo l’esatto contrario: la radio ha moltiplicato la sua capacità di diffusione proprio grazie alle nuove tecnologie. Faccio un esempio: se io sono a Newport in Nuova Zelanda e voglio ascoltare una partita del Cosenza, la squadra della città in cui sono nato, posso benissimo farlo attraverso la rete.

C’è un altro aspetto: la televisione ti costringe a star seduto a farti lobotomizzare dalle immagini e da suoni e da parole sette giorni alla settimana 24 ore al giorno 365 giorni l’anno. La radio no: la radio ti insegue, ti consente di farti una vita, di portare a cena a tua moglie, di portare a giocare i tuoi figli, di uscire con gli amici e di fare tantissime cose.

Perché la radio ti insegue. Il metodo, e quindi la tecnica, della radiocronaca è cambiato perché dobbiamo essere, non dico competitivi perché questo è assolutamente impossibile con le piattaforme televisive, ma dobbiamo affascinare chi ci ascolta.

Io ho scelto di sudamericanizzarmi, quindi di raccontare le partite in una certa maniera ben sapendo che che chi ascolta le partite di calcio vuole disegnare nella sua mente una fotografia vuole avere un’immagine ben precisa vuole dipingere addirittura un e io cerco di farlo e la radiocronaca per questo secondo me non perderà mai il suo fascino ormai la sua potenza”.

Sulla gestione della dirigenza giallorossa

“Per me già la scelta di tornare a Claudio Ranieri è una scelta importante, che significa:  ‘Guardate, noi abbiamo sbagliato, adesso cerchiamo di correre di pari’. Bisogna proseguire su quella via.

Per me la posizione di presidenza dell’AS Roma ideale sarebbe quella di Claudio Ranieri come faceva la famiglia Agnelli con Boniperti, come fece Cragnotti con Zoff.

Mettere lì qualcuno che sappia di che cosa si parla, che sappia di calcio. Poi fate scegliere a Ranieri, fate scegliere a lui. La grande intelligenza di Oaktree è stata mettere Marotta alla presidenza dell’Inter e quindi far decidere a lui.

Quando i grandi uomini dell’impresa americana, tra cui i Friedkin, che quest’anno hanno fatturato solo con la loro prima attività 15 miliardi di dollari, capiranno e si convinceranno che un uomo come Claudio Ranieri deve avere tutto in mano, allora può darsi che ritornerà qualcuno.

Può darsi che si possano fare scelte, visto che si parla più di direttori sportivi, ad esempio di Pantaleo Corvino. E se salva la squadra bisogna inginocchiarsi e inchinarsi”.

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