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Evra: “Rispetto alla Juventus allo United una vacanza. E su Pogba…”
Torna a parlare, in un’intervista, Patrice Evra: l’ex difensore della Juventus racconta alcuni aneddoti sulla sua esperienza in bianconero.
In un’intervista rilasciata ai microfoni di ‘Stick to Football’, l’ex difensore bianconero Patrice Evra è tornato a parlare, svelando alcuni aneddoti relativi al suo passato alla Juventus.
Di seguito le parole dell’ex calciatore francese.
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Pogba
“Gli dicevo: “smettila di pensare che la gente ti odia, è perché tu li rendi frustrati. Sei un animale, quando parti ‘box to box’ nessuno può fermarti”.
Sapete quante volte Allegri non voleva farlo giocare? Poi magari lui segnava un goal e veniva esaltato anche se aveva giocato male. È per questo che ho voluto allenarlo mentalmente. Posso fare l’esempio di quando ha giocato per la prima volta contro il Liverpool.
La sera prima della partita ero in collegamento FaceTime con lui e ho visto molte persone nella sua stanza e lui stava firmando le magliette, così gli ho chiesto se era pronto per la gara e lui mi ha risposto di sì.
Ricordo che è stato uno dei peggiori match che ha giocato, così ho parlato con lui dopo la gara e mi ha detto che avevo ragione e che non era concentrato”.
Juventus-Manchester United: le differenze
“Sarò onesto, nove anni al Manchester United sono stati come una vacanza rispetto alla Juventus. L’intensità del lavoro, di quelle sessioni di allenamento, è stato qualcosa che non avevo mai sperimentato prima nella mia vita. Dovevamo correre 4 km al giorno. Zidane ha detto di aver visto giocatori vomitare in campo durante l’allenamento, ai suoi tempi.
L’ho visto anche io e loro hanno dovuto comunque finire le loro corse. Dopo le partite di Champions League, anche allora, abbiamo fatto intense sessioni in palestra. Dopo le gare a Manchester i giocatori avevano un buffet, ma in Italia mi portavano una porzione grande e agli altri giocatori una porzione più piccola.
Così ho preso Pogba e l’ho portato in cucina e abbiamo visto che le foto di ogni giocatore erano codificate a colori per dare loro porzioni diverse.
Ogni due settimane facevamo le analisi del sangue, volevano sapere cosa mangiavi e andavano persino a casa tua per dire a tua moglie o allo chef cosa cucinare. Venivi multato se disobbedivi. Per me è stato fantastico ma non siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio”.
La finale di Berlino
“Per me prima della finale di Champions League contro il Barcellona, il modo in cui ci siamo allenati ci ha fatto arrivare stanchi. Ci guardavano in campo e durante l’allenamento ci dicevano di andare più veloce, erano in giro per il campo con i computer.
Tevez è stato un bastardo. Ha detto vieni, è fantastico qui, ma non mi ha detto niente che sarebbe successo questo. Il primo giorno ho visto gente con le valigie e sono rimasto confuso perché l’Apache non mi aveva detto che per le prime due settimane avremmo alloggiato nell’Hotel della squadra.
Gli ho chiesto perché non mi avesse parlato dell’intensità e lui ha detto: “Volevo che qualcuno morisse con me là fuori”.
Avevo 33 anni, quindi ho lottato i primi mesi, ma dopo mi sentivo come se potessi distruggere tutti. Il giorno della partita facevamo una vera e propria sessione di allenamento.
A dire il vero, quando ho visto quella squadra sapevo che avremmo vinto il campionato e saremmo andati almeno in semifinale di Champions League, ma non ho potuto dirlo per superstizione. Ringrazio loro perché hanno allungato la mia carriera e senza di loro non avrei giocato fino a 38 anni”.
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“Fratelli d’Italia per sempre”: l’addio di Baggio a Schillaci
Totò Schillaci ci ha lasciato stamattina a soli 59 anni: lui e Baggio ci fecero vivere Notti Magiche ai Mondiali italiani del 1990.
Roberto Baggio, attraverso un toccante messaggio su Instagram ha voluto salutare l’amico Schillaci, vinto da un male incurabile. I due attaccanti nel 1990 fecero vivere un’estate indimenticabile a milioni di italiani a suon di gol ed emozioni.
Baggio e Schillaci condivisero anche un paio di stagioni con la maglia della Juventus.
Queste le parole dell’ex Pallone d’Oro:
“Ciao mio caro amico, anche stavolta hai voluto sorprendermi.
Rimarranno per sempre impresse nel mio cuore le notti magiche di ITALIA 90 vissute insieme.
Fratelli d’Italia per sempre”
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Roma, l’esonero di De Rossi scatena i tifosi | A Trigoria adesivi contro Friedkin
La sponda giallorossa di Roma è nel caos dopo l’esonero a sorpresa dell’allenatore e bandiera Daniele De Rossi. La reazione dei tifosi non si è fatta attendere
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Roma, esonero shock per De Rossi
Come un fulmine a ciel sereno, l’esonero di Daniele De Rossi si è abbattuto inesorabile lasciando un’aria di inquietudine nell’ambiente giallorosso. Il successore, Ivan Juric, dovrebbe già dirigere il prossimo allenamento pomeridiano. Il suo compito? Rimettere in carreggiata una stagione che non è partita come ci si aspettava, dopo i risultati del 2023/24 portati a casa da “Capitan futuro”.
La contestazione dei tifosi della Roma
Tra lo stupore di una decisione drastica e inaspettata e la delusione per il nome del nuovo tecnico, non sono tardate ad arrivare le lamentele, social e non, dei tifosi giallorossi. Chi prepara le proteste fuori da Trigoria, chi scrive di essere pronto a fare la rivoluzione. Insomma, da che parte sta il tifo romanista pare ben chiaro.
E quell’adesivo sul muro…
Intanto, sulle pareti del Centro Sportivo Fulvio Bernardini sono spuntati i primi adesivi, molto chiari e che non le mandano certo a dire, che recitano: “Yankee go home”.
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Milan, da una dirigenza inesperta a un allenatore mediocre: ora si salvi chi può | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, storia di un disastro annunciato? Probabilmente no, ma ora le acque sono ben mosse e chi comanda la nave non ha bene idea di come portarla in porto.
Si salvi chi può, un titolo probabilmente forte, ma che spiega il momento del Milan attuale. Ossia una squadra senza cuore né leader in campo, raffazzonata e tenuta su da un allenatore che ha totalmente smarrito la strada, se mai l’avesse avuta.
Ma partiamo dalla dirigenza, vera e propria imputata. Un quadro di comando del tutto inesperto tenuto su da Zlatan Ibrahimovic il quale si professa Dio, dice di essere il boss e comandare tutto, ma che di fatto una proposta aveva avanzato, Antonio Conte, subito bocciato. Braccio destro Geoffrey Moncada, uno che non appare nemmeno nelle interviste e che di fatto è un buon talent scout, nulla di più. Fino ad arrivare alle più altre sfere Furlani e Cardinale che di calcio ne capiscono poco, forse niente. Almeno l’AD ha l’attenuante di essere milanista, ma non basta.
Tutta questa macedonia di incompetenza ha partorito la scelta di Paulo Fonseca, un allenatore mediocre, aziendalista e che costa poco. Caratteristiche perfette per allenare il Milan di Redbird, non per un Milan che deve provare a vincere il campionato e arrivare lontano in Champions League. Un allenatore che fin da subito ha dimostrato di capirci nulla, con conferenze stampa imbarazzanti e scelte tecniche la cui spiegazione sfugge a molti.
Solo nella serata di ieri, nel post disastro contro il Liverpool, rispondendo alla domanda di Zvonimir Boban è riuscito a dire che Loftus Cheek non lo vede come numero 10, ma lo vede come numero 8 o numero 10. Capite bene che la confusione ce l’ha anche in testa, non solo in campo.
Eppure l’aiuto da casa sta arrivando praticamente ogni giorno. Persino i sassi gli stanno indicando la strada, quella del 4-3-3. Ma lui nulla. In una organico praticamente composto da tutte mezze ali, predilige il 4-2-3-1, segno di coerenza, per carità, ma a tutto c’è un limite.
Tornando a bomba, la colpa la imputo alla società, Fonseca non è altro che un capro espiatorio che alla fine pagherà per tutti. Mi auguro solamente che non arrivi un Edin Terzic qualsiasi, come qualcuno scrive, ma che sappiamo mettere mano alla guida tecnica con un allenatore italiano. Caldeggio per Massimiliano Allegri con il quale vi sono contatti, ma mi andrebbe benissimo anche Maurizio Sarri. Tanto, gira che rigira, ditemi un allenatore estero che ha vinto in Italia. Qualcuno c’è, ma si conta sulle dita di una mano.
La verità è che nessuno si può improvvisare dirigente se prima non ha fatto la doverosa gavetta. Lo stesso Ibrahimovic, enorme giocatore, non può pensare di fare il dirigente, peraltro spesso in vacanza. E se non in vacanza, sui social. Altrimenti vorrebbe dire che tutte le altre squadre di Serie A hanno capito nulla. E a onor del vero, chi ci sta capendo poco è invece tutto il mondo Milan. Questa si chiama presunzione. E ad oggi la dirigenza rossonera è la massima espressione della presunzione.
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