Mateo Guendouzi ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano inglese The Athletic, in cui parla anche di Maurizio Sarri.
Di seguito, l’estratto dell’intervista in cui parla del suo allenatore:
❝Ho fatto sei mesi con Sarri ma sembrano passati uno o due anni perché imparo tantissimo con lui ogni giorno in allenamento. Tatticamente so cosa devo fare in campo, ora sembra automatico. È molto bello lavorare con lui perché è un allenatore straordinario. Ricordo di aver perso la finale di Europa League (4-1) quando lui era al Chelsea e io all’Arsenal nel 2019.
In Francia, quando sei un calciatore, conta più la questione individuale e meno il collettivo. Mentre qui in Italia e con Sarri riesco a crescere molto tatticamente. È stato molto importante per me vedere da vicino anche questo lato del calcio.❞
Pubblicare questa intervista a poche ore dal fischio d’inizio di Bayern Monaco-Lazio è un atto di mefistofelia comunicativa, sebbene dubito che la consecutio temporum fosse voluta. Leggere oggi le parole di Guendouzi sul suo allenatore, avendo ancora negli occhi la trasferta di Monaco, lascia l’amaro in bocca su cosa sarebbe potuta essere la Lazio di Sarri se quest’ultimo fosse stato adeguatamente assecondato sul mercato.
La Lazio si è presentata in Champions League nelle stesse condizioni in cui si presenterebbe un barbone a una sfilata di moda, ovvero cercando di spacciare un sacco della spazzatura per un capo all’ultimo grido. E all’inizio ti può anche dire bene che ti scambino per un modello di Abercrombie (fun fact: è successo davvero) ma alla lunga l’inganno viene smascherato.
E il giudice, indefesso e indefettibile, che ha condannato la Lazio a scendere dal palco è stato il Bayern Monaco. In una delle sue versioni meno brillanti, in uno stato psico-fisico disastroso e arrovellato sui suoi problemi, ma comunque sufficientemente forte da ribadire l’inadeguatezza della Lazio.
Eppure per 120 minuti la Lazio è stata superiore ai bavaresi. Sarri ha preparato in maniera perfetta una partita e mezza, prima di arrendersi ai due turning point malamente sprecati da Felipe Anderson all’andata e da Immobile nella gara di ritorno poiché prima del colpo di testa di Kane.
Le ultime due sconfitte della Lazio, compresa quella con il Milan, sono la fotografia di un allenatore capace schiacciato dalla palese inadeguatezza tecnica della squadra che allena. Al netto di tutti i suoi atavici e comprovati difetti, la Lazio rimpiangerà Sarri e ne parlo già al passato dato che una separazione a fine stagione è inevitabile.
Quello fra il tecnico italiano e la Lazio è sembrato sin da subito un matrimonio innaturale. Di quelli che non fai in tempo a tornare dal viaggio di nozze che sono già pronte le carte per il divorzio. Perché Sarri è un manager all’inglese e non un’aziendalista. Vuole costruire le proprie squadre a sua immagine e somiglianza e non barcamenarsi con quelle costruite da altri.
Colpa di chi l’ha assunto senza mai aver avuto la reale volontà di assecondarlo ma colpa anche sua, che non è stato sufficientemente coraggioso da dimettersi una volta capito che non c’erano i presupposti per continuare assieme. Perché i valori umani elevati e anacronistici, caro Maurizio, vanno incarnati e non solo declamati in maniera sibillina.
Aggiornato al 06/03/2024 15:37
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