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Italia: è davvero colpa di Mancini?

Fa male, molto male, ciò che la sera del 24 è successo all’Italia. Per la seconda volta di fila, gli azzurri sono fuori dal Mondiale. Ma la colpa è di Mancini?

Ebbene, l’eliminazione inflitta all’Italia dalla Macedonia del Nord, non ha avuto gli stessi effetti che scaturirono dall’eliminazione di 4 anni fa. E, l’esonero di Mancini, non è così scontato.

Questo perché, la nostra nazionale rimane pur sempre la nazione campione d’Europa. E, se lo siamo diventati, il merito è di un solo uomo: Roberto Mancini.

Giusti i complimenti allo staff, giusti i complimenti ai calciatori ma se la nostra Italia è riuscita a fare innamorare tutta Europa è solo perché il mister ha creato, dal nulla, qualcosa di magnifico.

Un’Italia diversa, un’Italia che ha mostrato il gioco migliore, che ha superato Belgio e Spagna e che ha dominato l’Inghilterra a casa sua, a Wembley, in una finale che pronti via l’ha vista in svantaggio.

Quattro anni fa, la situazione era diversa. Lo spogliatoio era spaccato

, il Commissario Tecnico, ai tempi Ventura, era in totale confusione e sembrava non esserci futuro.

L’unico che ha avuto fiducia sin da subito in questo gruppo è stato Roberto e, in poco tempo, ci aveva cambiato il mondo.

La colpa di questo dramma sportivo, è ben più radicata e accusare Mancini è un errore che l’Italia non può permettersi di compiere.

Dov’è quindi il problema?

Il problema della mancanza di un attaccante che segni, l’hanno messo tutti in luce dopo che il nostro miglior bomber, Ciro Immobile, ha segnato solo 2 gol. Di cui uno solo su azione.

Ma, oltre a Immobile, le critiche sono piovute su tutti gli effettivi a parte qualche caso isolato. E ben vengano le critiche, ma solo se utili a mostrare il reale problema.

Il problema è nella cura che ci si mette riguardo lo sviluppo della materia prima. Il problema lo si trova nei settori giovanili e, per andare ancor più nello specifico, nelle scuole calcio.

Nel nostro paese, un ragazzo viene formato con lo scopo di arrivare al risultato sin da subito, ma perché un bambino di età tra i 7 e i 12 anni deve vincere un trofeo e piangere se non ci dovesse riuscire?

L’Italia, per tornare ai fasti di un tempo, deve tornare a fare divertire i suoi ragazzi. Farli giocare col sorriso in volto e senza la paura di essere giudicati per un gol sbagliato.

E qui devono intervenire gli educatori dei ragazzi, le famiglie dei ragazzi, spingendoli a mettersi in gioco senza remore, applaudendoli per un dribbling sbagliato ma pur sempre tentato anziché rimproverarli.

Il calcio, per quanto sia diventato un’industria, rimane pur sempre un gioco e per vincere ai giochi, bisogna che ci si diverta e solo quando i nostri giovani torneranno a farlo, allora, torneremo tutti quanti a gioire.

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Pubblicato da
Domenico Cutrupi
Tag: Italia

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