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Italia U20, Mirabelli su Bonucci: “E’preparato, diventerà un grande allenatore. Mi ricorda Antonio Conte”

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BBC bonucci

E’ ufficiale. Leonardo Bonucci farà parte dello staff nell’Italia under 20 di Bernardo Corradi. A commentare la notizia ci pensa Mirabelli.

Massimiliano Mirabelli, responsabile tecnico e DS del Padova,  durante un’intervista a TuttoMercatoWeb.com, ha parlato in merito all’ufficialità della notizia sull’ex difensore di Juventus e Milan.

Le parole di Mirabelli su Bonucci

Le aspettative– “Se mi aspettavo che intraprendesse la carriera da allenatore una volta smesso col calcio? Assolutamente sì, anzi ne parlavamo pure. L’aveva nelle corde, era già molto preparato e molto attento a tutte le situazioni riguardanti quel ruolo. Secondo me diventerà un grandissimo allenatore”

Perché Leonardo Bonucci può diventare un grande allenatore?- “Lui caratterialmente, essendo già stato spesso e volentieri il capitano nelle sue squadre, aveva grande capacità nel relazionarsi con i compagni di squadra, con i dirigenti, con tutto l’ambiente che lo circondava. Ma soprattutto, era veramente attentissimo a tutti i dettagli. Aveva la testa, non era il classico giocatore che staccava una volta finito l’allenamento. Era sempre sul pezzo. Come caratteristica, penso che possa somigliare tantissimo ad Antonio Conte, che stava sempre sul pezzo e pensava sempre al bene della squadra”.

Cominciare dal basso, per gradi, può permettere di acquisire una conoscenza completa per poi fare un salto ulteriore da solo.- “Sono d’accordissimo. Lui deve imparare a vedere le cose dall’altro lato. Si metterà dall’altra parte della barricata per capire tutte le dinamiche che esistono non essendo più giocatore. Ha fatto la scelta più giusta, iniziare il percorso facendo il collaboratore con l’Under 20, acquisirà esperienza, tempi e modi di allenare. E pian piano avrà secondo me le sue opportunità. L’importante è il percorso, che non deve sbagliare, secondo me ha tutto per poter diventare un allenatore importante”.

Bonucci, Allegri

LEONARDO BONUCCI DISCUTE CON MASSIMILIANO ALLEGRI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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Juventus, Weah: “Sarà una stagione divertente. Su Motta…”

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juventus

Juventus, Timothy Weah è stato intervistato dal The Athletic ed ha discusso il suo passato e ciò che pensa della squadra.

Juventus, Weah: “Mckennie uno dei motivi per cui sono qui”

A seguire l’intervista completa del centrocampista bianconero.

Il calcio per lei è di casa
“Sinceramente i miei genitori non mi hanno mai forzato per essere un calciatore, è semplicemente qualcosa che sono finito a fare. Quando ero giovane giocavo anche a basket. A livello di mentalità, stiamo cercando di portare nel calcio quello che vediamo nei giocatori di basket”.

La sua infanzia nel calcio?
“E’ stato divertente, mia mamma è stata la mia prima allenatrice e la gente vedeva che io volevo soltanto correre verso la porta e segnare. Questa è il ricordo più vecchio che ho. Prendere la palla e palleggiare per tutto il campo”.

Il gol di suo padre, il coast to coast contro il Verona?
“Lo avrò visto un milione di volte. Essere così bravo a dribblare, specialmente in quel periodo quando i difensori cercavano le gambe e attaccavano duramente… Sembra folle ma è così”.

Gli inizi nel New York Red Bulls?
“Non lo prendevo troppo sul serio. Ho iniziato a vedere tutto più seriamente quando sono arrivate le chiamate delle Nazionali giovanili. A quel punto mia mamma ha iniziato a dire ‘Ok, possiamo fare qualcosa, iniziamo a studiare un piano’. Quando ero giovane ho fatto un provino al Chelsea, ho passato il tempo con Abraham, Tomori e tanti altri. Poi al Tolosa, ho affrontato il PSG e lì mi hanno notato. Mi hanno chiesto di andare da loro ed è stata una decisione senza pensarci. In quel periodo c’erano Ibrahimovic e Cavani, quindi scelsi di sfruttare quell’occasione”.

Il rapporto con Pulisic in Nazionale?
“Rendiamo la vita facile l’uno all’altro. La connessione che abbiamo sul campo è fantastica. So che quando Christian fa certi movimenti io devo farne altri. So che quando lui ha la palla, gran parte dei difensori si ammassano intorno a lui e questo apre spazi”.

A differenza di suo padre non è un centravanti…
“Non sono il tipico 9 ovviamente, quello che segnerà 15 o 20 gol a stagione. Ma mi piacerebbe arrivare a quel punto, è sulla mia lista. A me però piace giocare in molte posizioni. Al Lille dopo l’infortunio di Ismaily ho giocato l’intera stagione da esterno destro e alla fine del campionato mi ha chiamato la Juventus… e lo ha fatto per quella posizione, è stata una sorpresa per me perché era il primo anno che giocavo lì”.

Con Thiago Motta vi eravate conosciuti ai tempi del PSG, entrambi giocatori…
“Lui era un giocatore esperto e io un ragazzino. Non avemmo troppe interazioni, ma lui era un calciatore fantastico. Tecnicamente era uno dei più dotati al PSG. Ora con lui in panchina è tutto 10 volte più difficile, devo lavorare 10 volte di più. Ma al termine della giornata è divertente, mi godo ogni momento”.

Juventus

Thiago Motta da indicazioni a Timothy Weah ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Poi c’è McKennie
“Onestamente Wes è una delle principali ragioni per cui ho scelto di venire qua. Sapevo che avrei avuto in squadra uno dei miei migliori amici. Dopo gli allenamenti sono sempre a casa sua. Se guardate al passato, le mie gare migliori le ho giocate quando ho Wes vicino. E’ bravo a fare tutto, corre 24 ore al giorno ed è uno dei saltatori migliori che abbia mai visto. Segna tanto, un box to box che è un killer, importantissimo per la squadra”.

La Juventus di quest’anno?
“Se guardate le partite di quest’anno, non prendiamo gol, dominiamo e sappiamo segnare. Questa è una stagione molto divertente. Stiamo ancora cercando di capire tutte le richieste tattiche e il feeling fra di noi, ma siamo ragazzi giovani e credo che quest’anno sarà divertente”.

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Leao, ora tocca a te: onori e oneri di un futuro campione | L’editoriale di Mauro Vigna

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Leao

Leao, ora tocca a te. Lo spagnolo infatti dovrà dimostrare di avere imparato la lezione facendo al meglio ciò che sa fare, giocare a calcio. L’occasione è già stasera.

Non ci sono più scuse, non c’è più tempo per i fraintendimenti e i paventati mal di pancia, nemmeno troppo celati. Se fino a un anno fa si poteva pensare che ci fossero incomprensioni con Stefano Pioli, o con qualcun altro della dirigenza, oggi non si può più dire o pensare.

Il tecnico Paulo Fonseca è stato fin troppo chiaro e trasparente e oltre alla ramanzina all’interno delle mura di Milanello sono seguiti i fatti, ossia l’esclusione dalla gara contro l’Udinese.

C’è poco da capire, ora Leao si deve dare una mossa e prendersi tutte quelle responsabilità che un giocatore che vuole diventare grande deve prendersi. Onori e oneri, come è giusto che sia se si gioca per il Milan e se si hanno 25 anni. Il rischio è infatti quello di non diventare un top player, i dubbi in merito sono moltissimi.

Buona parte della tifoseria e degli addetti ai lavori cataloga Leao come un giocatore in grado di fare cose pazzesche, ma solo quando lo vuole lui. In effetti nessuno discute il suo valore, ad oggi è tecnicamente il più forte in rosa, ma non è un leader, mai lo sarà.

L’occasione di questa sera è importante. Il classe ’99 dovrà dimostrare di avere capito la lezione, non serbare rancore e galoppare. Questa è per lui l’ultima chiamata.

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Kroos: “Il ritiro? È stato molto difficile per me dirlo a Carlo”

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Toni Kroos, ex centrocampista del Real Madrid

Cosa significa ritirarsi a 34 anni dal calcio giocato? Lo ha raccontato con franchezza Toni Kroos, ex centrocampista del Real Madrid.

In un’intervista al quotidiano spagnolo Marca, l’ex centrocampista del Real Madrid Toni Kroos ha parlato del suo ritiro dal calcio, affrontando anche questioni personali legate alla sua famiglia. Il tedesco ha rivelato che diverse persone hanno tentato di convincerlo a proseguire, ma la sua decisione era irremovibile: “Hanno cercato di farmi cambiare idea, ma sapevano che non sarei tornato sui miei passi”.

L’ex centrocampista del Real Madrid ha inoltre descritto come questa scelta stia influenzando la sua vita familiare. “Per mio figlio maggiore è un po’ più difficile adattarsi, era abituato a vedermi andare allo stadio”, ha raccontato Kroos, aggiungendo però che i suoi figli sono felici di averlo più presente a casa. In particolare, sua figlia è entusiasta di passare più tempo con lui: “È felicissima e non le manca nulla”.

È stato più difficile comunicare la tua decisione alla tua famiglia o a Florentino e Ancelotti?

“La verità è che per mia moglie non è stato difficile, perché è stata una decisione condivisa. A casa non è stata una sorpresa, perché abbiamo passato mesi a parlare di questo. Mia moglie era felice di avermi a casa di più. È stato più difficile dirlo a mio figlio maggiore, perché sapevo quanto gli piaceva guardarmi in TV e allo stadio. Ha vissuto tante cose, ho giocato quattro finali di Champions League e da bambino non lo dimenticherà! È stato difficile per mio figlio, sì…”.

Ed è stato molto difficile per me dirlo a Carlo, perché si aspettava che continuassi e perché avevamo e abbiamo un ottimo rapporto. È stato il mio primo allenatore qui e non è stato facile dirglielo, ma nella vita tutto ha una fine. Non è stato facile. Sapevo che non si sarebbe arrabbiato, ma sarebbe stato un po’ triste.

Anche per me non è stato un momento facile, perché qualcosa di molto speciale stava per finire. Ho provato a scegliere un buon momento, un momento facile… E ho avuto la fortuna di vincere la Liga con un margine e ho detto “Adesso!”. Perché tra la Liga e la finale di Champions League c’è stato un momento perfetto. Sarebbe stato più difficile se avessimo giocato la Liga, perché non volevo che questo problema fosse al di sopra di tutto”.

Come lo hai comunicato ai tuoi compagni?

“L’ho fatto uno per uno, perché con alcuni ero lì da poco tempo, con altri di più, con altri avevo un rapporto molto stretto e volevo informare tutti personalmente. Ma non ho informato tutti subito. Non volevo che la notizia arrivasse prima su un sito web o su un giornale e ho fatto tutto in uno o due giorni.

Ad alcuni di loro l’ho detto prima che uscisse la notizia, perché meritavo che la notizia uscisse quando lo volevo. E con la società è stato lo stesso, gliel’ho detto e loro mi hanno detto di comunicarlo quando volevo. Fortunatamente non è uscito nulla prima, il che è stata davvero una sorpresa”.

Non hanno provato a convincerti?

“La cosa bella è che in questi dieci anni tutti mi hanno conosciuto molto bene e sanno che se prendo una decisione ben ponderata, non si potrà tornare indietro. L’allenatore mi ha detto: ‘Sei tedesco e non puoi fare niente, vero?’ Hanno provato a convincermi, ma sapevano che non sarebbe successo. Ho spiegato loro che avevo preso la decisione già da alcuni mesi e che non l’avrei cambiata. È stata una conversazione molto bella ma non facile”.

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