La Uefa ha deciso di riammettere le squadre giovanili russe (maschili e femminili) nelle proprie competizioni. Come interpretarlo?
Siamo tutti d’accordo con l’affermare che il calcio dovrebbe essere alieno da ogni concezione di tipo politico.
Il calcio, nel suo essere lo sport più popolare al mondo, dovrebbe trasmettere solo messaggi positivi, di inclusione e di positività.
Dovrebbe. Perché il calcio, proprio nel suo essere lo sport più popolare, veicola e trasmette necessariamente messaggi politici.
Ammettendo dunque che ogni azione è politica, il sogno impossibile di una neutralità oggettiva naufraga presto in acque torbide, agitate, impraticabili.
Nella vecchia Europa la politica – intesa come ideologia e non come lotta partitica – è entrata spesso e prepotentemente sui campi di calcio.
L’appartenenza delle tifoserie – di una frangia di esse – a determinate ideologie è ampiamente nota, agli appassionati e alla giustizia sportiva.
L’organo supremo del calcio Europeo – la Uefa – ha espresso chiaramente una posizione politica sulla guerra russo-ucraina, escludendo le squadre russe.
Riaprendo il discorso alle squadre giovanili, non pone – secondo me – un freno agli interrogativi emersi in questi ultimi mesi.
“La Uefa è consapevole che i ‘bambini’ non dovrebbero essere puniti per azioni la cui responsabilità ricade esclusivamente sugli adulti ed è fermamente convinta che il calcio non debba mai rinunciare a inviare messaggi di pace e speranza“.
Messaggi di pace e speranza dunque, per le giovani promesse del calcio russo, dilaniate da oltre un anno di guerra.
La riammissione alla programmazione Uefa è un segnale certamente positivo, di dialogo e di apertura. Ma occorre fare chiarezza.
In situazioni delicate come questa, il rischio di fare due pesi e due misure mi sembra evidente. E andrebbe scongiurato.
Non è questa la sede per dibattere su ragioni e colpe di un conflitto che, con gli strumenti che abbiamo, non possiamo comprendere a pieno.
Figli del caos informativo della rete, troppe campane suonano alle nostre orecchie per poter sentire chiaramente la voce della ragione (e della verità).
Possiamo, però, provare a ragionare sul discorso delle sanzioni sportive. Oggettivamente e in maniera a-ideologica si può interpretare l’atto della Uefa come ambiguo.
Se la Uefa intende ‘proteggere’ i giovani dai fantasmi di un conflitto bellico deve allargare il suo discorso di pace.
Rischiando di essere impopolare – e cercando di smuovere un po’ le coscienze critiche dei lettori -, porrò la domanda direttamente, in maniera forse brutale:
Secondo voi è giusta la sanzione emessa dalla Uefa sulle squadre russe? Ed è giusta la riammissione delle sole squadre giovanili?
La questione non è oziosa. Perché, se si vuole punire uno Stato che ha commesso dei crimini (e li ha commessi, certamente!), siamo tutti d’accordo.
Ma, sanzionando la Russia e i suoi club non possiamo non pensare a ciò che succede nel mondo, e rimanerne freddamente indifferenti.
Dovremmo allora indignarci – esempio emblematico – sui mondiali in Qatar (per la condizione delle donne qatariote, che necessitano di un ‘tutore’).
Dovremmo indignarci – rimanendo sempre sul tema Mondiali – sull’ammissione dell’Iran (per la dittatura teocratica cinquantennale).
E gli esempi potrebbero moltiplicarsi, e obliare la questione della quale si stava discutendo.
Permettendo alle squadre giovanili russe di riprendere le proprie attività, la Uefa ha sicuramente compiuto un gesto ‘politico’.
Un segnale di apertura, certo, e una forte presa di coscienza su una situazione drammatica che non sembra intenzionata ad interrompersi.
La tutela dei minori è un principio che il calcio non può esimersi dal preservare. Ciò non dissipa comunque i dubbi che abbiamo al riguardo.
Il discorso della politica nel calcio merita di essere trattato nel dettaglio e in maniera meno confusionaria. Spero di avervi comunque dato uno spunto da cui partire.
Aggiornato al 27/09/2023 10:32
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