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Lazio, Vecino è fuori rosa. Se non chiederà scusa a Sarri sarà ceduto
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Matias Vecino continua a essere fuori squadra dopo il litigio con Martusciello. La società è stata chiara: senza scuse sarà addio.
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Premessa doverosa. Nessuno di noi era presente al momento della lite (se di lite si tratta) fra Vecino e Martusciello. Ciò che faremo sarà un collage delle ricostruzioni giornalistiche degli ultimi giorni. Indiscrezioni, per l’appunto, e nulla più. Perché cosa è successo realmente non lo sappiamo e probabilmente non lo sapremo mai.
La società non lo rivelerà mai. Com’è giusto che sia, dato che lo spogliatoio è sacro. E il diretto interessato, per quanto fonte autorevole, costituisce parte in causa. Sicuramente, però, qualcosa è successo. E per aver spinto Sarri a privarsi di uno dei suoi fedelissimi, deve essere stato sicuramente qualcosa di grave.
Vecino, cosa è successo?
Lazio, Vecino risponde sui social: “Ho la coscienza pulita“.
L’uruguaiano ha saltato sia l’allenamento mattutino di lunedì sia la rifinitura pomeridiana pre-Coppa Italia. Un’assenza ingiustificata, dato che non erano trapelate notizie circa eventuali problematiche fisiche, e che aveva subito dato adito a dietrologie.
Il Messaggero ha subito ipotizzato che la sua esclusione fosse avvenuta per motivi disciplinari. Ipotesi corroborata dalle dichiarazioni post-partita di Lotito dopo Lazio-Cagliari, che ha scagionato l’allenatore da eventuali responsabilità attribuendo le colpe a uno “scarso impegno” dei giocatori.
❝I tifosi hanno ragione a fischiare perché non si può vincere in 10 contro 11 in quel modo. Non c’entra nulla il tecnico. E ora va preso qualche provvedimento.❞
Parole che, in qualche modo, sono state il preludio alla discussione fra Vecino e l’area tecnica. Secondo la società, l’ex-Inter avrebbe mancato di rispetto ad alcuni collaboratori di Sarri e si sarebbe reso protagonista di atteggiamenti non tollerabili.
La lite con Martusciello
Il motivo per cui vado con i piedi di piombo sull’argomento è l’enorme discrepanza di informazioni. Spesso contraddittorie fra loro. Il Corriere dello Sport, per esempio, riporta che Vecino non sarebbe mai stato accusato di scarso impegno dalla società o dallo staff tecnico.
E allora a cosa si deve uno scontro così acceso con Martusciello? Cosa può aver spinto uno come Vecino, che mai prima d’ora nella sua esperienza laziale si era contraddistinto per mancanza di professionalità, ad assumere comportamenti così intollerabili? Cosa può essere successo di così grave da spingere la società a metterlo fuori rosa e addirittura a meditare la sua cessione?
Forse, ma questa è solo la mia opinione, Vecino si sarà fatto portavoce del malcontento di parte dello spogliatoio. Oramai stufo di essere usato come capro espiatorio da una società assente e incapace, avrà perso la pazienza e rilasciato tutta la frustrazione accumulata in questi mesi.
Vecino cambia il mercato
Sia come sia, la società è stata chiara. Se Vecino non chiederà scusa, allora sarà ceduto a Gennaio. Magari proprio a quel Galatasaray che lo aveva già cercato con insistenza in estate, salvo scontrarsi con il veto di Sarri.
Ma a quanto pare, in questa guerra fratricida, il tecnico sarebbe allineato al “pugno duro” della società. Se il caso non dovesse rientrare in tempi brevi, allora Sarri non si opporrebbe più alla cessione dell’uruguaiano.
Soprattutto se la sua cessione dovesse servire a finanziare un nuovo assalto a un suo vecchio pallino, vale a dire Samuele Ricci. La Lazio ci aveva già provato in estate, scontrandosi però con la strenua resistenza del presidente Cairo.
Il numero uno granata, forte di un rinnovo del contratto già apparecchiato per l’ex-Empoli, sparò alto. Adesso però, con le trattative in stand-by e il rinnovo di Juric sempre più in bilico, le prospettive potrebbero cambiare.
La Lazio in estate quasi sicuramente saluterà Kamada. Assieme a lui potrebbero partire anche Basic, forse già a Gennaio, e, a questo punto, anche Vecino. Per un restyling totale del reparto, che potrebbe finalmente regalare a Sarri il suo pupillo. Sempre che quest’ultimo rimanga, s’intende.
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Il Tribunale della Catalogna assolve l’ex calciatore Dani Alves, ma la battaglia legale continua.
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Venerdì scorso, il Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna (TSCJ) ha assolto Dani Alves dall’accusa di aggressione sessuale, ribaltando la condanna emessa in primo grado. L’ex terzino brasiliano di Barcellona, Juventus e PSG era stato inizialmente condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere, ma la nuova sentenza ha annullato la pena per insufficienza di prove. La decisione è stata accolta con grande soddisfazione dall’avvocato del 41enne, Irene Guardiola, che ha dichiarato: “Siamo felici, è innocente, la giustizia ha agito. È stato molto emozionante, è stata fatta giustizia”.
Le richieste della Procura e della parte civile
Mentre la difesa di Alves puntava all’assoluzione totale, la Procura della Catalogna aveva chiesto un aggravamento della pena fino a 9 anni di reclusione, mentre la parte civile aveva sollecitato un aumento a 12 anni. Tuttavia, il TSCJ ha stabilito all’unanimità che non vi erano prove sufficienti per confermare l’accusa di aggressione sessuale.
Nelle motivazioni della sentenza, il Tribunale ha sottolineato la mancanza di affidabilità della testimonianza principale e l’assenza di riscontri oggettivi che potessero confermare le accuse.
Il ricorso alla Corte Suprema e gli scenari futuri per Dani Alves
Nonostante l’assoluzione, il caso non è ancora giunto a una conclusione definitiva. Oggi, la Procura della Catalogna ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso alla Corte Suprema spagnola contro la sentenza del TSCJ. Qualora il ricorso venisse accolto, la Corte Suprema potrebbe confermare l’assoluzione o, in alternativa, annullarla e ripristinare la condanna iniziale a quattro anni e sei mesi di carcere.
Secondo quanto riportato da Marca, il nuovo giudizio si baserà sull’eventuale rilevazione di vizi procedurali o errori di valutazione da parte del TSCJ. Se la Corte Suprema ritenesse che il Tribunale della Catalogna non abbia esaminato correttamente le prove o abbia sottovalutato elementi chiave, la condanna potrebbe essere nuovamente applicata.
Dall’altra parte, il tribunale catalano ha giustificato la propria decisione evidenziando l’inaffidabilità della testimonianza principale e la mancanza di prove che potessero dimostrare con certezza l’accusa di penetrazione non consensuale. Secondo la sentenza, molte delle affermazioni dell’accusatrice non hanno trovato riscontro nelle indagini, e il Tribunale di primo grado avrebbe trascurato di verificare a fondo tali incongruenze.
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Morte Maradona: la perizia non ha rilevato nessuna traccia tossicologica
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3 ore fail
02/04/2025
Durante l’ultima udienza del processo che vede imputati sette operatori sanitari con l’accusa di omicidio colposo nei confronti di Diego Armando Maradona, gli esperti forensi hanno rivelato i risultati tossicologici dell’autopsia, confermando l’assenza di tracce di alcol e droghe nel corpo dell’argentino.
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Nell’ultima udienza sono emersi dettagli specifici relativi alla morte di Diego Armando Maradona, morto il 25 novembre 2020 per cause ancora ignote di cui attraverso l’autopsia nessuna traccia tossicologica legata ad alcool e droghe è stata rilevata, bensì gli esperti forensi rilevano fino a 12 ore di agonia per il calciatore argentino.
Diego Armando Maradona, l’autopsia
“Non c’erano tracce di droghe o alcol nel sangue di Diego Armando Maradona al momento della morte, il 25 novembre del 2020″: ad affermarlo, nel corso dell’ultima udienza che vede imputato l’intero staff medico che aveva in cura l’ex calciatore, i medici legali che hanno eseguito l’autopsia sul corpo dell’argentino. A riportare le dichiarazioni l’Ansa che poi ha aggiunto le dichiarazioni del biochimico Ezequiel Ventosi: “Nessuno dei quattro campioni ha rivelato tracce di alcol, cocaina, marijuana, mdma, ecstasy o anfetamina.”
Ad essere presenti invece nel sangue del erano cinque sostanze corrispondenti a farmaci antidepressivi, antiepilettici, antipsicotici e antinausea. Secondo quanto riferito dalla patologa Silvana de Piero, nel fegato dell’ex calciatore c’erano segni compatibili con la cirrosi e segni di un’insufficenza renale, cardiaca e polmonare. Inoltre, l’esperto forense ha dichiarato il cuore era significativamente ingrossato, pesava 503 grammi rispetto al peso medio di 250-300 grammi. Secondo l’accusa, i sette professionisti imputati nel caso: un neurochirurgo, uno psichiatra, uno psicologo, medici e infermieri, non gli avrebbero fornito cure adeguate tali da aver contribuito alla sua morte.

Il Napoli sta aiutando le finanze del proprio patron Aurelio De Laurentiis anche grazie alle buonissime prestazioni del club.
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E’ proprio vero che il patron e la squadra hanno un legame a doppia mandata dove l’uno nutre o affama l’altra e viceversa. E’ certamente il caso del Napoli – società calcistica – sotto il controllo di De Laurentiis che sta incidendo sulle casse della sua casa di produzione.
La FilmAuro (di proprietà di De Laurentiis) ha visto – per il secondo anno di fila – un incremento degli utili. Nello specifico, lo dice Calcio e Finanza, ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2024 con un risultato positivo per 57 milioni di euro.

GIOVANNI SIMEONE, LEONARDO SPINAZZOLA E PASQUALE MAZZOCCHI RAMMARICATI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Diamo un po’ di cifre sull’incidenza del Napoli nella società del patron
A far lievitare gli utili della holding sembrerebbero essere stati soprattutto il fatturato della società calcistica partenopea che ha avuto (nella stagione 2023/24) un bilancio in positivo di 63 milioni di euro.
Va detto che, oltre al Napoli, De Laurentiis controlla anche la società del Bari.
Però, a livello consolidato, il trend cambia e si ribalta: infatti, proprio la società SSC Napoli ha inciso negativamente passando da 394,1 milioni di euro a 364,3 milioni di euro (di patrimonio consolidato) dal 2023 a questa stagione.
Questo è stato conseguenza dei mancati introiti percepiti dai ricavi provenienti dalla commercializzazione dei diritti media relativi sia alla partecipazione alle competizioni nazionali ed internazionali. Oltre che, ai minori ricavi del botteghino e minori plusvalenze dal mercato di alcuni calciatori.
Calcio e Finanza entra nel dettaglio e dice che i ricavi di De Laurentiis è stato (tra parentesi i valori al 30 giugno 2023):
- 8,4 milioni di euro per attività cinematografica (vs 9,54 milioni di euro),
- 2,2 milioni di euro per attività teatrali e performative (vs 970.000 euro),
- 335,8 milioni di euro per mondo calcio (vs 364,64 milioni),
- 150.000 euro per sfruttamento musicale ( vs 270.0000 euro),
- 17, 65 milioni di euro per altre voci (vs 18,18 milioni di euro).
E, nello specifico, la voce calcistica pesa al 92,2 % sul calo.
Questo non è, però, motivo di preoccupazione circa il futuro di Aurelio De Laurentiis nella vita del club partenopeo. Il loro rapporto sembra più solido che mai.
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