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Lecco, la Serie B divorzia dalla promessa sposa
Il verdetto tanto atteso è arrivato, la Serie B si è pronunciata sui ricorsi di Lecco e Reggina, il risultato però non è stato dei migliori. Vediamo insieme perché.
C’è una parola in tutta questa storia, una sola parola che è il perno di tutta questa assurda vicenda.
Tutto ha inizio quando la finale dei playoff di Serie C viene spostata dall’11 al 18 giugno, data molto prossima alla scadenza per la presentazione della domanda d’iscrizione alla Serie B, fissata al 20 giugno. La parola è “perentorio“.
Lecco, la beffa dello stadio
Sì perché il termine dato non è procrastinabile, entro quella data la domanda deve essere consegnata con l’adempimento di tutti i suoi punti.
Il Lecco ha un problema: il Rigamonti – Ceppi, lo splendido impianto cittadino incastonato tra lago e monti, non è a norma per la cadetteria.
La società blu celeste sceglie così l’Euganeo di Padova per le gare casalinghe, c’è l’ok della società veneta ma manca quello del Prefetto, che arriva soltanto il 21 giugno: per questo la domanda viene giudicata incompleta.
Per questo motivo la Co.Vi.So.C ha deciso di divorziare dalla società lombarda che, non avendo attivato il paracadute presentando anche la domanda d’ammissione in Serie C, potrebbe essere addirittura costretta a giocare nei Dilettanti.
Questo dopo tutta la fatica fatta per vincere i playoff, battendo il Foggia in finale! Si tratta di una vicenda surreale, a volte chi scrive pensa che il calcio italiano sia una barzelletta, e forse è proprio così.
Anche la Reggina, vincitrice del girone B, è stata estromessa dalla cadetteria ma stavolta il discorso è più serio: manca da saldare un debito per una cifra pari a 757 mila euro, mancando così l’adempimento del cosiddetto fair play finanziario.
A questo punto, se entrambe le squadre, al netto di ricorsi (l’ultima data prevista però è a campionato inoltrato e la Federazione ha smentito la possibilità di una B a ventuno squadre) Brescia e Perugia potranno presentare la domanda di ammissione, avendo la precedenza in quanto retrocesse.
La domanda delle Rondinelle però è già stata respinta e faranno ricorso (continua la barzelletta). Insomma, la parola passa al camp… pardon, al Tribunale.
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La FIGC apre un’inchiesta sull’evasione degli arbitri: le ultime
La FIGC ha aperto un’inchiesta poiché diversi direttori di gara italiani sono stati sanzionati dall’Agenzia delle Entrate per mancati versamenti fiscali.
Come riportato da Calcio e Finanza la Procura federale della FIGC ha aperto da alcuni giorni un’indagine sull’evasione fiscale degli arbitri. Diversi direttori di gara italiani, tra cui anche Daniele Orsato e Gianluca Rocchi (entrambi ritirati, con il secondo che ora ricopre l’incarico di designatore), sono stati sanzionati dall’Agenzia delle Entrate per mancati versamenti fiscali sui compensi UEFA tra il 2018 e il 2022.
L’’impulso – come anticipato da La Repubblica – è arrivato da un esposto diretto al procuratore generale dello Sport, Ugo Taucer. La denuncia contestava appunto le violazioni del Codice di giustizia sportiva e del regolamento dell’Associazione italiani arbitri. Dopo aver analizzato l’esposto, Taucer ha invitato la procura FIGC ad aprire il procedimento, come da sua prerogativa in base allo Statuto del Coni.
FIGC, gli atti dell’inchiesta sull’evasione degli arbitri
La procura dovrà ora analizzare gli atti sui casi di evasione fiscale accertati dalla Guardia di finanza, che riguarderebbero una cinquantina di arbitri. Le contestazioni riguardavano soldi guadagnati all’estero su cui non sono state pagate le tasse. Gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, emessi a metà 2024, hanno spinto quasi tutti i coinvolti a sanare la loro posizione tramite il ravvedimento operoso, beneficiando così di sanzioni ridotte.
Una volta chiuse le indagini, che appunto saranno brevi, la Procura FIGC deciderà se far partire i deferimenti. Potrebbero essere contestati l’articolo 4 del Codice di giustizia sportiva, che rimanda ai principi di «lealtà, correttezza e probità», così come l’articolo 42 del regolamento AIA, che agli arbitri richiede un comportamento improntato «ai principi di lealtà, trasparenza, rettitudine e della comune morale, a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA». In base alle norme, gli arbitri coinvolti rischiano una sanzione che può andare dalla semplice ammenda fino alla squalifica o inibizione.
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FIGC, Gravina accusato di riciclaggio? Gli aggiornamenti
Rischio processo per il presidente della FIGC, Gabriele Gravina: l’accusa è quella del riciclaggio. Tra gli altri indagati risulta anche Pasquale Striano.
Rischio processo per il presidente della FIGC Gabriele Gravina. La procura di Roma, in base a quanto si apprende da Calcionews24, ha proceduto alla chiusura del procedimento che lo vede indagato per l’accusa di autoriciclaggio. Il procedimento venne avviato nel marzo del 2023 a piazzale Clodio dopo un atto di impulso della Procura nazionale Antimafia su presunti illeciti emersi dall’inchiesta di Perugia su attività di dossieraggio che coinvolge, tra gli altri, Pasquale Striano.
FIGC, Gravina: il tema del procedimento
L’oggetto del procedimento riguarda presunte irregolarità tra cui la compravendita di una collezione di libri antichi nella disponibilità del presidente della Federcalcio. Il 19 novembre il tribunale del Riesame aveva rigettato l’appello della Procura sul sequestro preventivo di 140 mila euro nei confronti del numero uno della FIGC.
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Cairo: “I contestatori si pentirebbero se lasciassi il Toro”
Il presidente del Torino Urbano Cairo ha parlato della contestazione dei tifosi granata durante il match contro il Napoli e su una possibile cessione del club.
A margine del sessantesimo anniversario del Catalogo dell’Arte Moderna, edito da Urbano Cairo, il presidente del Torino ha rilasciato alcune dichiarazioni riguardo il momento del club granata, e sulle contestazioni verso la sua presidenza.
Di seguito le sue parole
Cairo, le parole sul possibile addio al Torino e ai contestatori
“Sono il più longevo sia come editore di questo lavoro che come presidente del Torino, solo che qui siete contenti che ci sia, mentre al Torino qualche volta mi contestano. Fortunatamente mi tirate su il morale. Dico ma scusate, sono 19 anni e 3 mesi che sono al Toro, l’ho preso da un fallimento quando non c’erano nemmeno i palloni. Il primo anno mi danno la possibilità di fare la campagna acquisti in una settimana e quella stagione veniamo promossi in A. Negli ultimi anni siamo sempre stati tra le prime 10 tranne gli anni del Covid. Capisco che c’è il ricordo del “Grande Torino ma era il 1940, un mondo diverso. Da quando sono arrivati i diritti televisivi nel 93 è tutto cambiato, io devo competere fatturando 100 milioni contro chi ne fa 400-500, puntando esattamente alla stessa cosa. Non devo rimanere al Toro a vita, posso fare 20 anni ma anche di meno. Sono sicuro che in cuor loro i contestatori sanno che se dovessi lasciare se ne pentirebbero. Credo sia un rapporto padre figlio, dove ci si bastona e ci si vuole bene”.
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