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L’ex Inter Julio Velasco all’Italvolley? 40 anni dopo il debutto a Jesi

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julio velasco jesi

“Nessun contatto per la Nazionale”, abbiamo letto in questi giorni la smentita di Julio Velasco, uno dei più grandi allenatori del volley internazionale (oltre che ex manager dell’Inter di Moratti e della Lazio di Cragnotti),  accostato all‘Italvolley femminile al posto di Mazzanti. Un’ipotesi di cui si sta parlando tanto in questi giorni. Insomma, sarà davvero Velasco al posto di Mazzanti? E’ questo il dilemma. Di certo sono passati quasi 40 anni da quel lontano 15 ottobre 1983 quando Velasco, coach del Volley Jesi in serie A2, debuttò nel campionato italiano. Davvero un gran debutto, vincendo in trasferta per ben 3-0 contro la corazzata Catania, squadra scudettata. Un primo match ufficiale in campionato di cui si parla nel libro Happy Hour da fuoriclasse al barTocci disponibile in questi giorni alla Libreria Mago 2 di Riccione in Viale Dante, a due passi da Viale Ceccarini. Proprio a Jesi si terrà il 14 e 15 ottobre 2023 la Jesi Volley Cup, la sfida dei Campioni, in cui ci saranno Lube Civitanova (dello scopritore di Velasco Beppe Cormio, ex Direttore Marketing Siena Calcio), Allianz Milano, Rana Verona e Olympiakos Piraeus. Ma ora andiamo a ripercorrere le origini del grande Julio Velasco, autentico numero uno mondiale.

Serie A
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JULIO VELASCO, LA STORIA DI UN CAMPIONE INCREDIBILE. IL NUMERO UNO DELLA MOTIVAZIONE

Una storia emozionante, a tratti difficile da raccontare, ma che racchiude fortissimi gioie ed emozioni. Dall’Argentina all’Italia, sfuggito al regime dittatoriale e violento di Jorge Videla. Quel lungo viaggio in Sicilia alla guida del suo primo club italiano (Jesi) e la sosta-relax nei magnifici giardini di Catania nel lontano 15 ottobre 1983. Julio Velasco (il nome una garanzia) inizia a muovere i suoi primi passi a La Plata, in Argentina. Comincia a giocare a pallavolo e ad allenare le selezioni giovanili durante la sua frequenza al Liceo Nacional. Negli anni vissuti alla Facoltà di Filosofia. Università che fu presto costretto ad abbandonare (con 6 esami rimasti alla laurea) a causa della repressione dei militari golpisti sugli studenti antifascisti. La storia del primo Velasco di Jesi (serie A, 1983) viene raccontato nel dettaglio nel libro Happy Hour da fuoriclasse al barTocci. Andiamo ora a scoprire qualche ‘pillola’ di saggezza.

All’università venne tolto a Velasco il ruolo di precettore (assistente specialistico in affiancamento ai docenti) in quanto l’ultra-destra decise di rimpiazzare tale figura con militanti della destra più estrema. L’adesione per alcuni anni al Partito Comunista Argentino condizionò assai l’adolescenza e il cammino di Velasco.

Una sorta di “discontinuità evolutiva” dovuta proprio alla persecuzione del regime fascista che si era radicato nel paese sudamericano. Nel 1974-75 a La Plata numerosi amici di Velasco si erano trasformati in cadaveri pieni di sangue, tra cui un suo caro compagno anarchico. E un’altra persona nascostosi a casa di Julio prima di essere catturato dal regime poliziesco.

Non per caso gli anni Settanta vennero definiti come gli anni della guerriglia, dei desaparecidos. In aggiunta il fratello minore di Velasco Luis scomparse per due mesi, stando a testi da noi analizzato, dopo essere stato prelevato dalle forze militari. L’atmosfera in quei luoghi era davvero surreale: continui colpi di stato (quello del ’76 il più feroce), ci si svegliava all’alba e all’improvviso si sentiva la musica militare alla radio. Emblema di quel regime dittatoriale era Videla.

Momenti che ancora oggi Velasco ricorda drammaticamente, anche tramite pagine di quotidiani – più o meno recenti – che abbiamo avuto modo di rintracciare. Tra le vicissitudini segnalate torture, sparatorie, fucilazioni, eliminazioni fisiche e in particolar modo l’episodio di un amico che diede a Velasco la notizia che suo fratello era stato preso. Aveva poco più di 20 anni, studiava a medicina. Anche Julio Velasco venne preso dal regime durante alcune manifestazioni. Venne picchiato, ma per fortuna riuscì a scamparsela, altrimenti non sarebbe potuto diventare il grande personaggio che è oggi.

JULIO VELASCO TRA DESAPARECIDOS, VIOLENZE, PAURE E LIBERTA’ DA CONQUISTARE 

Certamente, nella peggiore delle ipotesi, Velasco avrebbe potuto alimentare la lunga lista degli scomparsi. I cosiddetti desaparecidos, in tempi di dittatura targata Videla (o più esattamente dal 1976 al 1983), venivano quantificati in più di 30.000 unità, con oltre 500 neonati appropriati. In data 24 marzo 1976, nella città di Buenos Aires, il governo di Isabelita Perón viene destituito da un golpe militare comandato dal violento generale Jorge Rafael Videla. È l’inizio della storia della dittatura civico-militare in Argentina.

La dittatura vigente targata Videla e la pressione continua del controllo di polizia obbligarono, dunque, Julio Velasco (che intanto aveva perso il padre e visto il fratello più grande, militante di sinistra, fuggire in Spagna) a lasciare La Plata per insediarsi a Buenos Aires. Una località-rifugio in cui era molto più semplice nascondersi e dove presto Velasco iniziò un’altra vita. Dalla filosofia alla pura attività lavorativa di allenatore intesa anche come impronta educativa. Con la Ferrocarril Oeste insegna volley ai giovani e presto vince 4 campionati consecutivi dal 1979 al 1982.

Agli inizi degli anni Ottanta è vice-manager della squadra nazionale maschile argentina, con cui vince la medaglia di bronzo ai mondiali. Come riporta un articolo di Repubblica risalente all’aprile 1995, negli anni del Ferrocaril Oeste Velasco conobbe un  grande amico, Daniel Alfredo Tarando. Egli nella metà degli anni Ottanta fu Entrenador Jefe del Equipo Superior Masculino de Serie A con la “Libertas San Cristóforo Catania” in Sicilia. Militò inoltre come manager anche sulla stessa società di Velasco, la Ferrocaril Oeste.

Ricordo le nottate interminabili quando, giovani e squattrinati, facevamo le ore piccole nel bar del club, l’unico che ci facesse credito”, si legge sul pezzo che abbiamo rintracciato di 26 anni fa. “Chiacchiere infinite su pallavolo, politica e dirigenti. Ascoltare Julio è sempre stato un piacere. E’ intelligentissimo, è nato per fare l’allenatore. Quando, guardando un ragazzino, diceva: quello lì non arriverà a niente. Oppure, quello ha la stoffa da campione, ci azzeccava sempre. In Italia, adesso, lui è Gardel”.

LE MADRI DI PLAZA DE MAYO E I MONDIALI ’78 IN ARGENTINA 

La presa del potere da parte della troupe militare del generale Jorge Rafael Videla e l’applicazione più estrema del concetto di terrorismo, incentrato sulla detenzione in luoghi segreti, repressioni, ebbero ripercussioni significative nei vari campi della quotidianità politica. E anche nel sociale del popolo argentino, andando a creare “polveroni” e stravolgimenti nell’organizzazione del campionato mondiale di calcio. Campionato disputato in Argentina nel 1978 e vinto dalla nazionale di casa il 25 giugno di oltre 42 anni fa. Un mondiale divenuto simbolo di torture, di desaparecidos.

Un mondiale visto come strumento di oppressione, di occultamento della realtà, di doping, di propaganda politica, finalizzato anche a far dimenticare al pianeta globale le Madri di Plaza de Mayo. Si tratta delle madri dei figli scomparsi che ogni giovedì marciavano nella piazza centrale di Buenos Aires con un cartello o un fazzoletto bianco con l’immagine o nome del desaparecido.

Quelle madri che si recavano costantemente al ministero competente per chiedere notizie riguardo ai propri figli ma alle quali veniva risposto con un irrisorio “Saranno scappati di casa”.  I nomi dei loro figli non compariranno più in nessun registro.

Insomma, la repressione colpiva con “anonimi” e inaspettati sequestri specie notturni, senza alcuna pietà o distinzione, versando enorme violenza verso tutti coloro che non erano allineati al “regime del crimine”. Si partiva dalle organizzazioni di sinistra e dai peronisti fino ad arrivare a movimenti sindacali e studenteschi.

Con i mondiali di calcio, la cui spesa per l’organizzazione da parte di Videla veniva stimata in oltre 500 milioni di dollari, il collettivo militare argentino finì per rafforzare il proprio autoritarismo. Il tutto esaltando ancora di più il valore del nazionalismo. In un estratto del volume cartaceo “Pallone desaparecido. L’Argentina dei Generali e il Mondiale del 1978”, firmato Alec Cordolcini, vengono enfatizzate le peculiarità della nazione argentina, alle prese con movimenti populistici alternati ad azioni armate.

Si rifletta anche sul fatto che, di fronte alla spesa ingente da sostenere per l’organizzazione della massima competizione internazionale, l’ex Generale Omar Actis (contrariato) venne ucciso senza pietà. Il suo cadavere venne ritrovato all’interno della propria auto, crivellato di colpi. L’ennesimo atto di crudeltà, l’ennesima violazione dei diritti umani.

VELASCO SCESE IN STRADA A FESTEGGIARE MA

E a proposito di vittoria del mondiale 1978, Julio Velasco e sua moglie quella sera scesero in strada a festeggiare lo straordinario successo, ma solo per pochissimi istanti. Le persone venivano torturate in loco, ammazzate con inaccettabili gesti pieni di crudeltà, orrore, odio. Quello che non vorremmo mai vedere al giorno d’oggi E Julio Velasco, oggi più che mai, rappresenta un esempio morale, civile e non soltanto sportivo.

Un personaggio coraggioso, che è riuscito a diventare uno dei manager più vincenti della storia internazionale. Andato via di casa a poco più di 18 anni con una grande paura di essere deportato e mantenendosi inizialmente con le proprie forze. “La libertà è giusta ma va conquistata”, non lo ha mai nascosto Julio Velasco.

Coraggio, esaltazione dei principi di libertà, ingegno, carisma, moralità, generosità esaltano a nostro modo di vedere la personalità di Julio Velasco, elementi che si inizieranno a intravedere sin da subito in Sicilia,  terra del debutto in campionato del grande Julio in Italia alla corte di Jesi.

1983, L’ANNO DELL’EMIGRAZIONE DI UN LEADER CHIAMATO JULIO VELASCO

Dall’Argentina, regime di colonnelli e ritenuta originariamente terra di immigrati, Velasco emigrò in Europa nell’anno 1983. Esattamente in Italia, a Jesi, come primo allenatore della Tre Valli Volley in serie a2. L’emigrazione in Europa, a quell’epoca per il popolo argentino, suonava come pura realizzazione di un’utopia. Julio Velasco arrivò nella zona della Vallesina (Jesi) dall’altra parte del mondo, sbarcando in aeroporto senza bagaglio. E portando con sé poco più dei vestiti che aveva addosso. Capello con frangetta spostata a destra, mani in tasca durante le prime foto di rito.

Abbiamo a tal punto il piacere di riportare alcuni momenti salienti raccontati dalla Gent.ma Signora Anna Virginia Vincenzoni Casoni. Si tratta della moglie dell’indimenticato patron della società jesina di A2 Sandrino Casoni (stagione 1983-84).  “Velasco per il primo mese rimase a casa nostra, dove mangiava e dormiva, innamorandosi della cucina italiana, in particolar modo delle tagliatelle di mia suocera. Voleva con forza far arrivare in Italia anche quella che allora era sua moglie, Nora, e le sue figlie, Lucrezia e Veronica.

Quando arrivarono si trasferirono prima in una casa a Pianello, sopra una farmacia, poi in un appartamento a Jesi. A Jesi la sua vita era interamente dedicata alla pallavolo e alla palestra. Aveva vissuto forte esperienze personali in Argentina, in un periodo di dittatura.

Ma ora Julio viveva di quello e per quello, parlava di pallavolo e di giocatori, visionava numerose cassette, studiava e analizzava nel dettaglio gli allenamenti e gli avversari. Non credo facesse molta vita mondana all’infuori di questo. Ma rammento anche del suo personaggio che mi colpirono certe sue attenzioni ed eleganze nel comportamento e nell’atteggiamento, ad esempio nei confronti della moglie. E rimembro ancora una vacanza ad Ortisei, delle nostre due famiglie insieme, nella stagione estiva 1984”.

Un club blasonato all’epoca, quello jesino, che sarebbe potuto diventare la Lube Civitanova dei giorni d’oggi. Nella stagione 1983-84, infatti, con l’arrivo di Julio Velasco, a Jesi (An) stava nascendo davvero qualcosa di straordinario. Ce lo ha confessato Beppe Cormio, attuale DG Lube Civitanova ex campione del mondo e scopritore con Sandrino Casoni, allora Presidente jesino, di Velasco.

In questa stagione il collettivo di Julio Velasco, da matricola assoluta nel secondo campionato nazionale, si piazzò al secondo posto in classifica dopo aver conquistato un lungo primato di imbattibilità durante la prima fase della regular season.

Ma anche nei momenti più delicati di tale stagione Julio Velasco riuscì ad esprimere al meglio tutta la sua mentalità e motivazione, senza “prendere troppo sul serio” la probabilità e la matematica. “Nei momenti più difficili devo pensare alla strada da seguire per poter vincere, dunque non ho tempo di considerare la possibilità di perdere”. Nella stagione successiva (84/85), la seconda e ultima di Velasco a Jesi prima di passare a Modena, i leoncelli si classificarono quarti al termine di una stagione condotta a buoni ritmi.

Il primo anno italiano di Julio Velasco? Nel suo primo anno italiano, a Jesi nel 1983, Velasco guadagnava qualcosa come 500 euro al mese. “Velasco arrivò a Jesi dando l’impressione di essere uno che poteva fare molta carriera”, ci ha raccontato il manager jesino Beppe Cormio“Julio era un soggetto intelligente e caparbio, che è riuscito negli anni a fare la storia dello sport mondiale.  

Un aneddoto particolare che possiamo segnalare è che nella stagione  1983-84 uno ‘spaesato’  Julio Velasco riuscì a demolire un’auto societaria, nella zona di Fabriano, mentre si stava recando a Roma da un suo conoscente.  La guida non era certamente il suo forte”.

La trasferta del 15 ottobre 1983 a Catania, terra molto difficile allora, segnò il debutto ufficiale di Julio Velasco nella panchina del Tre Valli, nel campionato di A2. Martedì 4 ottobre 1983, alle ore 18, l’amministrazione comunale ricevette le squadre di pallavolo Tre Valli Volley e Vasas Budapest. Alle ore 21 dello stesso giorno le due squadre disputarono alla Carbonari un’interessante amichevole vinta per 3 a 2 da Velasco.

velasco jesi

Velasco a Catania 1983

Di certo a portare buoni frutti dal punto di vista fisico e tecnico c’erano l’attrezzata palestra Body Line, in cui coach Velasco portava i suoi tre volte alla settimana stravolgendo le attività di routine, e il caloroso parquet della Palestra Carbonari. “Sono venuto qui, a Jesi, per fare grandi cose“, affermò Julio Velasco nelle prime interviste rilasciate a Jesi, che ancora oggi custodiamo gelosamente. “Per questo motivo sto lavorando sulla testa dei ragazzi, svolgendo una preparazione fisica molto impegnativa“.

Credo che per il debutto in campionato del 15 ottobre a Catania saremo in perfetta forma. L’unica incognita potrà nascere dall’inesperienza di alcuni giovani, ma in linea di massima sono fiducioso anche per i più piccoli, che saranno chiamati a rispondere al meglio alle mie sollecitazioni”.

Coach Velasco aveva rivoluzionato in lungo e in largo i metodi di allenamento – valutando parametri del tutto innovativi come passi e movimenti “stile tango argentino”. Il tutto andando oltre la solita razione di esercizi ginnici alternati al lavoro con la palla per il perfezionamento della tecnica individuale.

“Spettatore costante e motivatore aggiunto – si legge in un estratto del libro Happy Hour da Fuoriclasse al Bartocci scritto nel 2021 dal giornalista Daniele Bartocci – delle varie sessioni di allenamento lo staff dirigenziale del Volley Jesi, non soltanto Beppe Cormio. “Anche l’indimenticabile patron Sandrino Casoni, bensì il ragionier Conti, Cesare Guidi e l’intero staff tecnico”. Tutti avevano creduto fortemente sulle doti umani e intellettuali di Julio Velasco, portandolo a Jesi dall’Argentina. 

L’attesa e la trepidazione crescevano giorno dopo giorno: era sempre più vicino l’esordio da matricola nel campionato di serie A2 (il secondo campionato nazionale) in programma il 15 ottobre 1983 a Catania contro una squadra molto attrezzata a livello di organico. E non per caso scudettata. I siciliani infatti si fregiarono del titolo di Campione d’Italia al termine della stagione sportiva 1977-78.

daniele bartocci giornalista
Julio Velasco contro l’amico Beppe Cormio in un Lube Civitanova-Modena di qualche anno fa

Julio Velasco alla ribalta: l’ultimo allenamento prima del debutto italiano

Coach Julio Velasco aveva insistito sugli schemi offensivi con i sei uomini scelti come titolari ovvero Giannini, Kantor, Esposto, Petrelli, Wagenpfeil e Fanesi, lavorando sulla concentrazione e sulla forza mentale dei singoli. Il piano di Prof. Julio Velasco, implementato alla vigilia della trasferta siciliana, si rivelò vincente e caratterizzato da un pragmatismo strategico. La Tre Valli ottenne una vittoria in uno dei campi più ostici del campionato al termine di 3 parziali. 10-15, 7-15 e 11-15.

Una grande vittoria fatta di passione, concentrazione e grande determinazione, in attesa dell’esordio tra le mura amiche di Julio Velasco il sabato successivo contro l’Accademia Roma”. Le rassegne stampa d’epoca a nostra disposizione elogiarono la prova tattica dei ragazzi di Velasco e la maturità mostrata dal tecnico al suo debutto nel nostro paese. Una nota di colore meritevole di essere segnalata è che la società catanese non mise a disposizione degli jesini né il palas né altra struttura sportiva per far disputare l’allenamento mattutino di rifinitura come richiesto da Velasco, coadiuvato dal vice-coach Alberto Santoni.

SOTTO IL SOLE DEI GIARDINI DI CATANIA: UNA SOSTA INDIMENTICABILE

Il tecnico argentino portò a tal punto il suo collettivo ai giardini di Catania, considerata la splendida giornata di sole. Lì venne effettuata una normale seduta atletica. Ciò a dimostrazione della professionalità e della serietà con cui Velasco svolgeva il suo lavoro. Anche in occasione della gara di San Giuseppe Vesuviano, la squadra jesina (che dormiva a Caserta) non ricevette strutture sportive adeguate per poter effettuare l’allenamento.

Cosa si inventò in questo caso Julio Velasco? Dopo la colazione del mattino, il tecnico argentino portò ad allenare la sua squadra all’interno della sala da pranzo dell’albergo. Giocatori e staff furono chiamati a spostare in fretta i tavoli della sala. Fu una seduta di allenamento faticosa ma soprattutto alternativa e all’insegna del “superamento degli ostacoli”. 

Focalizziamoci ora su un particolare aneddoto, a nostro avviso molto piacevole e interessante. Durante il “magico” weekend catanese, nel pre-partita del sabato, Julio Velasco intorno a mezzanotte ‘’obbligò’’ alcuni suoi collaboratori ad andare a fare un giro per la città di Catania. Una città in cui, in prossimità del  palazzetto, era appeso uno striscione (almeno così ci viene riportato) con la scritta “Abbasso gli italiani”.

Più che di leadership, in questo caso, si sarebbe tranquillamente potuto parlare di capacità da Influencer, figura-professione molto in voga nei giorni d’oggi, sorta all’interno dei nuovi modelli di comunicazione online.

Il direttore dell’hotel, posto in Via Etnea (nel centro della città), in cui alloggiava la squadra jesina, disse loro che uscire dopo cena, soprattutto a quell’ora e in una città complicata come Catania, era pericolosissimo. Velasco si fidò delle proprie idee e spronò alcuni collaboratori ad andare. Ciò sostenendo che loro avrebbero potuto visitare la città catanese altre mille volte mentre per lui quella era la prima e magari l’ultima volta.

Io voglio uscire a mezzanotte, magari l’anno prossimo tornerò in Argentina e non vedrò mai più città italiane come Catania. Vi dico che possiamo andare. Andiamo!”, ribadì Velasco durante il pre-partita ad alcuni membri dell’équipe jesina. Abbiamo voluto citare questo particolare “siparietto” dell’annata 1983. A nostro avviso risulta molto utile enfatizzare la convinzione e determinazione di Julio Velasco nell’effettuazione delle scelte, nell’affrontare una situazione delicata.

Ma anche nel superare le difficoltà, la sua volontà nell’eseguire il compito e capacità di influenzare positivamente il proprio team, di unire gli intenti senza alcun tipo di rimpianto e con la necessaria dote di ferocia, motivazione e leadership.

Sono soltanto alcuni aspetti della vita umana sapientemente trapiantati da Prof. Julio Velasco all’interno del quadro di pianificazione strategico-sportiva. Ciò ai fini di un incremento delle performance individuali e globali, quindi a livello di rendimento definitivo degli individui nelle loro complessità. Un campione emigrato dall’Argentina e che è riuscito a fare cose incredibile. Velasco, o meglio il primo Julio Velasco di Jesi, viene raccontato nel libro di Daniele Bartocci (giornalista) Chapeau Julio!

velasco falconara

Giornalista marchigiano classe 1989, in oltre 17 anni di giornalismo si occupa di argomenti quali cronaca e sport. Laureato in Economia e Commercio (110 e lode), ha lavorato come telecronista, radiocronista e inviato, rivestendo l’incarico di responsabile ufficio stampa (Jesina Calcio) e collaborando con magazine, settimanali, quotidiani cartacei (Corriere Adriatico) e online. Eletto Professionista dell’anno 2021 Giornalismo Sport & Food a novembre 2021 presso Hotel Principe Savoia Milano, in occasione del prestigioso premio Le Fonti Awards. Ha partecipato negli anni a eventi sportivi come Gran Galà Calcio Serie A Milano, Gran Galà Calcio Serie B, Sport Digital Marketing Festival e Olimpiadi del Cuore di Forte dei Marmi. Nel suo cv un Master Sport – Digital Marketing & Communication del Sole 24 Ore. A marzo 2022 è stato eletto Professionista dell’Anno Comunicazione e Giornalismo Settoriale a Piazza Affari – Borsa Italiana Milano in occasione di Innovation&Leadership Awards. Risulta tra i vincitori del premio ‘Overtime Web Festival 2018’ (miglior articolo sport individuali), si conferma nel 2019 e ottiene il premio giornalistico nazionale Mimmo Ferrara 2019 (menzione speciale all’Odg - Napoli). E’ tra i vincitori del concorso letterario Racconti Sportivi 2019 (Centro Sportivo Italiano – Historica) la cui cerimonia di premiazione si è svolta in occasione della settimana del Salone del Libro di Torino 2019 e al Teatro Arena di Bologna. Si ripete nell’edizione 2020 di Racconti Sportivi. È stato premiato a Maggio 2019 come miglior giornalista under 30 ‘Premio Renato Cesarini 2019’. Nominato tra i migliori 30 millennials d’Italia 2019, vincitore del prestigioso Myllennium Award all’Accademia di Francia a Roma in ambito comunicazione sportiva. A settembre 2019 riceve la menzione d’onore al Premio Letterario Città di Ascoli Piceno. Ha all’attivo interventi e docenze in giornalismo e comunicazione in università e master (Roma, Bologna, Ancona, Macerata). A luglio 2020 viene premiato dal Ministro Sport Vincenzo Spadafora al Myllennium Award 2020 (Accademia di Francia – Villa Medici), alla presenza del Presidente Coni Giovanni Malagò, e ottiene il premio speciale di migliore giornalista giovane al Premio Cesarini ad agosto 2020. A Torino vince sempre nel 2020 il Premio Giovanni Arpino - Inedito dedicato alla letteratura sportiva. Vincitore del titolo di miglior blogger sportivo 2020 (Blog dell’Anno 2020) e del premio di giornalismo sportivo Simona Cigana 2020 (Friuli Venezia Giulia). Vince il Premio Giornalismo Internazionale Campania Terra Felix 2021 (sezione web), anche la menzione speciale al Premio Internazionale Città di Sarzana e al Premio Santucce Storm Festival sempre in ambito storytelling sportivo. Premiato al festival Nazionale del Giornalismo e Racconto Sportivo 2023 e al premio giornalismo internazionale Campania Terra Felix 2023. Autore del libro Happy Hour da fuoriclasse al Bartocci. E’ giornalista Giudice del programma King of Pizza 2022 (Sky Canale Italia - talent-show cucina gourmet). Il suo blog principale è www.danielebartocci.com Ha vinto anche il Premio Pizza d'oro 2022 (giornalismo - evento World Masterchef Milano Marittima) e il premio miglior giornalista giovane 2023 (Teatro dell'Aquila - Fermo - Premio R.Cesarini 2023). Eletto blogger dell'anno 2022 (Blog dell'Anno). Ha ricevuto il riconoscimento (food storytelling) a Excellence Food Innovation (Stadio Olimpico Roma - Cucina della Nonna), confermato tra i migliori professionisti horeca anche per il 2023 (BarAwards 2023). Vincitore del premio 100 Eccellenze Italiane alla Camera dei Deputati (food) e Food and Travel Awards 2022. Eletto miglior giornalista sportivo giovane in occasione del Premio Andrea Fortunato 2024 al Salone d'Onore del Coni; vincitore del Premio Sportivo Internazionale Pietro Mennea 2024 e premio comunicazione d'eccellenza 'Parola d'Oro in Campidoglio' nel 2025.

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Il vero impatto delle sponsorizzazioni nel mondo del pallone

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Il calcio. Non è semplicemente uno sport, è un linguaggio universale, un fenomeno di massa che catalizza passioni, unisce comunità e muove economie.

Serie A
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In questo universo pulsante, dove ogni partita è una narrazione e ogni gol un’emozione collettiva, esiste un elemento tanto discreto quanto fondamentale, una vera e propria linfa vitale che alimenta il sistema dalle fondamenta fino ai vertici più scintillanti: la sponsorizzazione.

Lungi dall’essere un mero accessorio commerciale, le partnership tra aziende e entità calcistiche rappresentano un pilastro imprescindibile, un motore poliedrico che genera valore economico, amplifica la visibilità e, non da ultimo, plasma l’impatto sociale dello sport più amato al mondo.

Cos’è la sponsorizzazione nel calcio: un patto strategico

Alla base, la sponsorizzazione sportiva, applicata al mondo del pallone, è un connubio commerciale ben definito: un’azienda, lo sponsor, decide di fornire un supporto, che può essere finanziario o sotto forma di beni e servizi, a un’entità calcistica – sia essa una squadra, un evento specifico come un torneo, o persino un singolo atleta di spicco.

In cambio di questo investimento, lo sponsor ottiene una contropartita cruciale: visibilità e l’associazione del proprio marchio ai valori, alle emozioni e al vasto pubblico che il calcio è capace di mobilitare. Non si tratta di semplice pubblicità, ma di un’intesa strategica che mira a creare un legame più profondo e duraturo.

I meccanismi attraverso cui questa visibilità si concretizza sono sotto gli occhi di tutti: il logo dello sponsor che campeggia sulle maglie da gioco, diventando quasi parte dell’identità visiva della squadra; i banner pubblicitari che colorano i bordi del campo e gli spalti degli stadi; l’inclusione del marchio nei materiali promozionali, dai manifesti ai contenuti digitali; la pubblicità diffusa durante la trasmissione degli eventi sportivi. Ogni spazio diventa una potenziale vetrina, ogni partita un’occasione per rafforzare la notorietà del brand sponsor.

Oltre il business: l’impatto sociale nel mondo del pallone e le sfide della responsabilità

Se il valore economico è evidente, non si può trascurare la profonda dimensione sociale che le sponsorizzazioni nel calcio portano con sé. Le aziende che scelgono di investire in questo sport, specialmente a livello giovanile e dilettantistico, non stanno solo facendo marketing, ma contribuiscono attivamente al benessere della collettività. Innanzitutto, diventano veicoli per promuovere uno stile di vita sano e attivo, associando il proprio nome ai benefici intrinseci della pratica sportiva, un messaggio potente in un’epoca che combatte sedentarietà e problemi correlati.

Inoltre, queste collaborazioni sono fondamentali per sostenere le comunità locali. Finanziare una squadra giovanile significa offrire opportunità di crescita, aggregazione e sviluppo di talenti nel proprio territorio. Questo tipo di impegno migliora sensibilmente la reputazione aziendale, creando un legame autentico e profondo con il pubblico, che percepisce lo sponsor non solo come un’entità commerciale, ma come un partner attivo nel tessuto sociale.

Il calcio sponsorizzato diventa così un potente catalizzatore di coesione: gli eventi sportivi diventano momenti di aggregazione, veicolando valori universali come il fair play, l’inclusività e il rispetto reciproco.

Tuttavia, proprio per la pervasività e l’influenza del calcio, emerge con forza il tema della responsabilità sociale nelle partnership. Un focus particolare meritano, ad esempio, le collaborazioni con settori dal forte impatto economico, come quelli del gioco e del betting, che hanno avuto una presenza significativa nel calcio.

Se da un lato il valore commerciale di tali accordi è innegabile per la sostenibilità finanziaria di molti club, dall’altro emergono rischi indiretti che non possono essere ignorati, legati a fenomeni delicati come la ludopatia. Qui, la partnership, se gestita con oculatezza e consapevolezza, può ribaltarsi in un’opportunità preziosa. Anziché essere un problema, può diventare un veicolo efficace per sensibilizzare il vasto pubblico del calcio al gioco sicuro e responsabile.

Promuovere messaggi di moderazione, consapevolezza dei rischi e rispetto delle regole, magari in linea con le normative vigenti e sotto l’egida di enti regolatori come l’ADM (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), che vigila sulla corretta comunicazione nel settore e sulla tutela dei consumatori, trasforma una potenziale criticità in un’azione di valore sociale aggiunto.

I vantaggi tangibili: motore economico e cassa di risonanza mediatica

Accanto all’impatto sociale, i benefici più immediatamente percepibili delle sponsorizzazioni riguardano la sfera economica e mediatica. Per le entità calcistiche – club, leghe, eventi – l’apporto finanziario derivante dalle sponsorizzazioni è spesso carburante essenziale. Questi fondi permettono di coprire una vasta gamma di costi: dalle spese operative quotidiane all’acquisto di attrezzature all’avanguardia, dal miglioramento delle infrastrutture sportive all’organizzazione stessa degli eventi agonistici.

Senza questo flusso economico, molte realtà, soprattutto quelle minori, faticherebbero a sopravvivere e a svilupparsi. Parallelamente, la partnership con uno sponsor noto incrementa la visibilità dell’entità sponsorizzata, aiutandola ad attrarre nuovi tifosi, membri e spettatori.

Dal lato delle aziende sponsor, i vantaggi sono altrettanto significativi. Il calcio offre una visibilità esponenziale, una platea immensa e trasversale difficilmente raggiungibile con altri mezzi. Associare il proprio marchio alla passione, all’impegno, alla dinamicità e ai valori positivi generalmente connessi allo sport (salute, benessere, spirito di squadra) rappresenta un potente strumento di marketing. Inoltre, non va sottovalutato l’aspetto dei benefici fiscali.

In Italia, ad esempio, come evidenziato per le ASD, le spese sostenute per le sponsorizzazioni sportive possono godere di regimi fiscali vantaggiosi, come la deducibilità totale in certi contesti, rendendo l’investimento ancora più appetibile dal punto di vista finanziario.

Strategie efficaci: costruire partnership vincenti nel calcio

Affinché una sponsorizzazione nel calcio sia realmente proficua per entrambe le parti, non basta siglare un accordo. È necessaria una pianificazione strategica oculata. Un elemento cruciale è la scelta di partner che siano realmente allineati ai valori, all’immagine e agli obiettivi dell’entità calcistica. Una partnership “stonata” rischia di essere inefficace o addirittura controproducente. L’autenticità della connessione tra sponsor e sponsee è fondamentale per creare un legame credibile con il pubblico.

In secondo luogo, la sponsorizzazione non dovrebbe vivere isolata, ma essere integrata in un approccio di marketing olistico. Ciò significa combinarla sapientemente con altre iniziative: campagne mirate sui social media per amplificare il messaggio, eventi promozionali collaterali, attivazioni coinvolgenti durante le partite o negli spazi antistanti lo stadio (come stand interattivi, concorsi a premio, distribuzione di gadget). L’obiettivo è creare esperienze memorabili che rafforzino il legame emotivo tra lo sponsor, il club (o l’evento) e la sua tifoseria, trasformando la semplice visibilità in un’interazione significativa.

In definitiva, le sponsorizzazioni nel calcio trascendono la semplice transazione economica. Rappresentano un ingranaggio complesso e multifunzionale, un pilastro strategico che sorregge l’intero ecosistema calcistico. Offrono benefici tangibili in termini economici e di visibilità, ma il loro valore si estende profondamente nella sfera sociale, promuovendo benessere, sostenendo comunità e veicolando valori positivi, pur richiedendo un’attenzione crescente alla responsabilità.

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Ancelotti-Brasile, il grande gelo: il Real Madrid frena sull’accordo!

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Real Madrid ancelotti

Sembrava tutto pronto per il debutto di Carlo Ancelotti sulla panchina del Brasile, ma il club di Florentino Perez alza il muro. Tensioni per il viaggio a Londra, e Jorge Jesus torna in corsa.

Serie A
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Un vero e proprio fulmine a ciel sereno ha colpito e modificato i piani della Seleção. Carlo Ancelotti, da diversi giorni designato come il futuro commissario tecnico del Brasile, potrebbe non sedersi sulla panchina verdeoro a partire da giugno, come previsto. Secondo quanto riportato da Relevo, il Real Madrid avrebbe posto un freno deciso alla transizione, irritato da alcune mosse della federazione brasiliana e dallo stesso tecnico italiano.

Il nodo centrale sarebbe la tempistica. Il club madrileno non intende infatti lasciar partire Ancelotti prima della conclusione del Mondiale per Club, in programma a giugno negli Stati Uniti. Il torneo, a cui il Real tiene particolarmente, rappresenta un obiettivo stagionale, e la presenza di Ancelotti è ritenuta imprescindibile. Da qui il no, secco e deciso, a un addio anticipato.

A peggiorare i rapporti, c’è stato anche un episodio che ha generato malumori nelle alte sfere del club spagnolo, secondo cui, nella giornata di oggi, Ancelotti si sarebbe recato a Londra insieme a un emissario della CBF (la confederazione calcistica brasiliana), probabilmente per limare gli ultimi dettagli contrattuali. Un gesto che al Real Madrid è stato percepito come una mancanza di rispetto, dato che il tecnico è ancora formalmente sotto contratto fino a giugno 2026.

Ancelotti

La posizione del Brasile su Ancelotti

La posizione del Brasile è chiara: la federazione non intende versare alcuna penale per liberare Ancelotti. Nonostante la stima nei confronti del tecnico di Reggiolo, il tempo stringe e il debutto ufficiale nelle qualificazioni sudamericane ai Mondiali 2026 è fissato per il 6 giugno contro l’Ecuador. Serve una guida certa, subito.

Per questo motivo, torna d’attualità una pista che sembrava raffreddatasi nelle ultime settimane, ovvero quella che porta a Jorge Jesus. L’attuale allenatore dell’Al-Hilal, con una vasta esperienza in Sud America dopo l’avventura vincente al Flamengo, è considerato il piano B più solido. Il portoghese è apprezzato per la conoscenza del calcio brasiliano e la sua capacità di gestire gruppi di alto profilo.

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Notizie

Real Madrid, Rüdiger: “Dopo 7 mesi di dolore, ho dovuto operarmi al menisco. Ora sono finalmente senza dolore”

Pubblicato

il

Rudiger, Real Madrid

Toni Rüdiger si sottopone a un intervento chirurgico al menisco dopo mesi di sofferenza, pronto a tornare in campo senza dolore.

Toni Rüdiger ha recentemente rivelato di essersi sottoposto a un intervento chirurgico al menisco. Dopo aver giocato per oltre sette mesi con un dolore intenso, il calciatore ha deciso di affrontare l’operazione per risolvere definitivamente il problema. Ora, finalmente libero dal dolore, Rüdiger è determinato a tornare in campo il prima possibile. L’obiettivo è prepararsi per i prossimi importanti tornei internazionali.

Un futuro senza dolore per Rüdiger

Con l’intervento riuscito e il recupero avviato, Rüdiger guarda al futuro con ottimismo. La sua assenza si è fatta sentire, ma il suo ritorno potrebbe rappresentare un grande vantaggio per il Real Madrid e la nazionale tedesca. L’atleta è impaziente di dimostrare nuovamente il suo valore e contribuire in modo significativo alle vittorie della sua squadra.

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Fonte: l’account X di Fabrizio Romano

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