Oggi Federico Gatti ha 25 anni ed è titolare nella difesa della Juventus. E ha pure segnato a Monza e Napoli due goal decisivi.
Sull’accostamento di ‘Emblema di una Juve operaia‘ spiega:
“Mio figlio emblema di una Juventus operaia? Sì, mi piace l’accostamento.
Questa è una squadra che sta cercando di ripartire dopo anni in cui non ha vinto.
Amo pensare ai giocatori che si stanno prendendo la scena: McKennie che si sta riscattando, Rabiot che fino a due anni fa veniva osteggiato da tutti e infine Bremer, che al secondo anno in bianconero sta facendo un campionato incredibile.
Quest’anno la Juventus è un blocco unico: club, staff tecnico e giocatori sono una cosa sola.
Questo si vede in campo: Allegri ha fatto un lavoro enorme“.
E ‘lancia’ un aneddoto prima del suo passaggio alla Vecchia Signora:
“In estate lo volevano un paio di club inglesi: io ho sempre pensato che quello della Premier League fosse un calcio adatto a lui. Ma mio figlio la vede diversamente: ha sempre e solo voluto la Juventus.
Ha fatto benissimo, non ha mai gradito i trasferimenti contro la sua volontà, come quando il Toro a 14 anni lo diede all’Alessandria e poi quando ‘I Grigi’ non lo hanno ritenuto all’altezza.
Ho visto Camarda debuttare a 15 anni in Serie A: mio figlio alla sua età non era proprio maturo.
Era nato da attaccante, poi le tappe del suo percorso lo hanno fatto arretrare.
Ha sempre avuto, però, una voglia fuori dal comune di arrivare in alto, anche quando giocava in Promozione: ha pensato pure di trasferirsi negli Stati Uniti o a Malta pur di ricominciare da zero.
Pur di vivere di calcio”.
Chiude parlando del rinnovo contrattuale:
“Il direttore Giuntoli, al momento della firma del rinnovo (2028): ha detto delle frasi che non dimenticherò mai e che mi hanno lasciato di stucco.
Davanti a lui sembravo un ebete. In quel momento ho capito il senso del percorso di Federico“.