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Milan: il problema non è l’allenatore, ma la testa
Il Milan visto ieri ricorda in tutto quello di Gattuso. Ingresso in campo con la giusta cattiveria ed una voglia di risultato palpabile, nonostante davanti ci fosse una squadra modesta, non certo la Juventus, tanto per intenderci. Giusto pensare ad un approccio della partita decisamente all’attacco, cosa che peraltro è stato fino al fischio finale del primo tempo. Il Milan è stato bello da vedere, cosa che da inizio stagione si era vista ben poco, ha sempre dato l’impressione di poter fare male da un momento all’altro anche grazie alle splendide giocate di Calhanoglu, un giocatore assolutamente ritrovato. Lecito pensare ad unapartita assolutamente gestibile e la vittoria è apparsa come il risultato più giusto. Poi il blackout, proprio come accadeva lo scorso anno. Nel secondo tempo è sopraggiunta la stanchezza, i giocatori hanno cominciato a trotterellare ed ecco l’inevitabile braccino che ancora una volta si mette di mezzo permettendo al Lecce di guadagnare campo e di rimontare per ben due volte i rossoneri la cui colpa è stata quella di non sapere chiudere la partita.
Cosa si può rimproverare a Pioli? Probabilmente nulla. E’ entrato in un club dalle ossa frantumate, conseguenza dei soli 9 punti in sette partite e lo ha fatto in punta di piedi, per non minare ulteriormente l’ambiente che ha bisogno di serenità. E’ stato molto bravo il tecnico a sapere dosare perfettamente bastone e carota, poco del primo e tanto del secondo, con colloqui individuali con quasi tutti i giocatori e schemi precisi, di facile apprendimento dove al loro interno lasciava ampio margine di manovra ai giocatori stessi che con Giampaolo subìvano il modulo senza poterne uscire fuori. Probabilmente il tecnico abruzzese avrebbe avuto bisogno di più tempo, ma il calcio attuale non lo concede, da una parte accoglie un tecnico dalle idee complicate da mettere in campo e dall’altro pretende alla prima partita la vittoria. Pioli è diverso, adatta gli schemi ai giocatori ed il risultato si è visto ieri in campo.
Ovvio che da lavorare ci sia ancora moltissimo, soprattutto sulla testa dei giocatori. La dimostrazione è stata evidente su Calhanoglu. Il turco da inizio stagione è stato oggetto di contestazioni anche pesanti da parte della tifoseria, Pioli ha deciso di puntare comunque su di lui avanzandolo in una posizione probabilmente più congeniale ed offrendogli una certa libertà di manovra ed i risultati sono lì da vedere. Un giocatore completamente ritrovato, un fenomeno in certi tratti, cinque tiri in porta, un palo, un gol di pregevole fattura ed un assist a Piatek per il momentaneo 2-1. Stessa cosa per Paquetà, il brasiliano ingabbiato dentro gli schemi di Giampaolo che non prevedevano brasilianità alcuna, ieri ha fatto vedere cose eccelse nel primo tempo, numeri da fantasista puro che oltre a fare divertire gli immusoniti tifosi milanisti hanno chiaramente fatto capire di quale pasta sia il ragazzo, puntare su di lui è un obbligo, cercare di tenerlo nel mercato invernale anche. Servono certezze, la squadra è giovane e deve sapere su quale rotta andare e glielo si deve spiegare nel modo più semplice che ci sia, fortunatamente lo spogliatoio pare coeso e la voglia di riemergere è chiara ed evidente. Il Milan dovrà diventare una squadra cattiva, al momento è un agnellino capace di mostrare il carattere fino a che in campo trovano un avversario remissivo, in caso contrario rischiano di essere sbranati anche dall’ultima in clasifica. Una volta acquistata la giusta cattiveria sarà sicuramente una squadra che saprà dire la sua, il primo tempo di ieri ne da’ dimostrazione, le basi su cui ripartire ci sono tutte, bisognerà lavorarci maniacalmente giorno dopo giorno, se poi il mercato invernale riuscisse a portare un innesto di grande esperienza capace di dire la sua dentro e soprattutto fuori dal campo, si potrebbe veramente assistere ad una squadra finalmente protagonista in Italia e dalle potenzialità enormi.
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Sneijder: “De Vrij è un diamante. Taremi? io il talento lo riconosco”
L’ex Inter Wesley Sneijder ha parlato della squadra nerazzurra e si è soffermato sugli olandesi e non solo: ” De Vrij è un diamante, Dumfries una certezza”.
Uno dei tanti protagonisti dell’Inter del triplete è tornato a parlare della squadra nerazzurra. Si tratta di Wesley Sneijder che ancora oggi segue da vicino e con grande passione la sua amata Inter. L’olandese ha sempre un occhio di riguardo per i suoi connazionali che si trovano in rosa ed ha speso anche per loro delle belle parole di stima e fiducia.
Sneijder sugli olandesi dell’Inter
Inizialmente, Sneijder ha voluto elogiare i due ragazzi olandesi che attualmente indossano sia la maglia nerazzurra e quella arancione della Nazionale, ovvero De Vrij e Dumfries: “De Vrij è un diamante e va conservato. È tornato ai suoi livelli, non fa mai polemica, è intelligente.
Suona pure il piano! Peccato non ci sia più io, altrimenti poteva nascere un bel duetto: io sono bravo a cantare… Sono contento del rinnovo di Dumfries, una certezza per l’Inter . È il classico giocatore che fa meglio quando sulla sua fascia arriva un avversario forte. Questo significa personalità oltreché qualità”.
Il digiuno di Lautaro e lo scarso impiego di Taremi
Successivamente, è entrato più nel dettaglio nel tema Inter, parlando del momento negativo di Lautaro e del non ottimo impatto di Taremi, con il quale aveva giocato assieme nella sua esperienza in Qatar: “Otto partite senza gol di Lautaro? E poi ha segnato, che strano… Non c’è mai stato nessun problema, mai ci sarà.
Anche perché la squadra ha sempre realizzato tanti gol e c’è anche Thuram cha fa il suo gran lavoro. La qualità dell’attacco è rimasta uguale grazie anche a quanto fatica senza palla Lautaro. È il volto dell’Inter, un capitano vero”.
Le sue parole su Taremi: “Credetemi, ho occhio, io il talento lo riconosco, soprattutto lo vedo da vicino… È bastato un anno nella sua stessa squadra per capire quanto sia forte. Ma conosco anche l’Italia e so che serve tempo per capire la cultura calcistica di una nazione come la vostra. E poi la lingua, le abitudini… Non è facile, soprattutto per chi non è europeo. Nella seconda parte della stagione Taremi sarà utile, anche perché bisogna alternare, soprattutto in attacco”.
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Lutto nel mondo del calcio. Ci ha lasciato Aldo Agroppi
L’ex calciatore di Torino, Genoa e Perugia ci ha lasciati all’età di 80 anni. Agroppi era ricoverato da alcuni giorni a Piombino.
Il centrocampista, con diverse esperienza sia da giocatore che da allenatore, era stato ricoverato qualche giorno fa a Piombino, città in cui era nato.
Il decesso
Dopo aver calcato i campi di calcio, prima da giocatore e poi da allenatore, negli ultimi anni Agroppi era diventato commentatore Rai. Il suo decesso è avvenuto oggi a causa di una polmonite bilaterale, che lo aveva costretto al ricovero. La sua salma sarà portata alla sala del commiato della Pubblica assistenza di Piombino.
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Accadde oggi: ricordando le vittime dell’Ibrox
Accadde oggi: 2 gennaio 1971. Nello storico derby Rangers-Celtic furono 66 le vittime di un tragico incidente all’uscita dello stadio.
ll derby di campionato tra Rangers e Celtic del due gennaio è un appuntamento fisso del calendario scozzese, da più di un secolo.
Anche oggi, alle 16.00 ora italiana scenderanno in campo per l’incontro numero 444 e valido per la giornata 21 della Scottish Premiereship.
Ma nella storia è tristemente famosa la sfida di 53 anni fa.
Il fatto: cosa accadde il 2 gennaio 1971
Quel giorno erano presenti 80.000 persone all’Ibrox Stadium per seguire la tradizionale sfida tra le due formazioni.
La partita rimase a reti inviolate fino quasi alla fine del secondo tempo.
Invece all’89º minuto il Celtic passò in vantaggio e molti tifosi del Rangers decisero di abbandonare lo stadio.
Ma poi accadde un colpo di scena: dopo pochi minuti Colin Stein segnò il gol del pareggio.
Da lì una coincidenza fatale di eventi e tesi contrastanti. C’è chi sostiene che la calca sulla fatidica stairway 13 sia aumentata perché alcuni spettatori cercavano di andare via mentre altri invece volevano tornare sugli spalti per festeggiare il gol.
Le indagini svolte smentirono questa versione: piuttosto sembra che la caduta di un bambino portato sulle spalle dal padre abbia causato una tragica reazione a catena. Si concluse quindi che i corpi caddero gli uni sugli altri, schiacciandosi a vicenda.
Tutte le vittime avevano meno di cinquant’anni: cinque tredicenni, altri ventisei adolescenti, sedici tra i venti e i ventinove anni e un bambino di nove anni.
I giocatori lasciarono il campo all’oscuro di tutto.
Persero la vita 66 persone, e 200 rimasero ferite.
La maggior parte dei decessi fu causata dall’asfissia.
I precedenti
Il 5 aprile 1902 durante Scozia-Inghilterra la Western Tribune Stand cedette a causa dell’usura provocata anche dalle intemperie dei giorni precedenti.
25 morti e 300 feriti.
Il 16 settembre del 1961 sempre una calca in prossimità della scalinata 13 provocò la morte di due persone e alcuni feriti.
L’inchiesta e la ristrutturazione
Vennero incolpati i Rangers, proprietari dello stadio.
Il dolo si riferiva soprattutto alla negligenza riguardo la sicurezza dell’impianto, aggravata anche dai precedenti casi.
Alla luce di ciò Willie Waddell, manager dei Rangers decise di intraprendere un’ambiziosa opera di ristrutturazione dello stadio.
Si ispirò agli stadi tedeschi, in particolare il Westfalenstadion di Dortmund.
Statistiche e cosa accadde nell’ultimo match
Ad oggi il Celtic conduce 170 a 169 sui Rangers mentre i pareggi sono 104.
Nell’ultimissimo disputato in finale di Coppa di Lega, il risultato è stato di 3-3 dopo i tempi supplementari.
Alla fine con il Celtics la spuntò ai calci di rigore.
Sue anche le vittorie nei derby giocati tra maggio e settembre.
In tutte le occasioni, e sarà così anche in quello di oggi, vengono sempre ricordati i 66 “absent friends”.
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