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Not a Game | Zlatan Ibrahimovic: sotto la corazza

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Quello di Zlatan Ibrahimovic è un nome ormai da decenni accostato agli ambienti più lussuosi del calcio mondiale. Per anni considerato come il terzo tenore del panorama europeo alle spalle di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, lo svedese continua ancora oggi ad affermarsi come un fuoriclasse dalle rare capacità dentro e fuori dal campo. Ma per comprenderne appieno le sfaccettature è necessario tornare molto indietro nel tempo.

L’infanzia e un cognome difficile

Come facilmente intuibile, quello di Ibrahimovic non è un tipico cognome svedese. I suoi genitori, che lo misero al mondo il 3 ottobre 1981, sono infatti entrambi jugoslavi. E sebbene si stia parlando di quasi 40 anni fa, nemmeno all’epoca era semplice crescere come migranti di seconda generazione. Anzi, forse lo era ancora meno di oggi.

Zlatan spende infatti i suoi primi anni di vita a Rosengard, un quartiere di Malmo tipicamente abitato proprio da immigrati. La sua infanzia è caratterizzata così da un contorno malfamato, tra problemi familiari ed interventi di assistenti sociali. “Spesso tornavo a casa con una fame da lupo e, mentre aprivo il frigorifero, pregavo Dio che ci fosse qualcosa da mangiare” racconta nella sua biografia di una situazione che dopo il divorzio dei suoi non fece altro che peggiorare. Qui, però, inizia a formare quel lato spigoloso e sicuro di sé del suo carattere che tanto lontano lo avrebbe portato nel mondo del calcio.

A proposito del calcio, è proprio nella sua città natale che inizia a prendere contatto con il pallone. I campetti tra i palazzi di periferia sono subito il palcoscenico di un bambino che aveva un solo obiettivo in testa: diventare uno tra i migliori al mondo. A dieci anni è già nelle giovanili di una squadra locale, il Balkan, e gioca da sotto categoria con i ragazzi di dodici. Non solo ci gioca, li domina. Un aneddoto molto famoso ricorda infatti come in una partita i suoi fossero in svantaggio per 4-0, prima che il suo ingresso ne ribaltasse completamente le sorti con otto gol segnati. Portando addirittura gli avversari a dubitare della sua età, per scoprire mestamente che in effetti quel bambino non stava giocando nella categoria di appartenenza, ma non perché troppo grande, piuttosto perché ancora troppo piccolo. Nonostante i successi sui terrosi campi di Malmo, la vita del giovane Zlatan continua a passare per un quartiere difficile e una microcriminalità all’interno della quale si trova spesso coinvolto.

A tredici anni entra poi nelle giovanili della prima squadra della città, il Malmo FF, ma già sa che in Svezia non sarebbe rimasto per molto. Un paese che Ibra racconterà a lungo come poco aperto all’immigrazione e, nonostante i tanti successi, ancora poco aperto nei suoi confronti: “Non mi chiamo né Andersson né Svensson. Che cosa hanno fatto sempre i media svedesi nei miei confronti? Mi difendono o saltano su e mi attaccano? Mi attaccano, ancora, appena possono: perché non possono accettare in fondo che il miglior svedese si possa chiamare Ibrahimovic.”

La maturazione e i successi

In effetti, la Svezia la abbandona molto presto. Nel 2001 per l’esattezza, quando appena ventenne parte alla volta dell’Olanda, dove l’Ajax lo avrebbe lanciato nel calcio europeo.

Le tappe della sua carriera ormai ventennale sono poi ben note a tutti, ed elencarle potrebbe risultare quasi stucchevole. Zlatan alla fine ce l’ha fatta, è diventato campione praticamente con tutte le maglie che ha vestito. Salvo due grandi obiettivi mai raggiunti però: la Champions League e i successi con la propria nazionale.

Quello che durante la sua lunga carriera abbiamo imparato a conoscere è stato un uomo apparso dall’esterno sempre estremamente duro e alle volte scorbutico. Ciò che spesso però può sfuggire alla vista è lo sfondo all’interno del quale Zlatan si è trovato a dover crescere. Un bambino con il sogno del pallone nel cassetto costretto a diventare allo stesso tempo uomo fin troppo presto per non farsi inghiottire da una realtà che altrimenti lo avrebbe fatto ben volentieri. Realtà diventata così palestra di un carattere che si potrebbe quasi definire quello di un personaggio, forgiato dalle difficoltà e diventato icona di un calciatore che nell’attuale esperienza milanista sta dimostrando ancora una volta di poter essere un leader come pochi altri in giro per l’Europa calcistica.

Se è vero che la sua carriera non è stata priva di passaggi a vuoto, o di incomprensioni con compagni e allenatori proprio a causa di un’indole spesso di difficile convivenza e comprensione, è altrettanto vero che proprio questa gli ha permesso di continuare ad affermarsi e riaffermarsi come un campione oggettivamente senza tempo. Cresciuto con il mito di Ronaldo e diventato a sua volta mito di milioni di ragazzi che sognano o hanno sognato una numero 9 sulle spalle.

“Tutti conoscevano già Zlatan prima di questo festival e allora perché è venuto qui? E’ venuto perché gli piacciono le sfide, l’adrenalina e crescere: se non sfidi te stesso non puoi crescere.” ha raccontato la scorsa notte sul palcoscenico del Teatro Ariston  “Quando scendi in campo puoi vincere o puoi perdere, io ho giocato 945 partite e ne ho vinte tante, ma non tutte. Ho vinto 11 scudetti, ma ne ho anche perso qualcuno. Ho vinto tante Coppe, ma ne ho anche persa qualcuna. Sono Zlatan anche se non ho vinto tutte le partite.”

“Ognuno di voi può essere Zlatan e io sono tutti voi. Grazie Italia, la mia seconda casa”

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Le interviste

Orfeo Zanforlin: “Motta deve conquistare i tifosi” – VIDEO

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Orfeo Zanforlin

Intervista a Orfeo Zanforlin, allenatore ed opinionista televisivo, ora coordinatore del settore giovanile della S.C. Caronnese ai microfoni di Calciostyle.

 

Riportiamo le risposte di Orfeo Zanforlin alle nostre domande

Zanforlin

Orfeo, di Thiago Motta sei contento? Gioco nuovo, mentalità giovanile…

“Dobbiamo però pensare anche alle esperienze passate. Noi abbiamo già vissuto il cambiamento proprio il post Massimiliano Allegri. Tutti volevano un calcio spettacolare e siamo andati a cercare proprio dei profili congrui a questa richiesta, soprattutto da parte dei tifosi che volevano vedere… Non bastava più vincere i trofei, fare delle finali di Champions League o comunque giocartela sempre ad un certo livello. Non bastava più, siamo arrivati ad un punto che volevamo vincere ma anche giocare un bel calcio”.

“E da qui Sarri, Andrea Pirlo. C’è stata una svolta e se vogliamo non è che abbia portato benissimo al di là delle vittorie e dei risultati che comunque hanno ottenuto perché anche Andrea Pirlo nel suo piccolo qualcosa ha vinto, così come Sarri. Però sono risultati figli, come dire, di una squadra che disponeva di una macchina da guerra che faceva tanti goal, mi riferisco a Ronaldo. Era difficile anche capire il valore di questa squadra perchè avevamo un grandissimo giocatore, bastava mettere la palla lì davanti e ti risolveva tutti gli eventuali se vogliamo chiamarli o definirli problemi”.

“Quindi ha pagato bene ma relativamente, da momento che abbiamo perso Ronaldo sono cominciati i problemi, e lì si è visto! Adesso siamo di fronte ad un altro cambiamento, speriamo che questo invece porti bene, io sono contento che arrivi un altro allenatore e che arrivi soprattutto Thiago Motta per quello che ci ha fatto vedere, ma non solo quest’anno, Se facciamo un passo indietro ed analizziamo il suo, seppur breve, percorso in Serie A con Spezia… Insomma ha sempre fatto bene nelle difficoltà e mi sembra un allenatore preparato che produce un calcio interessante e moderno, molto aperto, basti pensare come utilizza Calafiori che parte difensore e durante la partita in situazioni dove lui si propone arriva addirittura a fare i goal! Ne abbiamo visti proprio un paio contro di noi”.

“Quello che deve fare innanzitutto non è tanto conquistare lo spogliatoio, secondo me ci riuscirà anche perché ci sono dei ragazzi, nel nostro spogliatoio, molto intelligenti che si renderanno disponibili, ma soprattutto deve conquistare i tifosi e cioè trasmettere entusiasmo, cosa che negli ultimi 3 anni è mancato! Questo entusiasmo che ha diviso la tifoseria. Oggi l’allenatore deve essere bravo a conquistare anche loro e lo deve fare soprattutto sul campo, non tanto col chiacchiericcio, con le conferenze stampa, ma proprio facendo divertire la Juventus che dobbiamo però considerare che non sarà facile. Non è che quando lui arriva ha la bacchetta magica e pronti via da un calcio si passa ad un altro, il suo pensiero lo dovrà trasmettere alla squadra proprio in situazioni di gioco!”

L’intervista completa ed integrale potete vederla e seguirla dal seguente link:

https://www.youtube.com/watch?v=aZGo9r0HCvg

 

 

 

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Competizioni

Paulo Dybala, niente Coppa America

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Paulo Dybala

Paulo Dybala escluso dai convocati dell’Argentina per la Coppa America 2024, questa è stata la scelta del tecnico della nazionale biancoceleste

La joya non parteciperà alla Coppa America

Paulo Dybala è il grande assente nella lista dei 29 convocati dell’Argentina per la Coppa America, in programma dal 20 giugno al 14 luglio 2024. Il commissario tecnico Lionel Scaloni ha deciso di escludere la Joya per motivi tecnici, una scelta che ha destato non poca sorpresa tra tifosi e addetti ai lavori.

Gli ‘italiani’ nella rosa

Nonostante l’assenza di Dybala, la Serie A italiana sarà ben rappresentata. Sono cinque, infatti, i giocatori militanti nel campionato italiano inclusi nella lista:

  • Martinez Quarta (Fiorentina)
  • Leandro Paredes (Roma)
  • Lautaro Martinez (Inter)
  • Nico Gonzalez (Fiorentina)
  • Valentin Carboni (Monza, ma di proprietà dell’Inter)

La presenza di Carboni è particolarmente sorprendente, vista la sua giovane età e la limitata esperienza internazionale. Tuttavia, il talento del Monza ha evidentemente convinto Scaloni grazie alle sue recenti prestazioni.

L’ossatura dei campioni del mondo

La formazione argentina conferma gran parte dell’ossatura che ha portato la nazionale alla vittoria del Mondiale nel 2022. Tra i veterani spiccano Lionel Messi e Angel Di Maria, i quali potrebbero disputare il loro ultimo grande torneo con la maglia della Selección.

Le amichevoli di preparazion

Prima dell’inizio della Coppa America, l’Argentina affronterà due partite amichevoli di preparazione:

  • Ecuador il 9 giugno
  • Guatemala il 14 giugno

Questi match saranno cruciali per Scaloni per definire gli ultimi dettagli e valutare la forma dei suoi giocatori. Il debutto ufficiale dei campioni del mondo è fissato per il 20 giugno contro il Canada.

Scaloni ha tempo fino al 12 giugno per presentare la lista definitiva dei convocati, che dovrà scendere da 29 a 26 giocatori. Tuttavia, salvo clamorosi cambiamenti, Paulo Dybala non farà parte del gruppo.

La lista dei convocati

Ecco la lista completa dei 29 pre-convocati dall’Argentina per la Coppa America:

Portieri:

  • Armani
  • Rulli
  • Martinez

Difensori:

  • Montiel
  • Molina
  • Balerdi
  • Romero
  • Pezzella
  • Martinez Quarta
  • Otamendi
  • Lisandro Martinez
  • Acuna
  • Tagliafico
  • Barco

Centrocampisti:

  • Guido Rodriguez
  • Paredes
  • Mac Allister
  • De Paul
  • Palacios
  • Enzo Fernandez
  • Lo Celso

Attaccanti:

  • Di Maria
  • Valentin Carboni
  • Messi
  • Angel Correa
  • Garnacho
  • Nico Gonzalez
  • Lautaro Martinez
  • Julian Alvarez

La decisione di escludere Dybala potrebbe avere ripercussioni significative, ma Scaloni sembra fiducioso nella forza del gruppo selezionato. La Coppa America 2024 sarà un banco di prova importante per confermare la superiorità dell’Argentina nel calcio continentale e mondiale.

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Lazio: nuovo stadio? Parla Giovanni Malagò

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Italia, Malagò

Nuovo Stadio della Lazio: Un Sogno al Flaminio

Presidente del CONI, Giovanni Malagò, ha rilasciato dichiarazioni significative riguardo a due tematiche di rilevanza nazionale nel mondo dello sport italiano: il progetto per il nuovo stadio della Lazio e il dibattito in corso sull’Authority nel calcio.

Giovanni Malagò

Durante la presentazione della Coppa del Mondo di softball, Malagò ha espresso il suo sostegno affettivo per il progetto del nuovo stadio della Lazio.

Pur ammettendo di non aver visionato il progetto in dettaglio, ha sottolineato la sua inclinazione a favore della realizzazione di una struttura dedicata alla squadra biancoceleste. “Sono un grande tifoso affinché la Lazio possa avere il suo stadio al Flaminio“, ha dichiarato, rimarcando così il suo sostegno alla causa.

Le parole del presidente del CONI rafforzano ulteriormente l’entusiasmo e l’interesse intorno alla possibile costruzione di una nuova casa per la squadra capitolina, confermando l’importanza del progetto non solo per i tifosi, ma anche per il panorama sportivo italiano.

Authority nel Calcio: Apertura al Dialogo

Malagò ha anche affrontato il tema dell’Authority nel calcio, evidenziando un’apertura al dialogo e alla discussione costruttiva. Pur evitando di confermare o smentire eventuali controproposte in fase di elaborazione, ha sottolineato l’importanza di considerare tutte le prospettive e di avviare un dialogo costruttivo su questo tema controverso.

Le sue parole riflettono un atteggiamento prudente ma aperto verso possibili sviluppi nel dibattito sull’Authority nel calcio, suggerendo la volontà di esaminare attentamente le proposte e di lavorare verso soluzioni che possano beneficiare l’intero panorama calcistico italiano.

In conclusione, le dichiarazioni del Presidente Malagò evidenziano il suo impegno verso lo sviluppo e il miglioramento dello sport italiano, con particolare attenzione a questioni cruciali come la costruzione di nuove infrastrutture sportive e la governance nel calcio.

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