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Nuovo kit Juve 2019-2020: perché questo redesign

Nello sport in genere e nel calcio in particolare, il marketing, inteso come l’arte di vendere un brand, ha assunto negli ultimi anni un ruolo fondamentale.
Con esso è cresciuta l’importanza del merchandising, la commercializzazione di oggettistica legata al brand: divise da gioco ma anche cappelli, abbigliamento, penne, portachiavi, cover per smartphone e in generale tutta l’oggettistica più disparata proposta col brand.
Ogni anno i club del calcio professionistico e gli esperti marketing degli sponsor tecnici (Adidas, Nike, Puma, Umbro, e così via) si impegnano a disegnare una nuova divisa. Anzi tre, visto che oltre a quella ufficiale ci sono anche una seconda e una terza maglia storicamente concepite per evitare confusione allorquando si affrontavano due team con colori sociali uguali o simili. Nell’era della tivù in bianco e nero, quando si affrontavano squadre con colori diversi, ma tali da confondersi sugli schermi trasformati in toni di grigio, una delle due, in genere la squadra ospite, doveva utilizza una divisa diversa.
In questo contesto, si inserisce la scelta coraggiosa operata di recente dal marchio leader storico del calcio italiano, la Juventus Football Club, col lancio della nuova divisa ufficiale per la stagione 2019-2020, che ha fatto il suo esordio il 12 maggio scorso, lo stesso giorno della presentazione ufficiale, in occasione del match con la Roma, nella terzultima giornata di campionato. Coraggiosa perché decisamente rivoluzionaria rispetto alla tradizione, talmente rivoluzionaria da sollevare un vespaio di polemiche tra i tifosi sui social. Da sempre legata alle strisce verticali bianconere, la Juve indosserà una casacca con due metà verticali, una bianca e una nera, le maniche di colore alternato e una sottile riga rosa, quasi fucsia, posta verticalmente tra la metà bianca e quella nera. Il rosa, peraltro già utilizzato nel primo anno di Conte nella seconda maglia, è un omaggio alla prima storica divisa della Juventus (in realtà una camicia) tra il 1897, anno della fondazione, e il 1903, quando da Nottingham arrivò una fornitura di maglie da gioco spedite da un tifoso del Notts County, il club calcistico più antico del mondo, che indossava, e ancora oggi indossa, le strisce verticali bianconere.
L’operazione va letta in un contesto che ha visto negli ultimi anni altri momenti di rottura con il passato per la squadra che conta in assoluto più sostenitori in Italia, che per prima ha realizzato un proprio stadio e per prima è approdata a Piazza Affari.
In primo luogo lo Juventus Stadium, in ossequio allo sponsor Allianz, è divenuto Allianz Stadium. Poi è stata la volta del logo, con una J stilizzata che ha sostituito lo storico ovale con lo stemma della città di Torino su sfondo a strisce bianconere.
Già allora qualcuno gridò al sacrilegio e oggi, al cospetto della nuova divisa, torna a inveire contro le iniziative “marketing oriented” che stravolgono la tradizione.
In effetti va detto che il calcio, di per sé da sempre votato alla conservazione, ha esso stesso mutato atteggiamento e introdotto di recente sperimentazioni e innovazioni senza precedenti, culminati nella VAR (virtual assistant referee) che avrebbe sorpreso il compianto Carlo Sassi, inventore della moviola, dopo che per mezzo secolo si è invocata invano la “moviola in campo”.
Alla Juventus hanno accompagnato il lancio della nuova divisa con uno spot e un audio: “Questa è più di una maglia, è una scelta, una promessa, una chiamata. Ogni volta che la indossi, accetti la sua storia. Non temere il cambiamento, guidalo. Immagina ciò che gli altri non riescono a vedere. Osa dettare nuove regole, fai in modo che le tradizioni non siamo un limite, ma un’ispirazione per scrivere il futuro. Stand together, be the stripers (fianco a fianco, siate le strisce)”.

L’idea del claim “Stand together, be the stripes” è tuttosommato geniale: il calcio è fondamentalmente passione, amore che unisce la gente, che fa gioire e soffrire insieme… in Adidas hanno giocato su questo per trasformare quella che è a tutti gli effetti un’operazione di marketing in una sorta di “chiamata” alla passione comune, per essere tutti quanti insieme, e non solo su una divisa da gioco, le strisce che rappresentano la storia della società torinese. Lo spot si chiude infatti con sei calciatori bianconeri ai quali si sono affiancati tanti altri fan che, in piedi fianco a fianco, tutti con indosso la nuova divisa, creano l’effetto cromatico delle strisce bianconere.
I più critici fanno notare come i maggiori club, pur innovando i dettagli, si sono sempre mantenuti fedeli alla tradizione, come le “merengues” del Real Madrid, sempre rigorosamente in divisa bianca, i “blaugrana” del Barcellona, i “Reds” del Liverpool, i “Red Devils” del Manchester United e i lancieri dell’Ajax Amsterdam.
Visto il trend è probabile che presto si torni alla tradizione, soprattutto se il tempo e le vittorie non contribuiranno a far amare la nuova divisa. Si, perché dopotutto, e all’Adidas lo sanno bene, sono i trionfi a rendere epica una maglia. A questo proposito forse non è stata lungimirante la scelta di farla esordire nelle ultime tre giornate del campionato in cui la squadra, già laureatasi Campione d’Italia, ha offerto forse lo spettacolo peggiore dell’anno.

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Pubblicato da
Claudio Guadoni

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