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Ottavio Bianchi: “I Friedkin hanno ridato entusiasmo. Voeller e Aldair eccezionali”

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Ottavio Bianchi, ex allenatore della Roma ha parlato dei giallorossi e della Conference vinta ma anche della Nazionale.

Ottavio Bianchi, allenatore della Roma dal 1990 al 1992, ha commentato la stagione dei giallorossi ai microfoni di New Sound Level. Di seguito le sue dichiarazioni.

Ottavio Bianchi: “Maradona era fenomenale”

Bruno Conti e Diego Armando Maradona

Come ricordi la tua esperienza a Roma e un ricordo del presidente Viola?

“È stata un’esperienza gradevolissima, una delle migliori che io abbia mai avuto. Erano una coppia fantastica che in qualche occasione ho anche frequentato fuori Trigoria e quell’anno quella del presidente è stata una perdita terribile. Io prima di venire a Roma facevo un po’ di resistenza, lui mi diceva che c’erano dei problemi extra società ma poi siamo arrivati in finale di coppa Italia e Coppa Uefa e siamo arrivati davanti alla Lazio. Stagione bellissima sotto il profilo sportivo ma macchiata dalla perdita del Presidente”.

Cosa pensi della stagione della Roma?

“La Roma aveva avuto dei problemi ma è riuscita a fare un finale di campionato molto interessante e la vittoria della coppa ha portato un entusiasmo bellissimo, bravissimi i Friedkin a suscitare questo interesse”.

E del campionato in generale?

“Il Napoli secondo me ha avuto un’ottima chance di vincere il campionato ma ha perso troppe partite in casa, è stato un campionato molto particolare per tutte. Credo che il Milan abbia vinto meritatamente anche se tutte hanno fatto dei passi falsi”.

Ultimamente si parla sempre del “bel calcio” e di giocare bene, tu cosa ne pensi?

“Ci stanno prendendo in giro in maniera clamorosa, nel calcio c’è una sola regola, cioè che si gioca per vincere escludendo gli illeciti che non vanno mai bene non fai giocare la squadra solo per il bello che poi perdono 5-0. Sento allenatori dire “abbiamo tenuto bene il campo” dopo aver preso batoste incredibili. La semplicità nel gioco del calcio è sempre la regola. Abbiamo giocato contro l’Ajax di Cruijff, difendevano in 9 e attaccavano in 9 ma di certo non erano catenacciari. Quando uno ha la palla deve arrivare più velocemente possibile in porta, se dopo mezz’ora i una partita non c’è stato nessun tiro in porta i telespettatori cambiano canale”.

Tu hai allenato Maradona, che ricordo hai di lui nello spogliatoio e fuori dal campo?

“Io l’ho vissuto poco fuori dal campo, Diego era un ragazzo eccezionale nello spogliatoio ma non dobbiamo dimenticare la pressione mediatica fortissima alla quale era sottoposto. Diego lo ricordo che vedeva una palla e iniziava a giocare con chiunque avesse a tiro, il calcio era il suo mondo e le cose meravigliose che ha fatto dipendono da questo rapporto che aveva col calcio, che gli permetteva di esprimersi”.

Quali calciatori della tua Roma ricordi con più piacere?

“Rudi Voeller e Aldair sono due giocatori eccezionali. Aldair potevi metterlo in tutte le zone del campo, giocava con una facilità e una semplicità incredibile. Il presidente Viola mi mandò a Lisbona a vedere Moses, ero andato con Mascetti, e venimmo via con il nome di Aldair che infatti poi ha giocato sempre bene nella Roma e ha fatto il capitano nella nazionale brasiliana. Aldair è ricordato poco ma era eccezionale”.

Qual è il problema della nostra Nazionale?

“I risultati sono quelli che meritiamo, non partecipare due campionati del mondo consecutivi è già essere in macerie e il resto verrà da sé. Ma se si va a vedere il campionato italiano appare chiara la questione, nelle squadre di punta ci sono pochissimi italiani, il nostro calcio continuerà a peggiorare finché le prime squadre non daranno esperienza ai giovani. I calciatori delle altre nazionali a 22 anni hanno un’esperienza esponenzialmente superiore ai nostri che a volte giocano in serie B. Il modello tedesco è un ottimo modello, dopo risultati così negativi, come non qualificarsi con gironi abbordabili, bisogna fare necessariamente dei ragionamenti e risolvere i problemi con un lavoro in prospettiva”.

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Fiorentina, Kean si racconta al The Guardian

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Fiorentina, Kean

Dalla Juventus alla Fiorentina, dove sta facendo faville: è Moise Kean, che si è raccontato in un’intervista al The Guardian.

Nove gol in 12 partite: sono gli ottimi numeri dell’attaccante Moise Kean, fresco di arrivo alla Fiorentina e oggi impegnato nel ritiro della Nazionale Italiana: lo vedremo presto in campo contro il Belgio.

Nel frattempo, il giocatore ha parlato dei propri trascorsi e del proprio presente a Firenze in un’intervista a The Guardian.

Fiorentina, l’intervista a Moise Kean

Il rapporto con la sua nuova casa e con la nuova tifoseria è molto positivo: “Le prospettive che ho. Firenze, come città, crede in me e questo mi ha dato quel qualcosa in più per migliorare e fare bene. Ho guardato alcuni video di Batistuta e Toni quando sono arrivato. Firenze è sempre stata una grande città del calcio e questo significa molto per me. I tifosi ti prendono davvero nel cuore. Ci tengono alla maglia. Ti danno calore assoluto “.

Alla Viola, il giocatore vuole “solo scendere in campo, segnare gol e qualsiasi cosa ne venga fuori, arriverà. Non mi pongo limiti”.

Sugli esordi della carriera

Kean ricorda il periodo ad Asti: “Ero a casa da solo e dovevo prendermi la responsabilità di me stesso. Mi piaceva ottenere una reazione dalla gente. Cercavo sempre di fare tunnel, fare step-over e fare spettacolo. È diverso quando arrivi in ​​Serie A. È più maturo. Ma ci sono ancora momenti in cui ho voglia di provare qualcosa e fare spettacolo.

Ecco perché la gente viene a guardare e paga i biglietti. I bambini vengono alle partite e devi intrattenerli. Ecco come la vedo io. Giocavamo tornei all’oratorio dove c’erano forse cinque dei miei compagni e giocavamo a calcetto. C’era una somma di denaro e se vincevi, te ne portavi via una parte. Diciamo che mettevi 5 € a testa per organizzare il torneo, e poi vincevi 5 € a testa. Ho giocato un po’ per il Senegal, per il Marocco, per il Perù e un po’ per l’Italia. Ero il più piccolo, c’erano discussioni”.

Sul passaggio alla Juventus

Così Kean: “La Juventus mi ha insegnato molta disciplina. Mi hanno preso dal nulla. Ero un ragazzino di strada e mi hanno insegnato molto. Ho lasciato casa presto e loro erano più di una famiglia per me. Mi hanno buttato in prima squadra a 16 anni ed è stato un sogno”.

Sulle esperienze negative

“Di tutte le esperienze che ho avuto, non mi sentirete mai dire che ne ho avuta una brutta. Trovo aspetti positivi in ​​tutte. Se non avessi trascorso quell’anno all’Everton, non avrei imparato le cose che ho imparato lì. Sono stato un po’ sfortunato. Ci sono andato pensando di giocare un po’ di più. Avevo 19 anni. Sono arrivato dalla Juve e pensavo di fare scintille. Sfortunatamente, non è andata così. Abbiamo cambiato tre allenatori quell’anno e mentalmente… era tutto nuovo per me.

Ero in Inghilterra, era un ambiente nuovo… L’Inghilterra mi ha fatto imparare molto su me stesso. Sono maturato molto. Quando sono arrivato lì non giocavo molto. Pensavo: ‘Come faccio a non entrare in questa squadra, all’Everton?’ Mentalmente, mi ha fatto evolvere. Non giocavo ed è stato nei momenti bui che ho capito che dovevo stringere i denti e allenarmi ancora di più. Poi è arrivata la possibilità di andare al PSG (in prestito), mi sono trasferito lì e ho tirato fuori tutto quello che potevo”.

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Milan, questione di ambizione: la differenza tra Leao e Theo Hernandez

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Milan

Milan, sono Leao e Theo Hernandez i principali top player del club. Così uguali in certi comportamenti, ma anche così diversi in altri. Qui di seguito un’interpretazione sulla differenza tra i due.

La gestione dei top player, si sa, è sempre piuttosto complicata. Sono giocatori che con una giocata fanno vincere una partita, ma siamo tutti d’accordo sia molto più complessa la loro gestione.

Su questo aspetto non fanno di certo difetto Theo Hernandez Leao. I due non hanno iniziato nel migliore dei modi la stagione, soprattutto il primo è stato vittima di qualche mal di pancia di troppo che continua a protrarsi nel tempo.

Ricordiamo che Theo voleva andarsene a fine stagione scorsa ed è stato convinto a rimanere dalla dirigenza la quale tuttavia gli aveva promesso un deciso upgrade come obiettivi e competitività. Il Milan invece si trova settimo in classifica e con evidenti problemi da gestire. La sua volontà di volersene andare non si è di certo placata, bensì acuita.

Discorso diverso per Rafael Leao il quale a Milano sta bene e se non sopraggiungono altre tensioni con Fonseca e con la dirigenza, difficilmente vorrà andarsene. Il portoghese vuole giocare e sentire la fiducia di tifosi e compagni. Se permangono queste cose, la sua permanenza in rossonero sarà ancora lunga.

Questione di ambizione, Theo Hernandez vuole un club per vincere subito, Leao se sta bene in un posto, ci rimane. Abbiao volutamente lasciato in disparte i discorsi economici, la nostra disamina è stata prettamente incentrata sul carattere dei due giocatori.

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Belgio-Italia, le ultimissime sulle formazioni

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Belgio-Italia, Spalletti

Belgio-Italia, match valido per la quinta giornata dei gironi della Nations League: appuntamento a giovedì 14 novembre alle ore 20.45.

L’Italia di Luciano Spalletti torna in campo per il quinto match della fase a gironi di Nations League, per affrontare il Belgio allo Stadio Re Baldovino di Bruxelles. Gli Azzurri si presentano all’appuntamento in testa al girone con 10 punti raccolti in quattro gare, frutto di tre vittorie e un pareggio, proprio contro lo stesso Belgio nella partita d’andata. Alla squadra di Spalletti basterebbe un altro pareggio per la qualificazione matematica alle Final Eight.

Belgio-Italia, Retegui

MATEO RETEGUI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La designazione arbitrale

L’arbitro della gara sarà il rumeno Radu Petrescu, con lui i connazionali Grigoriu e Ghinguleac come assistenti di linea e Birsan come quarto uomo.

Belgio-Italia, le probabili formazioni

BELGIO: (4-2-3-1): Casteels; Castagne, Faes, Debast, Theate; Tielemans, Onana; Lukebakio, De Ketelaere, Doku; Lukaku. Ct. Tedesco.

ITALIA: (3-5-1-1): Donnarumma; Di Lorenzo, Buongiorno, Bastoni; Cambiaso, Barella, Tonali, Frattesi, Dimarco; Raspadori; Retegui. Ct. Spalletti.

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