La Roma vince ancora (1-4 in casa del Monza) e rilancia seriamente la sua candidatura al quarto posto: a segno anche Paredes.
L’onestà intellettuale è quella capacità, rara al giorno d’oggi specialmente per chi fa il nostro lavoro, di commentare acriticamente i fatti anziché piegarli per farli combaciare con il proprio pensiero.
E a questo punto è innegabile che la cura De Rossi abbia fatto un gran bene alla Roma. Dopo le prime partite (Verona, Salernitana, Torino, il secondo tempo con l’Inter) la Roma dava l’impressione di essere ancora una squadra malata e ben lungi dal potersi definire “ritrovata” o “guarita”.
Rimango dell’idea che anche Mourinho avrebbe lottato per il quarto posto con questa squadra, se avesse avuto a disposizione la rosa al completo, ma che nello spogliatoio giallorosso ora si respiri un’aria diversa ne si ha la sensazione anche stando fuori dall’ambiente romanista.
I giocatori della Roma sembrano essersi tolti un peso da quando il portoghese è stato esonerato e questo corrobora la mia tesi, quando in tempi non sospetti affermai che il ciclo dello Special One fosse terminato a Budapest.
Paredes e Pellegrini ne sono un esempio lampante. Soprattutto l’argentino, in quanto il prodotto del settore giovanile giallorosso (nelle precedenti stagioni almeno) aveva vissuto picchi di rendimento alti anche con Mourinho.
Paredes non andava bene per il gioco di Mourinho e infatti è stato sempre uno dei peggiori per rendimento nella prima parte di stagione. Alla Roma di Mourinho è mancato terribilmente Matic, che in una manciata di settimane ha rivoltato il Lione come un calzino, e il figliol prodigo di San Justo non era di certo ciò di cui il portoghese aveva bisogno per fare il suo calcio.
Invece De Rossi, che si ispira dichiaratamente a quell’allenatore (ovvero Spalletti) che valorizzò Paredes al tal punto da consentirgli il passaggio al PSG, ha saputo (ri)metterlo al centro del suo gioco e di quello della Roma.
E’ presto per affermare che De Rossi meriti di essere il capostipite sul quale il progetto futuro della Roma dovrà fondarsi. Il calcio (tutto, in particolare però quello dei social) soffre di recentismo acuto ed è facile giungere a giudizi affrettati quando ci si trova agli estremi dello specchio emotivo.
Sicuramente quello di De Rossi è un lavoro, sin qui, encomiabile. Non solo dal punto di vista tecnico-tattico, ma soprattutto per il modo in cui è entrato nella testa dei giocatori. Tuttavia, anche il detrattore più irredentista di Mourinho deve riconoscere che De Rossi, per quanto bene si possa parlare e pensare di lui, non può essere già un fenomeno di precocità.
E’ evidente che qualcuno dentro lo spogliatoio remava contro Mourinho, e questo getta più di qualche ombra sulla professionalità dei calciatori, e se hanno sfiduciato un monumento calcistico come José ci metterebbero ancor meno a fagocitare l’esordiente De Rossi al primo periodo di crisi.
La Roma non deve commettere lo stesso errore commesso dal Leicester nel primo post-Ranieri. Quando, subito dopo l’ammutinamento subito dal tecnico italiano, il successore ad interim (Craig Shakespeare) fece talmente bene che passò da traghettatore a capo-allenatore nel giro di un paio di mesi.
Tuttavia, un conto è subentrare in corsa e un altro è preparare una stagione da zero. Considerando però i comprovati problemi economici della società, che precludono aprioristicamente la possibilità di arrivare a un tecnico vincente come potrebbe essere Conte, l’idea di confermare De Rossi anche per la prossima stagione credo stia serpeggiando seriamente negli uffici di Trigoria.
Dopotutto, se l’alternativa deve essere gente come Palladino o Italiano, a questo punto forse conviene davvero chiudere gli occhi e sperare di ritrovarsi un novello Guardiola in casa. Certo, dovesse davvero arrivare fra le prime quattro sarebbe quasi impossibile non rinnovargli il contratto.
Aggiornato al 02/03/2024 21:33
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