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Roma, 10 aprile 2018: il giorno in cui la terra tremò

Sei anni. Tanto è trascorso da una delle notti più significative nella storia della Roma, una di quelle destinate a restare eternamente impresse nei cuori dei tifosi e nella memoria calcistica collettiva.

L’atmosfera

La capitale è baciata da un sole semi-estivo, l’aria è intrisa di un inebriante odore primaverile provocato dagli alberi in fiore, e l’attesa per la sfida al super Barcellona di Messi, Iniesta, Suarez e via discorrendo scorre via tra una ponderata scarsa fiducia, figlia del 4-1 incassato nell’andata di sei giorni prima, e al contempo un’irrazionale volontà di rendere concreta l’utopia.

All’imbrunire, mentre il sole è diretto verso il viale del tramonto, i tifosi giallorossi, o buona parte di essi, ne percorrono un altro, quello dei Gladiatori, per gremire l’arena, elemento unico in grado di far coesistere sogni e realtà.

Si superano i tornelli, ci si rifocilla al bar, si salgono le scale e, finalmente, si ha l’opportunità di scorgere il campo.

La partita

Di Francesco opta per la prima volta in stagione per l’assetto arretrato a tre, composto da Fazio, Manolas e Juan Jesus, pronto a passare a cinque in non possesso con le scalate di Florenzi da una parte e Kolarov dall’altra. In mezzo al campo De Rossi, Strootman e Nainggolan, in avanti coppia inedita formata da Dzeko e Schick.

Nel Barça di Valverde non manca nessuno: oltre ai due alieni in attacco ci sono, tra gli altri, Iniesta, Rakitic, Busquets e, ovviamente, Ter Stegen a difesa dei pali.

Lo straordinario portiere tedesco si vede costretto a capitolare dopo appena sei giri di lancetta per via del colpo battuto dal solito Edin Dzeko

, unico marcatore giallorosso nel match d’andata, perfettamente pescato da uno strabiliante lancio di capitan De Rossi.

Il resto del primo tempo se ne va sul leitmotiv di un paio di importanti opportunità per squadra non concretizzate, ma l’1-0 finale non sembra alimentare concretamente le speranze di rimonta.

Il minuto in cui l’impensabile si trasforma in potenziale è il 58′, nuovamente grazie al magico asse che vede i propri protagonisti invertirsi i ruoli: l’attaccante bosniaco viene atterrato in area da Piqué, l’arbitro Turpin assegna il calcio di rigore, il 16 romanista lo trasforma con freddezza riscattando l’autorete del mercoledì precedente. Ora il tabellone luminoso recita 2-0 e tutto sembra possibile.

L’82’, invece, è l’istante della pura euforia: Manolas, dopo aver siglato l’altro autogol nella gara del Camp Nou, prende il tempo sia a Semedo che a Suarez sul corner calciato dal subentrato Under, spizzando il pallone di testa quanto basta per mettere fuori causa Ter Stegen e scrivere il 3-0 che equivale alla concretizzazione del sogno.

La Roma è in semifinale di Champions League, il più importante traguardo raggiunto dai capitolini nella massima competizione europea dopo la finale del 1984, una delle squadre più forti al mondo è stata sconfitta e le tante, forse troppe, ferite causate dall’autodistruttiva storia romanista sono state lenite, almeno per quella notte, la stessa che ha conferito nuovamente alla città eterna l’aura di “Caput Mundi”.

Aggiornato al 10/04/2024 15:52

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Pubblicato da
Alessandro Falzano
Tag: Roma

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