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Roma, De Santis ” Roma la scelta giusta per me”
Morgan De Sanctis ha rilasciato un’intervista ai canali ufficiali della Roma. L’ex portiere ha parlato della Primavera di De Rossi, del settore giovanile e di alcuni rinnovi.
Queste le sue dichiarazioni:
Cinque rinnovi di contratto concentrati in pochi giorni. Che segnale sono?
Il segnale che la società crede nei giovani, che intende investire sui suoi prospetti più importanti e che vuole farlo nella maniera giusta. La nostra strategia prevede un riconoscimento economico, all’interno di nuovi parametri, che vada di pari passo al rendimento dei calciatori: si tratta di un percorso recepito da chi rappresenta questi ragazzi, ovvero dai procuratori e dalle famiglie.
Quanta amarezza c’è per il blocco del Campionato Primavera?
Premesso che siamo in piena emergenza Covid con tutte le conseguenze annesse, la sospensione del Campionato Primavera genera amarezza, così come quella di tutti i campionati del settore giovanile. Questa è una decisione penalizzante nei confronti dei ragazzi: stiamo togliendo ore di allenamento a delle generazioni di giovani calciatori. A giusta ragione stanno proseguendo i Campionati Professionistici (Serie A-Serie B-Lega Pro), continua la Serie A Femminile, presto ricomincerà la Serie D, ma se analizziamo il valore tecnico ed economico della Primavera 1 e Primavera 2 non possiamo che essere sorpresi della decisione presa. Molte società applicano per i giovani tesserati le stesse misure adottate per la Prima Squadra e mi sarei aspettato maggiore sensibilità e senso di responsabilità a riguardo. Basterebbe concordare un protocollo adeguato anche per la Primavera.
I risultati fino a quel momento erano ottimi. Quanta soddisfazione vi stanno dando i ragazzi di Alberto De Rossi in questa stagione?
La Primavera quest’anno è partita molto bene. All’inizio eravamo abbastanza convinti di aver costruito una squadra competitiva. Eravamo fiduciosi soprattutto di un aspetto: di aver preso dei giocatori, in un anno particolare, che sarebbero tornati utili alle esigenze della Prima Squadra. Quanto visto finora, però, va anche al di là delle nostre più rosee aspettative. La squadra ha meritato di vincere tutte e sei le partite e sta dimostrando un valore importante nei singoli e nel collettivo.
Quanto è importante il lavoro di squadra nel settore giovanile giallorosso?
Il lavoro del Settore Giovanile è finalizzato alla formazione di profili che possano tornare utili alla Prima Squadra, a partire dall’U10 fino ad arrivare all’U19. La costruzione della Primavera, in particolare, si è basata su criteri tecnici e tattici messi in pratica da Fonseca. Noi avevamo un gruppo di giocatori già valido, quello del 2002, che è stato integrato pensando a due aspetti: rendere più competitiva la rosa e offrire opportunità di livello alla Prima Squadra. Questo lavoro di selezione e integrazione è stato effettuato con un budget mirato, che tiene conto di diversi parametri condivisi con la nuova proprietà. Al gruppo attuale sono stati integrati cinque calciatori; quando ci sono esigenze particolari, come quest’anno, si interviene monitorando e quindi inserendo i profili idonei. In ogni caso il progetto ideale della Roma resta: partire dal basso, sfruttando le enormi risorse che offre il territorio circostante e puntellando le squadre solo con innesti mirati che rappresentino opportunità imperdibili per il Club.
Sono arrivati tanti ragazzi da società internazionali di prestigio: è un segnale per capire come verrà condotto il mercato attorno ai giovani nei prossimi anni?
Non c’è esterofilia nella nostra strategia. Ci sono però i regolamenti nazionali e internazionali che in questo ambito orientano l’operato della Direzione Sportiva. Quest’anno, ad esempio, abbiamo deciso di intervenire corposamente nel gruppo U15 perché era l’ultima finestra possibile per crescere prospetti italiani prima della sottoscrizione del vincolo quinquennale. Dal sedicesimo anno di età, invece, monitoriamo anche il mercato estero, sul quale operiamo in caso di opportunità.
Come intendete lavorare sulla città?
Grazie all’esperienza di Bruno Conti, stiamo riattivando un meccanismo di controllo e gestione del territorio della Capitale, innescando un meccanismo virtuoso che ci consentirà di individuare i giocatori migliori. Arriveranno quindi anche giocatori da altre parti d’Italia o dall’Estero, come è normale che sia, ma è doveroso da parte nostra approfittare del bacino in cui operiamo, storicamente ricco di talento e vasto nei numeri. In tal senso, un esempio significativo è la Croazia; con una selezione sempre molto competitiva, finalista dell’ultimo Mondiale che come Nazione conta meno abitanti dell’area metropolitana di Roma. Inoltre abbiamo un valore aggiunto, che sono i nostri scout: sette dedicati per la Youth Area (U19-U18-U17), venti per la Young Area (U16-U15-U14-U13-U12-U11-U10). Poche società possono contare su queste risorse, che ci permettono di lavorare su diversi mercati.
Ti mancano il campo e lo spogliatoio?
A dire il vero, no. Sono molto orgoglioso di aver preso da solo la decisione di smettere di giocare, nonostante avessi un ulteriore anno di contratto con l’AC Monaco. La scelta l’ho presa perché dal calcio giocato avevo già ricevuto tutto. Il calcio per me è una malattia e pensavo spesso al post carriera. Tutto è stato più semplice nel momento in cui è arrivata una nuova chiamata da parte dell’AS Roma.
Quale è stata la prima cosa che hai pensato quando hai smesso di giocare?
Quando smetti, per quanto tu possa essere consapevole che la vita del calciatore finisca e che abbia inizio un percorso diverso, non immagini fino in fondo i cambiamenti a cui andrai incontro. In quel momento ho compreso lo stato d’animo di tanti miei ex compagni. Quando giochi a calcio gira tutto attorno a te, devi concentrarti due o tre ore al giorno e nel tempo libero puoi goderti la famiglia e i tuoi hobby, stando attento a preservare la tua forma senza macchiarti di comportamenti che possano pregiudicare la stessa
Quale percorso hai fatto per arrivare a ricoprire il tuo ruolo di oggi?
Ho fatto prima il Team Manager e ho preso coscienza delle complessità del calcio fuori dal rettangolo di gioco. Contestualmente ho conseguito i patentini da allenatore UEFA B, UEFA A e UEFA Pro. Successivamente ho ottenuto l’abilitazione da Direttore Sportivo e quella da Responsabile del Settore Giovanile.
Perché non hai intrapreso la carriera da allenatore?
Durante i corsi cercavo di individuare quale fosse il ruolo più adatto a me, se dirigente o allenatore. Sul campo e nello spogliatoio con i giocatori è necessaria una figura autorevole e autoritaria. Probabilmente sarei stato un allenatore troppo autoritario e pressante. Stare dietro a una scrivania mi permette invece di continuare ad essere maniacale, dosando le parole, mettendo insieme i pensieri e beneficiando del primo filtro dell’allenatore.
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Monza, annunciato il nuovo direttore sportivo
Novità in casa Monza. Cambia l’organigramma del club, che annuncia il nuovo direttore sportivo. Scopriamo di chi si tratta
Monza, ecco il nuovo ds
Il Monza di Adriano Galliani annuncia il nuovo direttore sportivo. È Mauro Bianchessi, che affiancherà Michele Franco, già presente in società, insieme a François Modesto. La squadra, al lavoro in campionato per rimettere in sesto una classifica che al momento è tutt’altro che tranquilla, dimostra di tenere anche alla solidità dal punto di vista dirigenziale e societario.
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Milan, parla l’agente di Liberali:” Prima o poi ci sarà più chiarezza”
Milan, Mattia Liberali è probabilmente uno dei migliori talenti e prospetti del club. L’utilizzo in prima squadra, dopo un ottimo precampionato, è stato per ora piuttosto ridotto. A tal proposito ha parlato il suo agente.
Il Milan durante il precampionato ha visto all’opera uno dei suoi migliori prospetti: Mattia Liberali. Il classe 2007 sta infatti portando avanti un importante crescita tra il Milan Futuro, la Primavera e la prima squadra.
A tal proposito ha parlato il suo agente Stefano Antonelli. Le sue parole:” Ho diversi assistiti che vestono la maglia rossonera, D’Alessio, Magni, Mancioppi e Liberali. Si parla tanto di Mattia perché è un talento incredibile che ha già mandato segnali importanti. Sta crescendo con la giusta metodologia, la società sta capendo come è meglio gestire le energie perché questi ragazzi fanno un po’ di prima squadra, un po’ di seconda, un po’ di Youth League. Prima o poi ci sarà più chiarezza e soluzioni più importanti. I ragazzi sono stimati, soprattutto da parte di Fonseca, ma ci vuole pazienza”.
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Gomez: “Per vincere servono almeno 85 punti. Su Retegui…”
L’ex capitano nerazzurro Papu Gomez si racconta a L’Eco di Bergamo. il ricordo degli anni a Bergamo, la squalifica che lo tiene lontano dal campo e il futuro incerto.
Alejandro “Papu” Gomez torna a parlare del suo legame indissolubile con l’Atalanta, la squadra che ha rappresentato il cuore della sua carriera calcistica. In un’intervista rilasciata a L’Eco di Bergamo, l’ex capitano nerazzurro ha ricordato con emozione i suoi 7 anni a Bergamo, fatti di successi, sacrifici e momenti indimenticabili. Con 252 presenze e 59 gol, Gomez è stato uno dei protagonisti della rinascita atalantina, contribuendo a portare la squadra stabilmente ai vertici del calcio italiano e sul palcoscenico internazionale. A seguire l’intervista completa.
Gomez: “Ricordo ancora quella partita con la Juve…”
COSA SERVE PER VINCERE IL CAMPIONATO?
“Per puntare al titolo, servono almeno 85 punti, che significano pochissimi errori in una stagione. Il record della Dea è 78 punti, quindi superare quella soglia non sarà facile. Ma quest’anno la quota potrebbe essere più bassa: non vedo corazzate imbattibili. L’Atalanta ha una rosa solida e può giocarsela, ma tutto dipenderà dalla gestione delle energie tra campionato, Champions e Coppa Italia”.
AVVERSARIE
“L’Inter è ancora la più forte, ma non ha lo stesso impatto della scorsa stagione. Dopo di loro vedo l’Atalanta: è una squadra fatta e completa, più del Napoli, del Milan o della Juve, che è ancora in costruzione. Anche la Lazio sta facendo bene, ma non è a certi livelli. Questo può essere un anno speciale per la Dea”.
2020, A UN PASSO DAL SOGNO
“Quell’anno, con il lockdown, fu una stagione anomala. Ricordo una partita contro la Juve a Torino: stavamo giocando a memoria, eravamo impressionanti. Dominammo il primo tempo e passammo in vantaggio, ma finì 2-2. Se avessimo vinto, saremmo stati davvero in corsa. Dopo quel pareggio, mollammo un po’, complice il fatto che avevamo già la Champions in tasca. Oggi vedo una squadra diversa rispetto alla mia: più fisica, più completa e con una rosa più ampia”.
LOOKMAN
“Non è come me, perché lui ha fame di gol mentre io avevo più fame di assist. Ma la sua capacità di puntare l’uomo per tutta la partita è impressionante. È cresciuto molto anche nel gioco di squadra: si vede che ora parla con i compagni e si integra meglio nel sistema di Gasperini”.
DE KETELAERE COME ILICIC
“In parte, sì. È mancino, alto, fisico e segna gol simili. Non ha ancora la stessa fantasia di Ilicic, ma può migliorare. Serve tempo per adattarsi al calcio di Gasperini, ma sta dimostrando di avere grande qualità”.
ZANIOLO
“Il problema è dove farlo giocare. Non lo vedo come centravanti e nemmeno come trequartista. Ha talento e fisico, ma deve trovare il ruolo giusto”.
RETEGUI
“Non è una sorpresa per me. Lo conoscevo già dai tempi del Tigre e sapevo che aveva tutto per fare bene. Quando è arrivato a Bergamo gli ho scritto: ‘Se sei intelligente e segui Gasperini, farai almeno 20 gol’. Sta dimostrando di essere un grande attaccante. Lui il nuovo Zapata? Difficile. Duván era devastante: i difensori avevano paura di lui. Retegui è diverso, ma ha tutte le qualità per lasciare il segno”.
DOPO LA SQUALIFICA
“Voglio tornare a giocare. La squalifica scade nel 2025 e sto già lavorando per rientrare. Mi alleno ogni giorno, ho tanta voglia di tornare in campo. Vorrei farlo in Italia, magari in Serie A o B, oppure all’estero se necessario. Dopo, penserò a diventare procuratore”.
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