Matteo Salvini, Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile per il Governo Meloni, ha parlato dell’abolizione del Decreto Crescita.
Oramai lo sanno anche i muri, ma facciamo un piccolo riepilogo di quanto accaduto negli ultimi mesi. Repetita iuvant. Il governo di Giorgia Meloni ha presentato la Legge Finanziaria del 2024. Fin da subito era balzata all’occhio l’assenza del Decreto Crescita, cosa che ha spinto i club di Serie A a chiedere un confronto con l’esecutivo.
Dopo le pressioni iniziali, la sensazione era che (seppur per un tempo estremamente limitato) il provvedimento sarebbe potuto sopravvivere all’interno del Decreto Milleproroghe. Ossia un documento con il quale il Governo Meloni rinvia la scadenza di norme non presenti nella nuova legge finanziaria, in maniera particolare quelle del Governo Conte.
Alcune riforme volute dal Governo Conte sono sopravvissute al taglia e cuci che ha contraddistinto la Legge Finanziaria voluta dalla nuova maggioranza di centro-destra, come per esempio il Superbonus, e questo lasciava ben sperare circa la possibilità di una proroga anche per il Decreto Crescita.
Così, però, non sarà. I club di Serie A non potranno più contare sugli sgravi fiscali del Decreto Crescita a partire dal 1 Gennaio 2024. Senza preavviso e senza nessun tipo di risarcimento. Con buona pace degli investimenti realizzati nell’ottica del regime fiscale agevolato e già iscritti nel bilancio corrente, che giocoforza obbligherà i club a rifare i conti da zero.
Ma cos’è successo di preciso? Come si è arrivati da proroga quasi certa a un “no” secco? Ansa cerca di ricostruire l’accaduto, in particolare focalizzandosi sulla presunta “lite molto accesa” verificatasi durante l’ultimo Consiglio dei Ministri.
A perorare la causa del Decreto Crescita era stato il Presidente della Lazio Claudio Lotito, senatore di Forza Italia, che aveva affidato ad Antonio Tajani, divenuto leader del partito dopo la morte di Silvio Berlusconi nonché vice-presidente del consiglio dei ministri, la propria arringa.
Il patron bianco celeste, forte dell’appoggio del vice-ministro dell’economia Maurizio Leo oltreché del Ministro dello Sport Andrea Obodi e dello stesso Tajani, contava di ottenere una proroga di due mesi in modo tale da permettere ai club di Serie A di anticipare a Gennaio gli acquisti programmati per l’estate.
Il veto sarebbe stato posto da Matteo Salvini, che si sarebbe “imposto” in Consiglio dei ministri per evitare gli sconti ai calciatori stranieri. “Sarebbe un provvedimento immorale” avrebbe detto ai colleghi, secondo la fonte, sostenendo di essere pronto a non partecipare al voto per non mettere in imbarazzo l’esecutivo. A quel punto il Cdm, presieduto da Tajani, avrebbe preferito accantonare il provvedimento.
La filosofia del partito di Salvini è stata spiegata dal deputato leghista Luca Toccalini: “Gli sconti ai calciatori stranieri che guadagnano milioni sono immorali. I club ora investano su giovani italiani e non su stranieri strapagati che peraltro sono spesso scarsi“.
La retorica spicciola di questo governo è talmente banale e scontata da avermi permesso di prevedere l’esatta dinamica delle cose più di un mese fa, quando ancora si parlava della proroga del Decreto Crescita come di una certezza scolpita nella pietra.
Il 23 Novembre di quest’anno, sempre qui sulle pagine di Calcio Styleil Governo Meloni avrebbe abolito il Decreto Crescita additando come motivazione la volontà di indurre i club a puntare maggiormente sui giovani italiani.
, scrissi cheTuttavia, come scrissi già all’epoca, non c’è nessuna correlazione fra la presenza del Decreto Crescita e la mancanza di centri di formazione adeguati. Vi riporto integralmente quando scritto da Gianluca Di Marzio sul proprio blog, in merito alla tassazione degli altri paesi europei:
❝Casi virtuosi si possono trovare in Francia, Olanda e Belgio, in cui sono presenti diverse agevolazioni fiscali. In Ligue 1 chi non è residente da almeno 5 anni in Francia, su 1 milione di euro netti di stipendio, paga le tasse soltanto su 700mila euro, mentre i restanti 300mila non rientrano nell’imponibile fiscale. Nel campionato francese c’è inoltre il caso Monaco: chi va a vivere nel Principato gode di un regime fiscale estremamente favorevole.
In Olanda, invece, il 70% dello stipendio va in un fondo individuale e le tasse si pagano subito solo sul restante 30%. Solo a fine carriera si pagano annualmente le tasse sul fondo. Poi c’è il Belgio, che offre un incentivo fiscale alle società sportive “in relazione alla ritenuta alla fonte sui salari”: permette un risparmio dell’80 per cento sulla ritenuta a patto che la somma venga reinvestita dal club in attività come la formazione dei giovani calciatori.
Molto diverso il caso dell’Inghilterra, dov’è invece in vigore una tassazione differente tra lo stipendio effettivo corrisposto ai calciatori (che ha un’aliquota unica al 45%) e i proventi derivanti dalla cessione dei diritti d’immagine (aliquota al 19%). I secondi sono molto più convenienti, e negli anni si sono registrati molti casi di spostamento del corrispettivo dallo stipendio alla cessione dei diritti d’immagine.❞
Non è un caso che i centri di formazione giovanile francesi, olandesi e belga siano fra i migliori al mondo. E c’è di più: in un altro editoriale, sul Controllo Statale in Premier League, riportai come nella classifica dei dieci migliori vivai al mondo stilata dal CIES vi sono due squadre inglesi.
L’Italia, in entrambe le casistiche di cui sopra, non compare mai prima della trentesima o quarantesima posizione. Un problema sistemico e non certo imputabile al Decreto Crescita, che ha meno di quattro anni di vita.
Tuttavia, sappiamo che è consuetudine di questo governo addossare tutte le colpe dei problemi dell’Italia al vecchio esecutivo. Sappiamo anche che sono bravissimi a puntare il dito e a dire che quelli che ci sono stati prima di loro erano degli incapaci (da che pulpito) ma adesso al governo ci sono loro ed esattamente cosa intendono fare per porre rimedio?
Assolutamente nulla. Del resto non è un modus operandi nuovo per il Governo Meloni, che già aveva lasciato in mutande migliaia di italiani con l’abolizione del Reddito di Cittadinanza che per molti era l’unica fonte di sussidio. Parimenti a quanto stanno facendo adesso con le ben più facoltose squadre di calcio. Quindi il populismo spicciolo di matrice classista su “i calciatori stranieri milionari” non regge.
Non si tratta neppure di una bugia dalle gambe corte, ma di una bugia monca e senza le gambe. Che non può andare da nessuna parte e che da nessuna parte andrà. Perché puoi togliere il pane dalla bocca dei poveri senza sentir tirare un alito di vento, perché dei poveri non interessa niente a nessuno, ma non puoi inimicarti la terza industria del paese che governi.
Aggiornato al 29/12/2023 17:17
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