Ferguson (ri)apre la crisi della Lazio. Il Bologna di Thiago Motta, ancora imbattuto in campionato, sogna invece l’Europa.
Le (prime) somme sulla stagione della Lazio verranno tirate dopo la gara di ritorno contro il Feyenoord in Champions League. Forse è presto per affermare che il Bologna abbia colmato il gap con le grandi. Però una cosa è certa: la squadra di Motta sogna l’Europa e lo fa legittimamente.
E dire che la Lazio non aveva neppure approcciato male alla partita. La squadra di Sarri, pur senza creare particolari patemi alla porta difesa da Skoruspki, era ben messa in campo.
Soprattutto la prima pressione è stata fatta molto bene dai biancocelesti. Il Bologna, squadra che ha nell’uscita da dietro uno dei propri dogmi, ha faticato enormemente a costruire partendo dalla difesa.
La Lazio, però, è finita lì. Dopo una mezz’ora iniziale di buona pressione si è arrovellata su sé stessa. Prigioniera delle proprie difficoltà congenite nell’alzare i ritmi del palleggio e nel fraseggiare a velocità elevate.
E così il Bologna ha potuto attendere che gli ospiti esaurissero, all’incirca attorno alla mezz’ora, la propria fase di pressione. Compatti e ordinati dietro la linea del pallone, i felsinei hanno concesso solo due mezze occasioni (di cui una a gioco fermo) allo sciagurato Castellanos. L’argentino arricchisce di un nuovo capitolo la propria compilation degli orrori sotto porta, dopo i gol clamorosamente sbagliati a Rotterdam e contro la Fiorentina.
L’approccio positivo della squadra di Sarri è evaporato dopo la prima mezz’ora di partita. Francamente il secondo tempo della Lazio è stato sconcertante. Sia perché se prendi gol dopo venti secondi significa che dagli spogliatoi non sei neppure rientrato, sia perché la reazione allo svantaggio è stata puramente nervosa.
La Lazio vista a Bologna, e non solo a Bologna, è una squadra con poche idee e per lo più confuse. La cosa preoccupante, ancor più della prestazione inaccettabile, è che il Bologna non ha dovuto fare nulla di straordinario per vincere la partita.
Una partita scolastica e una prestazione disciplinata sono bastate affinché una squadra di medio-bassa classifica avesse ragione della seconda forza dello scorso campionato. Una prestazione che induce a delle riflessioni.
La superiorità tecnica dalla Lazio, riconosciuta in primis dal sottoscritto e in secundis dallo stesso Thiago Motta, sembra essere più teorica che non pratica. Chi pensava che Motta si sarebbe consegnato alle ripartenze della squadra di Sarri sottovaluta l’acume tattico dell’italo-brasiliano.
La partita l’ha indubbiamente interpretata bene il Bologna. Prima con una fase di attesa ordinata, poi uscendo gradualmente fuori man mano che la Lazio si auto-escludeva dalla partita. I padroni di casa hanno accolto la Lazio con un baricentro molto basso ed è preoccupante come non concederle la profondità sia sufficiente per azzerare il suo potenziale offensivo.
Dopo aver lungamente parlato della Lazio, credo sia doveroso elargire un encomio della medesima durata anche al Bologna. Non solo la squadra di Motta è imbattuta in Serie A, ma ha anche la terza miglior difesa del campionato.
I felsinei, infatti, hanno concesso appena otto gol in undici gare. Gli stessi dell’Atalanta, che però ha una gara (contro l’Inter) in meno. Solo l’Inter (5) e la Juventus (6) hanno concesso meno. Skorupski ha tenuto la sua porta inviolata per ben sei volte. Le stesse di Szczesny e una in meno di Sommer.
Alla faccia di chi riteneva Thiago Motta un giochista. Al netto di una difesa da Champions League. Perché il Bologna dietro vanta gente del calibro di Posch. Beukema. Lucumì e Kristiansen. Più il sorprendente (ma neanche troppo, per chi ha seguito la sua crescita a Basilea) Calafiori.
Tuttavia, a Motta va riconosciuta l’umiltà del grande allenatore. Perché le grandi squadre si costruiscono partendo dalla difesa. Consapevole che il mercato gli ha tolto tanto, ha saputo restituire solidità alla sua squadra senza però mai derogare dalle proprie idee calcistiche.
Ricordiamo che il Bologna questa estate ha perso Arnautovic, il centravanti titolare della squadra. Ma Motta si è inventato Zirkzee attaccante di manovra, regalando al calcio italiano uno straordinario giocatore di cui si aspettava trepidamente l’esplosione dai tempi delle giovanili dell’Ajax.
Ha perso, nella stessa sessione di mercato, i due cervelli della squadra, ovvero Schouten e Nico Dominguez. E con un centrocampo molto meno tecnico del precedente non si poteva fare altrimenti se non abbassare il baricentro e lasciare un po’ di più il pallone agli avversari.
Privare una realtà di provincia di tre giocatori fondamentali, nella stragrande maggioranza dei casi, significa azzopparla. Eppure Motta non si è scomposto e ha attinto a piene mani dal materiale umano che aveva a disposizione. Un materiale comunque, va detto, di primissima qualità. Perché Sartori e Di Vaio hanno fatto un ottimo lavoro in una estate non facile.
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