Le bombe di Vlad
Buon compleanno, Pablo Aimar

Pablo Aimar, al secolo Pablo César Aimar Giordano, nasce il 3 novembre 1979 a Río Cuarto, cittadina a sud di Cordoba, in Argentina.
Centrocampista offensivo di grande classe ed estro, con una spiccata propensione per il gol e l’assist decisivo, ha fatto le fortune dei Millonarios del River Plate prima, del forte Valencia allenato da Rafa Benitez poi ed infine del Benfica orfano di Rui Costa.
Soprannominato El Payaso (il Pagliaccio) o El Mago, per la sua folta chioma riccioluta e le sue giocate da giocoliere del pallone, è stato un idolo per una intera generazione di argentini, Leo Messi compreso.
Un piccolo mago
Pablo Aimar comincia a giocare sui campetti di periferia, dove le sue innate doti risaltano subito.
Ama profondamente il calcio e gioca solo per divertirsi, mostrando fin da bambino quel carattere riservato ed introverso che sarà sua caratteristica peculiare.
Comincia prestissimo a giocare da dilettante nelle giovanili dell’Estudiantes de Río Cuarto, squadra cittadina.
Anche se Pablo non cerca gloria e pensa soltanto a divertirsi, l’appuntamento con il suo destino è dietro l’angolo.
Nel 1994 José Pekerman è responsabile delle selezioni giovanili argentine e si ritrova ad assistere ad una partita dell’Estudiantes.
Il quattordicenne Aimar gioca come al solito, alternando finezze a verticalizzazioni improvvise, e guadagnandosi le ovazioni della sparuta platea accorsa.
Pekerman non ha dubbi: quel ragazzo ha un talento innato e può diventare un calciatore fortissimo.
Nonostante Aimar non abbia neppure un contratto da professionista alle spalle, lo invita ad uno stage a Buenos Aires insieme al fior fiore degli under 17 argentini.
Dopo lo stage i dirigenti della albiceleste giovanile non hanno dubbi: Aimar, quel ragazzino che gioca ancora per campetti, viene convocato in nazionale Under-17.
E così lo nota subito un certo Daniel Passarella, che fa carte false per bruciare ogni concorrente sul tempo e convincere il papà di Pablo, spaventato da un salto del genere.
Dopo aver rassicurato personalmente la famiglia del piccolo mago, riesce ad ingaggiarlo, portandolo al settore giovanile del River Plate nel 1993.
Gli esordi nel River e l’esplosione
Dopo tre anni nelle giovanili del River, fa il suo esordio in prima squadra nel 1996.
In quel River, reduce dalla vittoria in Copa Libertadores, giocano fenomeni del calibro di Enzo Francescoli, Ariel Ortega, Hernan Crespo e Marcelo Salas.
Aimar, ciò nonostante, ci mette poco a conquistare i suoi tifosi e ad entrare legittimamente nella storia del club.
Ortega gli fa da “chioccia” e gli regala i suoi primi scarpini.
Tra giocate sopraffine e convocazioni fisse nella nazionale under 20, con cui vincerà il mondiale di categoria nel 1997, Aimar a soli 19 anni, dopo la partenza di un altro mito del River come Marcelo Gallardo, veste la numero 10.
Con il River accende di classe pura la storica rivalità con il Boca Juniors, vincendo cinque campionati nazionali e la Supercoppa Sudamericana del 1997.
L’approdo in Europa
Il 31 gennaio del 2001 viene acquistato dal Valencia del tecnico Héctor Cúper.
Arriva nel mercato di riparazione, dopo aver atteso invano la possibile chiamata del Barcellona che alla fine gli preferisce Overmars.
Farsi strada ed ambientarsi in un gruppo ancora scottato dalla sconfitta dell’anno prima in finale di Champions, contro i Galacticos, non è semplice, ma el hombre vertical crede in lui e lo schiera quasi subito.
In un Valencia che gioca senza trequartista, Aimar fa la seconda punta dietro a Carew contro il Manchester United, nel secondo girone di Champions, e contribuisce in maniera decisiva alle vittorie.
La cavalcata del Valencia si ferma in finale, finale in cui Cúper decide di sostituirlo alla fine del primo tempo e che il club spagnolo perde ai rigori: chissà cosa sarebbe accaduto se Aimar fosse rimasto in campo.
Al tecnico argentino subentra, a fine stagione, Rafa Benitez, con il quale Aimar diventa perno imprescindibile della compagine valenciana.
Il connubio si rivela vincente, ed Aimar con il suo Valencia e sotto la guida di Rafa conquista due scudetti, una Coppa Uefa ed una Supercoppa europea.
Nel 2006, dopo cinque stagioni con il Valencia, Aimar decide che è arrivato il momento di cambiare e si accasa prima al Real Saragozza, nelle cui fila milita per due stagioni tormentate da numerosi infortuni muscolari, e poi al Benfica.
Gli ultimi fuochi
Il suo inizio al Benfica non è dei migliori, faticando l’allenatore Quique Flores a trovare la quadra.
Ma il ds Rui Costa, che crede in lui e su di lui ha puntato forte, non molla.
Sotto la sapiente guida del nuovo allenatore, Jorge Jesus, la stella di Aimar e quella del Benfica ricominciano a splendere.
Anche in Portogallo conquista i cuori dei suoi tifosi, che lo amano e lo ribattezzano El Mago, perché con lui sono tornati i successi: uno scudetto e quattro coppe di lega, questo il bottino del Benfica con Aimar.
Eredita la dieci dello stesso Rui Costa e costruisce un legame indissolubile con la città, dove ancora oggi torna di tanto in tanto.
Dopo cinque stagioni in Portogallo ed una fugace apparizione prima in Malesia, poi di nuovo con il suo River, gioca l’ultima partita della sua carriera il 23 gennaio 2018, con la maglia del suo Estudiantes de Río Cuarto, ritirandosi poi di lì a poco dal calcio giocato.
Aimar oggi
Dopo il suo ritiro Aimar intraprende la carriera da allenatore, diventando prima il tecnico della nazionale argentina Under-17 e poi vice allenatore della nazionale maggiore, accanto al CT Lionel Scaloni.
“Pago tutte le settimane, ogni martedì, per giocare a calcio a 5, a 9, a 7, quelli che siamo. Amici, alcuni ex giocatori, ci rincontriamo e giochiamo, ci divertiamo. Per non farmi giocare non avrebbero dovuto inventare il calcio” ha dichiarato.
Buon compleanno Mago, non smettere mai di divertirti!
(Foto: Depositphotos)
Le bombe di Vlad
Napoli: Nessuno come McTominay

Sette gol e quattro assist: numeri da attaccante navigato, e invece stiamo parlando di un centrocampista, Scott McTominay con le sue prestazioni concrete e decisive, si è guadagnato un posto di riguardo nel panorama della Serie A.
Ma c’è di più: con il suo rendimento, lo scozzese si candida con forza a essere il miglior giocatore anglosassone ad aver mai calcato i campi del nostro campionato.
Un’affermazione forte, ma supportata dai fatti. Basta dare uno sguardo ai nomi che lo hanno preceduto. Ruben Loftus-Cheek ha iniziato bene al Milan, ma è calato vistosamente nella seconda stagione, tanto da essere ora nella lista dei possibili partenti.
Joe Hart, passato fugacemente per il Torino, ha lasciato pochi ricordi, mentre Ashley Young è arrivato in Italia a fine carriera, voluto da Conte all’Inter ma senza lasciare il segno.
E i difensori? Fikayo Tomori ha vissuto una parabola simile: grande impatto iniziale, poi un evidente calo di prestazioni. Chris Smalling, per un certo periodo colonna portante della Roma, ha subito lo stesso destino, scomparendo dai radar per continui problemi fisici. Anche Ashley Young nella sua parentesi giallorossa non è riuscito a brillare.
Guardando indietro nel tempo, ci sono stati nomi altisonanti, soprattutto a centrocampo. David Beckham arrivò al Milan già nella fase calante della sua carriera, come prestito dai Los Angeles Galaxy.
Paul Ince, uno dei migliori centrocampisti del mondo a metà anni ’90, non riuscì a ripetersi all’Inter. David Platt, tra Bari e Sampdoria, offrì buone prestazioni ma mai al livello da trascinare la squadra. Probabilmente oggi faticherebbe a entrare nelle top tre italiane.
E poi ci sono le meteore e gli incompiuti: Paul Gascoigne, talento purissimo ma mai esploso del tutto in Italia. Tammy Abraham, partito forte alla Roma ma frenato dagli infortuni. Mark Hateley, Luthar Bisset, Trevor Francis, Ray Wilkins, nomi che raccontano di passaggi più o meno brevi, più o meno memorabili, ma mai davvero determinanti.
McTominay, invece, è un’altra storia. Arrivato a Napoli con meno clamore rispetto ad altri, ha saputo imporsi con forza e continuità, diventando un perno insostituibile della sua squadra. Non solo per le cifre impressionanti in zona gol, ma anche per la capacità di influenzare il gioco e incidere nei momenti chiave.
Forse non ha il glamour di Beckham o il talento grezzo di Gascoigne, ma McTominay ha qualcosa che molti suoi connazionali hanno lasciato altrove: la concretezza, la costanza, l’impatto. E sì, probabilmente è davvero il miglior anglosassone mai visto in Serie A.
(Foto: DepositPhotos)
Le bombe di Vlad
Il Napoli batte l’Empoli e resta nella scia dell’Inter

Nel posticipo del lunedì sera, il Napoli deve vincere necessariamente contro l’Empoli per provare a rimanere in scia all’Inter
Nel posticipo del lunedì sera, il Napoli deve vincere necessariamente contro l’Empoli per provare a rimanere in scia all’Inter.
Le scelte degli allenatori
Mister Conte conferma il 4-3-3: torna Meret tra i pali, al centro della difesa tocca Juan Jesus a sostituire Buongiorno, out per infortunio. Ci sono poi Mazzocchi e Gilmour al posto degli squalificati Di Lorenzo e Anguissa. In attacco ancora il tridente Politano-Lukaku-Neres.
Nei toscani, il tecnico D’Aversa nel suo 3-4-2-1 dà fiducia ancora a Marianucci in difesa, attenzionato proprio dal club partenopeo; insieme a lui e Goglichidze, è recuperato Viti. Nei quattro di centrocampo, Gyasi e Pezzella larghi con l’ex Grassi e Henderson in mezzo. In attacco giocano Fazzini e Cacace a supporto di Esposito.
Di seguito le formazioni ufficiali:
NAPOLI (4-3-3): Meret; Mazzocchi, Rrahmani, Juan Jesus, Olivera; Gilmour, Lobotka, McTominay; Politano, Lukaku, Neres. A disposizione: Turi, Scuffet, Okafor, Billing, Rafa Marin, Simeone, Ngonge, Raspadori, Hasa, Spinazzola. Allenatore: Antonio Conte
EMPOLI (3-4-2-1): Vasquez; Goglichidze, Marianucci, Viti; Gyasi, Grassi, Henderson, Pezzella; Fazzini, Cacace; Esposito. Allenatore: Roberto D’Aversa
Primo tempo
Pronti via e dopo soli 15 secondi l’Empoli è subito pericoloso. Gli azzurri toscani si fanno vedere dalle parti di Meret con un colpo di testa di Gyasi in area. I toscani al termine dell’azione reclamano un tocco di mano di Juan Jesus, ma per il direttore di gara è tutto regolare. Subito dopo il Napoli prova a costruire con un’ottima uscita dal basso del Napoli:Rrahmani libera lo spazio per Mazzocchi che poi cerca Politano in profondità, ma viene fermato da Viti. Al terzo minuto McTominay finisce a terra dopo aver subito un colpo da Viti, gli azzurri protestano giustamente per il fallo non fischiato.
In un minuto c’è una doppia situazione interessante, sia da un lato che dall’altro: prima, al quinto minuto, Neres riceve isolato sull’out di sinistra: cross insidioso del brasiliano che viene rigettato dalla difesa toscana. Sull’altro versante, invece, dopo una ripartenza fulminea dell’Empoli, cross di Pezzella per Fazzini che pochi passi colpisce male di testa.
Senza particolari sussulti, nei primi 10 minuti, l’Empoli gioca in maniera spavalda pressando molto alto. Di contro il Napoli, accetta il pressing basso, provando verticalizzazioni improvvise per Lukaku. I padroni di casa provano a costruire: al minuto 12 Mazzocchi realizza una buona percussione centralmente, poi però sbaglia la misura del passaggio. Dopo un giro di lancette Neres-Olivera provano a connettersi, l’uruguagio però sbaglia il passaggio che avrebbe chiuso la triangolazione sull’out di sinistra.
Al quarto d’ora il Napoli conquista un calcio di punizione per un fallo di Viti su Gilmour. Della battuta si incarica Politano con un cross morbido: un flipper in area per poco non favorisce Lukaku a due metri dalla porta. Provvidenziale l’intervento di Marianucci che mette in corner.
Dopo due minuti arriva il vantaggio del Napoli: al 17′ minuto Lukaku defilato sulla linea laterale trova una palla geniale che taglia l’Empoli in due. McTominay riceve centralmente, punta l’area e arrivato al limite trafigge Vasquez con un destro violento e preciso a incrociare. Napoli-Empoli 1-0.
L’Empoli prova a rispondere e si rende ancora pericoloso sull’asse Pezzella-Gyasi: il primo trova il secondo in area che di testa manda alto.
Poi è ancora Napoli: Politano si accentra sul mancino e calcia a giro, costringendo Vasquez a fare un difficile intervento. Insistono gli azzurri: dopo un fraseggio nella trequarti avversaria, Gilmour tenta il tiro dal limite ma è debole e centrale.
Al 23′ minuto prova a farsi vedere Esposito che, in area, accerchiato da tre difensori si gira sul mancino e conclude. Ma la difesa del Napoli respinge. Pochi minuti dopo, al 27′ minuto, Politano sfila via sulla destra e fa un cross morbido di piede debole: sul secondo palo recapita Neres che schiaccia il tiro di mancino, ma Vasquez si oppone e devia in corner.
Alla mezz’ora è l’Empoli che prova ad impensierire Meret: prima c’è un traversone a rientrare di Cacace sul secondo palo: ci arriva coi tempi giusti Marianucci che però di testa non riesce a indirizzare nello specchio della porta. Un minuto dopo Rrahmani perde un pallone sanguinoso nei pressi dell’area: Fazzini riesce a calciare dai 16 metri ma il suo tiro finisce alto.
Il Napoli continua a risalire il campo, grazie ad un ottimo lavoro di McTominay. Al 36′ lo scozzese illumina per Neres. Il brasiliano rientra sul piede debole e non se la sente di calciare, così va al cross che però termina direttamente sul fondo. Al minuto 39 Meret si rende protagonista di un ottimo intervento.
Su una palla vagante Esposito calcia benissimo al volo dai 25 metri: la palla s’alza e s’abbassa con il portiere azzurro che riesce a respingere in corner. Al 41′ minuto arriva la prima ammonizione della partita: Lukaku interviene in ritardo su Marianucci e si prende il giallo. Il primo tempo scorre tranquillo e, dopo un solo minuto di recupero, Fabbri fischia la fine, mandando tutti negli spogliatoi.
Secondo tempo
La ripresa inizia con il Napoli che spinge per provare a chiuderla, conquistando subito un angolo che batte Gilmour. Colpisce Juan Jesus di testa, ma la palla termina alta. Politano prova a fare incursioni ma la retroguardia dei toscani è attenta. McTominay prova a replicare la rete, ma colpisce malissimo e la palla termina altissima. Al minuto 52 Politano commette un fallo e l’Empoli può usufruire di un calcio di punizione da buona posizione. Ma viene calciata direttamente tra le braccia di Meret.
Al minuto 54 grande giocata di David Neres sul lato sinistro del campo, manda a vuoto Goglichidze e serve in area Olivera, il colpo di testa del terzino sinistro termina di pochissimo fuori.
Un minuto dopo, al 55′ minuto, arriva il raddoppio del Napoli: azione lunga e manovrata del Napoli che prima non riesce con Gilmour e Lukaku a concludere in rete ma recupera immediatamente il pallone, Politano scarica dietro a Olivera che al centro dell’area di rigore serve Lukaku, l’attaccante aggiusta il pallone ed insacca per il raddoppio
Al minuto 58 la ripresa del gioco è lenta poiché il VAR controlla un possibile tocco di mani di Juan Jesus in un rimpallo in area. Alla fine del check, al minuto 59 l’Empoli sostituisce Fazzini con Colombo.
Il Napoli cala il tris ancora con Scott McTominay che realizza la sua doppietta personale: palla recuperata da Olivera sul lato sinistro, subito il pallone viene indirizzato a David Neres che scatta sulla fascia servendo al centro Politano, da questi il pallone a Lukaku che dal lato destro dell’area di rigore mette un pallone morbidissimo per l’incornata perfetta dello scozzese.
Lo stadio inizia a cantare intensamente: i tifosi spingono la squadra. Ancora McTominay colpisce un palo, con la porta spalancata, ancora su assist di Lukaku. I due, che giocavano insieme al Manchester United, si intendono alla perfezione e sono scatenati.
Nota negativa a 20 minuti dalla fine: Juan Jesus si strappa. E’ costretto alle cure mediche in campo. Poi viene sostituito da Rafa Marin. Da valutare le sue condizioni per le prossime due gare a Monza e, in casa, contro il Torino. Cambia anche l’Empoli: dentro Ebuehi e fuori Viti. Subito dopo Conte richiama in panchina Mazzocchi che si prende la standing ovation del pubblico e inserisce Spinazzola.
Alla ripresa del gioco David Neres accende i motori, scatta sulla fascia brucia Ebuehi e cerca Lukaku ma il sinistro del belga sfiora il palo. Alla prima interruzione di gioco, al minuto 80, continua la girandola di sostituzioni. Prima il Napoli effettua un triplo cambio: escono Gilmour, Politano e Lukaku, entrano Billing, Ngonge e Raspadori. Poi anche D’Aversa effettua una doppia sostituzione: fuori Cacace e Henderson dentro Kovalenko e Sambia.
Il Napoli insiste e si procura una doppia chance ancora: prima McTominay ci prova al volo ed impegna Vasquez, poi David Neres che dopo 2 dribbling scarica il suo destro ma il portiere colombiano dice ancora no. Anche se lo scozzese era partito in fuorigioco e sarebbe stato inutile.
Ammonito anche Goglichidze per un fallo inutile. Negli ultimi minuti di gioco il Napoli si limita a gestire il giropalla, mentre l’Empoli prova a chiudere gli spazi di manovra dei partenopei. L’arbitro assegna 3 minuti di recupero. Il Napoli si limita a gestire e controllare il gioco. L’Empoli prova a farsi vedere dalle parti di Meret ma senza creare particolari problemi. Al triplice fischio, il Napoli ritorna a meno tre dall’Inter.
Conclusioni
Il Napoli era chiamato a rispondere alla vittoria dell’Inter. Nel posticipo del lunedì, ha affrontato un avversario caparbio e tosto come l’Empoli che, seppur con qualche defezione, aveva bisogno di importanti punti salvezza.
L’Empoli imposta una partita all’attacco, tanto da costringere il Napoli ad accettare un pressing basso, provando improvvise verticalizzazioni in avanti. In particolare su Lukaku. I primi 15 minuti trascorrono senza particolari sussulti. Al 17′ minuto McTominay porta in vantaggio il Napoli, approfittando, di un’intuizione geniale di Lukaku.
Dopo il vantaggio l’Empoli prova a reagire, ma il Napoli fa buona guardia.
L’unica azione che impensierisce la retroguardia azzurra è un tiro velenoso di Esposito dai 25 metri, ma Meret è attento e fa buona guardia. Il primo tempo scivola via senza particolari sussulti, se non per un’ammonizione a Lukaku che interviene in ritardo su Marianucci.
Nella ripresa il Napoli scende in campo per provare a chiuderla subito e spinge forte. L’Empoli, però, fa buona guardia. Però il Napoli nel giro di 5 minuti, la chiude con un uno- due spaventoso: prima Lukaku al 55′ e poi, ancora McTominay al 60′, calano il tris, sigillando il risultato.
Lo scozzese è scatenato e dopo essere stato innescato, ancora una volta, da Romelu Lukaku, colpisce un palo in pieno, con la porta spalancata. Purtroppo, a 20 minuti dal termine, Juan Jesus si strappa ed è costretto ad uscire. Al suo posto Rafa Marin. Le sue condizioni sono da valutare.
Cambia l’Empoli inserendo Ebuehi per Viti. E cambia ancora anche Conte che richiama Mazzocchi per inserire Spinazzola. Il pubblico dedica una standing ovation e un applauso infinito al ragazzo napoletano.
A dieci dalla fine parte la girandola di sostituzioni. Prima c’è un triplo cambio nel Napoli: escono Gilmour, Politano e Lukaku, entrano Billing, Ngonge e Raspadori. Poi anche D’Aversa effettua una doppia sostituzione: fuori Cacace e Henderson dentro Kovalenko e Sambia. Il Napoli non è domo e crea una doppia occasione: Vazquez si fa trovare pronto, ma sarebbe stato tutto inutile visto il fuorigioco di partenza di McTominay.
L’arbitro concede 3 minuti di recupero. Durante i quali, il Napoli abbassa i ritmi. L’Empoli prova a farsi vedere dalle parti di Meret ma senza creare particolari patemi. La gara finisce e il Napoli risale a meno 3 dall’Inter.
(Foto: Depositphotos)
Le bombe di Vlad
Napoli: Il secondo tempo resta un tabù

Il pareggio di Bologna lascia il Napoli a -3 dall’Inter, ma i segnali dal campo non convincono. Il secondo tempo resta un enigma, e ora con l’Empoli servono risposte.
Missione compiuta, almeno sulla carta: tornare da Bologna mantenendo il distacco dall’Inter era l’obiettivo minimo di giornata, e il Napoli ci è riuscito. Ma il pari del Dall’Ara, complice anche lo stop nerazzurro, nasconde più ombre che luci. La squadra di Conte continua a mostrare due facce, e quella vista nel secondo tempo comincia a diventare un caso serio.
Napoli, due squadre in una
Primo tempo autoritario, tante occasioni costruite, ritmo alto, qualità. Poi, come già accaduto più volte in stagione, il buio. Il Napoli si è praticamente sciolto nella ripresa, lasciando campo e iniziativa a un Bologna più fresco e determinato. La fotografia di una squadra che ancora non riesce a gestire le partite nei 90 minuti, con un crollo che non può essere spiegato solo con un calo fisico.
I precedenti sono ormai troppi per non parlare di tendenza: Como, Milan, Fiorentina, Udinese, Roma. Stesso copione. E in molti casi, i punti sono arrivati solo grazie al vantaggio accumulato nei primi 45′. Il problema, stavolta, è che nonostante le occasioni, il Napoli non è riuscito a concretizzare e si è trovato a gestire un risultato mai realmente al sicuro.
Questione tattica e mentale
Conte sembra preparare molto bene i piani gara iniziali, con approcci convincenti. Ma quando gli avversari cambiano assetto e intensità, gli azzurri faticano ad adattarsi. Il baricentro si abbassa, si difende il risultato invece di cercare il colpo del KO, e i cambi arrivano spesso troppo tardi – quando arrivano.
Stellini nel post-partita ha parlato di “pressione di fare risultato” come possibile spiegazione. Una pressione che sembra bloccare le gambe e, forse, anche le idee. E contro squadre organizzate come il Bologna, il rischio di pagare caro certi passaggi a vuoto è altissimo.
Nuovo allarme in vista dell’Empoli
Il calendario adesso sembra più favorevole: le ultime sette partite saranno tutte contro squadre della parte destra della classifica. Ma guai a pensare che siano incontri semplici. L’Empoli, prossimo avversario al Maradona, è in piena zona salvezza e arriverà a Napoli con il coltello tra i denti.
E Conte dovrà ancora una volta fare i conti con le assenze. Out per squalifica sia Anguissa che Di Lorenzo, ammoniti a Bologna. Da monitorare poi le condizioni di Meret, che potrebbe tornare dopo l’influenza, e quelle di McTominay e Buongiorno, entrambi acciaccati. Resta fuori anche Spinazzola, ancora ai box.
Insomma, una nuova emergenza per l’allenatore azzurro, che dovrà cambiare almeno due pedine e sperare in qualche recupero last minute. Il finale di stagione si preannuncia intenso, e il Napoli – se vuole restare aggrappato all’obiettivo – deve imparare a durare più di 45 minuti.
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