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Cagliari, Ranieri: “Dobbiamo saper reagire. Molto contento di Oristanio. Sugli infortunati…”

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Cagliari, Ranieri

Il tecnico del Cagliari Claudio Ranieri ha parlato nella conferenza stampa pre-gara in vista del delicatissimo scontro salvezza con il Lecce. Di seguito le sue parole.

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Le parole di Ranieri

C’è una possibilità per Nandez? A Milano si è sentito tradito dalla prestazione?
“Tradito no, mi è dispiaciuto perché ci siamo sciolti al sole. Dopo aver preso gol ci siamo depressi e non mi è piaciuta la partita, l’ho detto ai ragazzi, c’è modo e modo di perdere. Non parlo dell’impegno e della corsa, ma se tu non metti tattica e non stai applicato fai delle figure come abbiamo fatto noi. L’infermeria si sta svuotando. Nandez si è allenato, Dossena e Augello si sono allenati, Pavoletti e Prati no”.

Come si esce da questo momento?
“Lo sapevamo dall’inizio che non sarà un campionato facile, dobbiamo essere positivi. Noi abbiamo tutte sfide. Ci aspettavamo qualcosa in più dai nuovi, ma non dobbiamo colpevolizzarli, stanno cercando di adattarsi. Andiamo a giocarci un pezzettino di Serie A. Il pubblico ci deve stare vicino perché abbiamo delle difficoltà. Solo così possiamo stare in A”.

E’ il punto più basso per il suo Cagliari?
“Non lo so, per me il punto più basso è quando la squadra non corre. Abbiamo fatto gol anche a Milano. Quando giochi bene e prendi gol così dici porca miseria. Dobbiamo saper reagire”.

Come sta Radunovic? E Prati?
“Prati non si è allenato. Radunovic da titolare ha sbagliato a inizio campionato e l’altra sera non ha fatto bene. Ci parlerò”.

Ha solo Petagna e Oristanio davanti?
“Fa parte del calcio. Pavoletti ha ricevuto un colpo sul piede dove si era fratturato l’anno scorso”.

Il mercato in entrata?
“Prima bisogna vendere, così come altre dieci, quindici società almeno di Serie A. Significa che dobbiamo vendere qualcuno e poi dobbiamo fare il mercato in positivo, vendendo dobbiamo acquistare a meno. Questo è tutto”.

E’ questa l’occasione per Oristanio per venire fuori?
“Di Oristanio sono molto contento perché ha sempre fatto la sua parte. Forse solo contro l’Inter non l’ho visto al 100%. E’ un ragazzo determinato e sa quello che vuole”.

In che reparto interverrebbe?
“Altra domanda, grazie”.

Cosa si aspetta dal Lecce?
“Cercheranno di batterci e tenerci sotto. Noi dobbiamo fare la nostra partita. Sappiamo che è una squadra molto aggressiva. Il Lecce è la seconda squadra per falli nella metà campo avversaria”.

Recupera Makoumbou. Un giudizio sul suo rientro? Jankto è in difficoltà?
“Makoumbou per noi è importante. Adesso vediamo come sta anche lui. Da Jankto mi aspettavo di più. Oggi non si è allenato perché ha la febbre”.

Come si aspetta il girone di ritorno?
“Sappiamo di dover lottare, lo faremo fino in fondo e alla fine vedremo dove saremo. Dobbiamo stare tutti compatti a tenere alta la fiammella della Serie A”.

Con questi giocatori si può arrivare all’equilibrio che ha sempre contraddistinto le sue squadre?
“Io credo di si, i ragazzi cercano di migliorare, richiedono di rivedere gli errori. Facendo giocare sempre gli stessi dietro riusciamo a fare delle cose buone in difesa”.

Serie A

Inter, non tutto è perduto: i motivi per crederci ancora

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Inter

L’Inter si avvicina al prossimo impegno di campionato contro la Lazio, nel quale dovrà dare continuità al duello col Napoli. C’è ancora speranza per lo Scudetto.

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I nerazzurri dopo la conquista della finale di Monaco tornano a San Siro per, quantomeno, rimandare ogni discorso sul prossimo campione della Serie A all’ultima giornata.

Inter, la speranza è l’ultima a morire

I passi falsi contro Bologna Roma uniti alla continuità del Napoli hanno contribuito a far scivolare la squadra di Inzaghi al secondo posto in classifica. Il punto di distanza con due sole partite da giocare sembra irrecuperabile tuttavia, in casa nerazzurra la speranza è l’ultima a morire e a sostegno di questa tesi le argomentazioni sono diverse.

Asserendo che il destino non è più nelle mani di Lautaro e compagni, i motivi per crederci si possono identificare a partire dai titoli persi dai nerazzurri al fotofinish della Serie A. Se si torna al drammatico pomeriggio di Roma quando la Lazio vinse 4-2, consegnando lo Scudetto alla Juventus oppure al recupero contro il Bologna e la famosa “papera” di Radu il primo sentimento di rabbia e voglia di rivalsa.

Barcellona-Inter

ESULTANZA INTER ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Tante volte il titolo è stato assegnato sul gong e diverse di queste hanno coinvolto i nerazzurri, in questa stagione l’epilogo potrebbe essere lo stesso. Tuttavia la solidità del gruppo e la costanza dimostrata col passare delle giornate unite al vantaggio costruito fino al mese di Aprile, fanno pensare a un possibile ribaltone nelle ultime due giornate. Se il Napoli dovesse inciampare a Parma, l’Inter sarebbe pronto ad approfittarne e si riporterebbe in testa con un solo match da disputare.

La finale di Champions League deve rimanere il 31 maggio e non entrare nella testa dei giocatori già adesso. Ovviamente solo il pensiero genera una scarica di adrenalina non indifferente ma è fondamentale mantenere il focus. I motivi per crederci ci sono, tocca a Inzaghi gestire al meglio la situazione.

 

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Serie A

Serie A: 21 anni fa l’ultimo match di Roberto Baggio

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Il 16/05/04 la Serie A, ma in generale tutto il mondo, assisteva all’addio al calcio di uno -se non il migliore- calciatore italiano degli ultimi 30 anni.

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“Da quando Baggio non gioca più, non è più domenica”. Così canta Cesare Cremonini, e a pensarlo non solo lui. Da quel maggio del 2004, in cui il Divin Codino giocò la sua ultima partita, il calcio ha perso un altro pò della sua magia.

Serie A

Italian football star Roberto Baggio waves to fans during a promotional event for Olympic products in Guangzhou, south Chinas Guangdong province, September 2, 2007.
Italian football star Roberto Baggio arrived in China August 29, 2007. It is the second time for Roberto Baggio to come to China, and he is here to be an ambassador for Olympic products. His six-day-trip in China covers Beijing, Hangzhou and Guangzhou.

Serie A: l’ultima alla scala del calcio

A San Siro, quella domenica, si festeggiava lo scudetto del Milan. Ma si sa, per ogni buona notizia c’è sempre il rovescio della medaglia. Destino ha voluto che in quello stadio, in cui aveva giocato, il numero 10 del Brescia chiudeva una carriera magica. Una vita calcistica quasi a livello del miglior poema epico, con gioie e dolori, soprattutto fisici. Infatti, il nativo di Caldogno in carriera tra le tante noie fisiche annovera due menischi in meno, i legamenti di un ginocchio ricostruiti, tre operazioni e due anni senza giocare.

Ma l’amore per il calcio sempre vivo. Quel 16 maggio di ormai 21 anni fa il “ragazzo”, fortemente voluto da Carletto Mazzone, con gli occhi e le ginocchia di cristallo lasciava il calcio in quel di Milano. Una tela impreziosita da quella cornice che era San Siro, in lacrime.

Commozione e gratitudine, ammirazione e consapevolezza che le sua magie palla al piede sarebbero rimaste uniche, irripetibili.

Serie A: il momento esatto in cui il tempo calcistico si è fermato

Ottantaquattro. Un numero come un altro? Non quel giorno. Al minuto 84′, Roberto Baggio esce dal campo. Una passerella annunciata e strameritata. Indimenticabile l’abbraccio con un’altra leggenda del nostro calcio: Paolo Maldini. 

Come marchiate a fuoco le parole di Fabio Caressa in telecronaca: “Si chiude qui una delle carriere più belle della nostra del calcio italiano. Esce dal campo forse il giocatore più amato del calcio italiano. Sicuramente uno dei più forti di tutti i tempi.”.

A più di vent’anni da quello storico pomeriggio, Baggio ricorda bene il giorno del suo addio: “Ricordo ancora molto bene quella mia ultima domenica sul campo, davanti al meraviglioso pubblico di San Siro: 80.000 persone tutte in piedi per regalarmi un applauso che mai potrò dimenticare e che porto nel cuore come un prezioso ricordo pieno di gratitudine e di riconoscenza: in quel momento, compresi che qualcosa di buono avevo fatto anche io”.

Le prodezze del Codino

Tanti hanno parlato di lui: Michel Platini lo definì “più che un 10 un nove e mezzo”.

Con il pallone ai piedi è stato l’italiano più brasiliano che sia mai esistito, ma soprattutto è stato il giocatore più amato dagli appassionati, anche se un po’ meno da alcuni tecnici. Baggio ha unito l’Italia intera del tifo che ama la bellezza pura. È stato capace di vestire le maglie “contrapposte” della Serie A di Fiorentina, Juventus, Milan e Inter, e semmai i tifosi si sono divisi per lui – come nel ’90 per il passaggio dal viola al bianconero – non contro di lui.

I gol a Italia ’90, le lacrime per il rigore sbagliato a Pasadena al Mondiale 1994, le magie in campo, gli infortuni e le rinascite, la conversione al buddhismo, la delusione per la mancata convocazione al Mondiale in Korea e Giappone, l’addio totale al mondo del calcio, il buen ritiro in Argentina. Percorsi difficili da pensare di essere fatti in una vita e da una persona soltanto.
I numeri, poi, quasi irreali per un uomo con alle spalle tutte quelle operazioni chirurgiche (la maggior parte in giovane età). Per il Divin Codino 643 presenze e 291 gol. Quasi impossibile da contare gli assist.  Il pallone d’oro con la Vecchia Signora del 1993. Giocatore geniale e leader silenzioso. Roberto Baggio è stato unico nel suo genere. Leggenda, poesia, musica. Finché per molti, per tutti, non è stata più domenica.

Gli omaggi al Divin

Molti hanno “cantato” di lui. Dal già citato Cesare Cremonini, al grande Lucio Dalla, che nel 2001 cantava “Baggio Baggio”. Per arrivare poi al più recente Diodato, con la canzone “L’uomo dietro il campione”, colonna sonora del film “Il Divin Codino”. Probabilmente la pellicola che non gli ha reso la giustizia che meritava.
D’altronde non sarà un film a rovinare, o meglio, depotenziare tutto quello che il ragazzo classe 1967 ha regalato al mondo.
Da quel maggio del 2004 “Non è più domenica”.

 

 

 

 

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Serie A

Sartori-Italiano, la “coppia d’oro” fa la storia del Bologna

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Bologna

Il Bologna trionfa in Coppa Italia dopo 51 anni, battendo il Milan 1-0 allo Stadio Olimpico: Sartori e Italiano protagonisti di un successo storico.

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Sartori

VINCENZO ITALIANO PUNTA IL DITO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Un trionfo atteso da mezzo secolo

Il Bologna ha finalmente riscritto la storia, riportando a casa la Coppa Italia dopo ben 51 anni. Grazie al lavoro impeccabile di Giovanni Sartori e Vincenzo Italiano, i rossoblù hanno conquistato un trofeo che mancava da troppo tempo nella bacheca del club. Nonostante le loro capacità siano state spesso sottovalutate dalle grandi squadre, Sartori e Italiano hanno dimostrato di essere tra i migliori nei rispettivi ruoli. La loro dedizione e strategia hanno permesso al Bologna di ottenere un successo che sembrava quasi un miraggio.

Sartori e Italiano: pilastri del successo

Giovanni Sartori, direttore sportivo, e Vincenzo Italiano, allenatore, hanno saputo costruire una squadra solida e competitiva, capace di affrontare avversari di alto livello e portare a casa la Coppa Italia. La loro visione e il loro impegno hanno trasformato il Bologna in una squadra capace di competere ai massimi livelli del calcio italiano. Questo trionfo non solo rappresenta un importante traguardo per il club, ma è anche un riconoscimento del talento e della competenza di due professionisti che hanno saputo lavorare in sintonia per un obiettivo comune.

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Fonte: l’account X di Schira

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