Serie A
Collina: “Mai provato a lasciare il campo. Perugia-Juve? il campo non era messo così male. Sui rigori dico questo.”

Pierluigi Collina si è raccontato in una lunga intervista concessa a Repubblica, dove ha commentato alcuni episodi che hanno influenzato la sua vita calcistica.
Collina: “La precisione millimetrica sui fuorigioco aiuta”
Ha mai avuto la tentazione di lasciare il campo per degli insulti?
“No, mai. Ma hanno provato a farmi lasciare il campo. Anzi: a farmi smettere di arbitrare perché avevo perso tutti i capelli. Quando a 24 anni ho sofferto di alopecia totale, nel giro di due settimane ho perso tutte le forme pilifere e solo perché ero “bravino” ho continuato. I vertici arbitrali mi fermarono per 3 mesi. Poi mi fecero un test: mi mandarono ad arbitrare una partita a Latina, uno stadio caldo, per vedere che effetto facessi alle persone. Sarò sempre grato a quel pubblico: a loro quel giorno non poteva fregare meno di avere un arbitro senza capelli”.
Cosa ha pensato in quei tre mesi senza calcio?
“Che fosse un’ingiustizia. Ma nello stesso periodo uno dei miei migliori amici stava facendo la chemio per un osteosarcoma. Eravamo entrambi senza capelli, ma il vero problema era il suo, non il mio”.
Lei è un collezionista?
“Ho una collezione che potrebbe fare invidia a un museo del calcio. C’è il pallone della finale della Coppa del Mondo 2002: quel giorno ho fischiato la fine della partita con credo 13 o 14 secondi di ritardo, ininfluenti per il risultato, per avere la certezza che il pallone fosse fra le mie mani, per portarlo a casa con me. Alla premiazione, prima di ricevere la medaglia, una persona dell’organizzazione mi disse: “Pierluigi, se mi dai il pallone te lo tengo io”. Gli risposi: “Non ci penso neanche lontanamente, il pallone resta con me”. Nelle foto della cerimonia sono sempre con quel pallone in mano”.
E ora dov’è il pallone?
“Nello studio dove lavoro: ci sono un po’ di palloni, di magliette. A chi ama il calcio luccicherebbero gli occhi. Ho la maglia di Ronaldo, sempre della finale 2002: arrivò negli spogliatoi, me la diede dentro un sacchetto ancora sudata. E di quel giorno ho anche quella di Cafu. E di Hamann”.
Una maglia storica, quella di Ronaldo: per i due gol decisivi e per l’acconciatura a mezzaluna…
“Con Ronaldo ho un ottimo rapporto. Anni dopo ci siamo rivisti a un evento benefico e chiacchierando gli dissi: ‘Ronnie, ma quel taglio di capelli?’. E lui mi disse: Ma proprio tu parli?’”.
A proposito di partite particolari: in un Foggia-Bari del 1997 fece cambiare il campo alle due squadre nel secondo tempo.
“Quella volta dagli spalti tiravano di tutto verso il portiere del Bari ed evitai che dovesse restare nella porta sotto la curva del Foggia: l’allora giudice sportivo Maurizio Laudi, una persona straordinaria, disse che l’interpretazione data era ultra legem sed non contra legem. Era la maniera per portare a casa la partita, con la condivisione dei protagonisti. Giocatori e tecnici mi chiedevano: ‘Ma si può fare?’. Dissi: ‘Se voi mi dite che vi va bene, lo facciamo’”.
E poi Perugia-Juve del 2000, lo scudetto alla Lazio in rimonta e lei sotto il diluvio con l’ombrello.
“Quello che fu sicuramente anomalo, fu il tempo tra quando fu sospesa la partita e quando riprese. Ma le condizioni del campo non erano poi così brutte, abbiamo visto situazioni peggiori. Chi era lì lo scrisse sul giornale e i giudizi furono unanimemente positivi”.
In entrambi i casi, decisioni coraggiose.
“Decidere è quello che ho imparato a fare dall’età di 17 anni, quando ho iniziato ad arbitrare, ed è la cosa di cui sono più riconoscente, a questo percorso. Scontato dire che sei grato di aver diretto la finale della Coppa del mondo, la finale di Champions. La cosa che veramente ha fatto la differenza per me come uomo è stata imparare a decidere a quell’età. E nel 1977, non oggi che i ragazzi di 17 anni fanno cose che noi non ci sognavamo. Io arbitravo partite di giocatori adulti, dovevo decidere e assumermi la responsabilità della decisione. Mi ha aiutato a essere l’uomo che sono”.
C’è un momento nella vita in cui quest’abitudine può diventare un problema?
“È chiaro che quando sei abituato a prendere decisioni tendi a prenderle, anche quando magari dovresti demandarle. Ma a casa ho sempre cercato di creare una sorta di riserva indiana, dove entri e sei un po’ isolato dal contorno: ti aiuta molto”.
C’è una scena famosa, in cui lei allontana Repka da Davids spingendo col pugno sul suo petto.
“Lì facevo il peacekeeper. E l’unico modo era quello, o almeno quello era il mio modo per calmare la situazione. Forse non potrei fare il casco blu dell’Onu, ma funzionò”.
Ha mai vissuto in campo conflittualità particolari?
“Mi ricordo che una volta, due o tre settimane dopo una partita, mi arrivò a casa una foto in cui eravamo ritratti io e Casiraghi faccia a faccia. E non eravamo sereni. Ma la cosa buffa è che dietro c’erano due frasi scritte a mano da lui: “Anche se dalla foto non sembra, la stima è sempre tanta”. Fu bello”.
A tanti non piacciono i gol annullati per un centimetro di fuorigioco visto con il microscopio della telecamera.
“L’accuratezza però è sempre un vantaggio. Poi potremmo dire: due centimetri sono così determinanti? A 40 metri dalla porta forse no, magari in area di rigore lo diventano. Mettere una soglia? Bisogna sempre cercare di capire se la soluzione risolve il problema, o se invece ne crea un altro, magari peggiore. E poi: fino a quanto i centimetri non sono rilevanti? Due, cinque, dieci? Oggi grazie alla tecnologia nel fuorigioco, così come nel gol-non gol, abbiamo una certezza quasi assoluta”.
Abbiamo visto recuperi fiume, ai Mondiali in Qatar, accolti da reazioni contrastanti.
“Quando hai partite in cui si gioca per 42 minuti effettivi secondo me ti devi porre la domanda: è giusto? Certe interruzioni vanno compensate. Il gol è un momento di gioia, dover interrompere l’esultanza di chi ha segnato per tutelare chi lo ha subito e il suo diritto di riprendere il gioco è una cosa illogica. In Qatar dopo un gol vedevi le riserve entrare in campo per festeggiare con i compagni di squadra. Per me questo è fair play”.

la grinta dell’arbitro Szymon Marciniak che punta il dito ( FOTO SALVATORE FORNELLI )
Capitolo rigori: capita spesso che l’attaccante sbagli ma segni sulla respinta. Non è un vantaggio enorme per chi calcia?
“Credo che esista un gap eccessivo tra le possibilità che ha l’attaccante e quelle del portiere. Già si segnano in media il 75% dei calci di rigore, e spesso il rigore è un’occasione maggiore di quella che è stata tolta con il fallo. In più si dà anche la possibilità di giocare la respinta del portiere? Secondo me i portieri dovrebbero lamentarsi”.
Che soluzione suggerisce?
“L’ho già detto in discussioni che abbiamo avuto all’Ifab: una soluzione è il one shot. Come nei rigori dopo i supplementari: non c’è respinta, o fai gol o si riparte da un calcio di rinvio, punto. E così eviti anche il teatrino che oggi c’è prima di un calcio di rigore, con tutti lì intorno all’area. Sembrano i cavalli ai canapi prima della partenza del Palio di Siena”.
È vero che già quando arbitrava in interregionale imparava i cognomi dei giocatori a memoria per chiamarli in campo?
“Lo facevo molto prima dell’interregionale. È una questione psicologica: se a una persona abituata a sentirsi chiamare con un numero ti rivolgi usando il suo cognome, la tua incisività è superiore, la responsabilizzi. Avevo una enorme memoria fotografica”.
Serie A
Fiorentina, Frey su De Gea: “Ero un po’ scettico, ma ora…”

L’ex giocatore francese Sébastien Frey commenta il nuovo portiere della Fiorentina David De Gea, mostrando scetticismo e contentezza per il suo “successore”.
Successivamente all’entrata dell’anno scorso del portiere spagnolo David De Gea nella Fiorentina, l’ex calciatore francese classe 1980 Sébastien Jacques André Frey, appartenuto alla squadra viola fino al 2011, ha voluto dire la sua.
Frey, divenuto recentemente opinionista a Serie A Show su DAZN, ha espresso la sua opinione riguardo il suo “giovane” collega spagnolo, di grande impatto per la società fiorentina.
“Lo conosco però di fama perché gioca ad altissimi livelli da tanti anni”.
Tuttavia, nonostante la perfetta performance che De Gea ha ottenuto fino ad ora in campo, l’ex portiere francese ha mostrato le sue reticenze verso l’ex calciatore del Manchester United: in quanto appena tornato in forma e in campo dopo un lungo periodo di inattività.
“A dir la verità ero un po’ scettico…Per l’inattività. Stare fermo più di un anno (e a quell’età) per un portiere è difficilissimo. Pensavo avesse bisogno di più tempo per tornare in forma e adattarsi a un contesto nuovo”.
Fiorentina, le parole di Frey su De Gea
A prescindere dalle “critiche” mosse e dai timori fatti emergere in superficie, Frey ha definito De Gea come un suo pari: simile per caratteristiche e mentalità assunte in campo.
“Un po’ mi assomiglia. Anche lui è molto istintivo, come me”.
Lo difende persino dai rimproveri del pubblico, che lo accusa di muoversi poco in campo e di uscire raramente dalla porta, dicendo:
“Lo dicevano anche di me. Però un portiere deve fare scelte in un centesimo di secondo. Spesso uscire non conviene”.
Una confessione dolce-amara quella di Frey, ma che evidenzia, con grande umiltà, il rispetto verso lo spagnolo De Gea e la sua inconfutabile grandezza alla Fiorentina.
Serie A
Italia-Maldini, Condò: “Fa due o tre partite di livello, gli manca una cosa”

Daniel Maldini ha esordito nell’ultima partita Italia-Germania. Il giocatore dell’Atalanta è subentrato, provando a inventare qualcosa per gli azzurri.
Dopo la sconfitta contro la Germania, Spalletti starebbe pensando di concedergli più spazio in vista del ritorno di Dortmund. L’ex Monza è uno dei pochi giocatori che ha capacità di inventare, sebbene non sia continuo.

LA GRINTA DI DANIEL MALDINI IN AZIONE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Maldini, le parole del giornalista Paolo Condò
Sul talento scuola Milan si è espresso Paolo Condò, noto giornalista sportivo di Sky: “All’Italia manca il grande centrocampista offensivo. Manca il Musiala, il Wirtz, il Bellingham, il Dani Olmo. L’Italia ha eccellenti mezzali, come Barella e Tonali. Quando vedo giocare Daniel, fa delle cose che mi fanno pensare: se le facesse per 90 minuti e non in maniera estemporanea, sarebbe di un livello molto elevato. Secondo me Daniel Maldini giocherà la prossima stagione le Coppe e con una stagione intera europea aumenterà il suo livello tecnico. Vedo in lui tante cose ma non le vedo per più di due o tre giocate a partita: i giocatori citati prima ne fanno 15 a partita.”
Serie A
Cagliari, brutte notizie: infortunio e lascia la Nazionale

Da questa sosta per le Nazionali arriva una brutta notizia per il Cagliari di Davide Nicola che è in piena lotta salvezza: infortunio e rientro in Italia.
Si tratta dell’esterno sinistro Adam Obert, che ha rimediato un problema fisico in Nazionale. Nella sfida di andata contro la Slovenia era subentrato al posto di Vavro e solamente 11 minuti dopo è stato costretto ad abbandonare il campo a causa di un problema al tendine che lo perseguita già da qualche settimana.
Il tecnico della Slovacchia Calzona gli ha dato il via libera per tornare in Italia in anticipo e saltare di conseguenza la sfida di ritorno contro la Slovenia. I tempi di recupero sono da valutare e il giocatore lavorerà con lo staff medico del Cagliari per cercare di recuperare in vista della sfida salvezza contro il Monza del prossimo 30 Marzo.
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