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Giornata 28, in testa vincono tutte ma…

Completato il tabellone della giornata 28 di serie A con le prime quattro tutte vittoriose.
Aveva aperto la Juventus nell’anticipo di venerdì imponendosi con un perentorio 4 a 0 sul Lecce all’Allianz Stadium, ha risposto la Lazio regolando all’Olimpico la Fiorentina in rimonta, hanno concluso Atalanta e Inter, entrambe in trasferta, conquistando i tre punti contro Parma e Udinese.
Gli altri risultati
Nell’altro campionato il Napoli si conferma in palla al San Paolo imponendosi su una volenterosa ma troppo fragile Spal, così come il Milan che a San Siro regola nei secondi 45 minuti con il classico risultato inglese la Roma di Fonseca, dopo una prima frazione senza grosse emozioni.
Sassuolo e Verona, due tra le “piccole” più brillanti di questa stagione, danno vita a un pirotecnico 3 a 3, un pareggio che alla fine accontenta più i ragazzi di De Zerbi, capaci di riacciuffare in extremis i gialloblu di Juric, che avevano costruito un meritato doppio vantaggio al Mapei Stadium.
Il Cagliari ritrova un Nainggolan decisivo e strapazza 4 a 2 il Toro, il Bologna di Mihajlovic è corsaro a Marassi dove l’orgoglio blucerchiato non basta ad evitare la terza sconfitta consecutiva e a muovere una classifica difficile. Infine il Brescia sciupa il doppio vantaggio e deve dividere la posta con un Genoa che acciuffa il pari grazie a due rigori.
Le quattro di testa
Quattro vittorie, posizioni e distanze invariate. Nulla di nuovo quindi? Beh, analizzando le quattro gare ci si rende conto che le cose non stanno proprio così.
Sugli scudi, ancora una volta, l’Atalanta di Gasperini, capace di impressionare per condizione atletica e ricchezza di soluzioni offensive. L’undici di Bergamo non è certo una squadra capace di gestire il risultato e questo è in definitiva il suo unico e pesantissimo limite, l’elemento che probabilmente impedisce ai terribili ragazzi della Dea di insidiare posizioni di vertice. Ma quando la squadra gira, come in questa anomala ripresa della stagione, l’Atalanta ruba gli occhi di chi neutrale la osserva. A Udine Gasperini ha schierato contemporaneamente Papu Gomez, Zapata e Muriel e per i bianconeri di Gotti c’è stato ben poco da fare, nonostante uno strepitoso Lasagna. E per far rifiatare il Papu, a 10 dal termine e col risultato sul 3 a 1 a favore dei nerazzurri, Gasp ha messo in campo Josip Ilicic. Muriel in giornata di grazia ha steso i friulani con un uno-due micidiale: dapprima una punizione dai 30 metri infilata nel sette alla destra di un incolpevole Musso, che difendeva l’altro lato, poi con un micidiale destro al volo dalla distanza a incrociare, finito nel sacco a fil di palo con Musso, nonostante i tre gol subiti tra i migliori dell’Udinese, che non ha potuto fare altro che guardare.
Se con la Lazio la rimonta è stata costruita su un gioco corale e straripante, a Udine si è vista un’Atalanta diversa ma ugualmente efficace. Freuler, Pasalic e Hateboer, così come De Roon e Gosens subentrati agli ultimi due, hanno giostrato maggiormente a centrocampo, limitando le incursioni in zona gol rispetto al solito e lasciando al tridente d’attacco il compito di colpire. E i due colombiani, entrambi ex, hanno colpito, anzi affondato, l’Udinese. Tra i friulani uno strepitoso Lasagna, che ha fatto impazzire la difesa atalantina e ha tenuto in vita i suoi con una doppietta. Non decisivi gli innesti, forse tardivi, di Okaka e Nestorovski.
Se l’Atalanta vola e incanta, lo stesso non può dirsi dei nerazzurri di Conte, che a Parma appaiono sotto tono per tre quarti di gara e vanno sotto di un gol con Gervinho che capitalizza un contropiede dei suoi facendo fuori con una finta Candreva e infilando Handanovic. Eriksen sembra la copia sbiadita di se stesso e anche davanti Lukaku e Lautaro Martinez non pungono. L’Inter ovviamente tiene il pallino del gioco anche perché il Parma preferisce giocare di rimessa, e la partita si gioca soprattutto nella metà campo del Parma, ma la manovra appare lenta e scontata, mai dando l’impressione di sfociare in un assedio. Al minuto 69 Conte fa uscire Eriksen, Candreva e Biraghi, anche quest’ultimo molto al di sotto dell’ultima sua apparizione, e inserisce Sanchez, Moses e Young. La pressione dell’Inter aumenta e solo all’84 arriva il pareggio grazie ai colpi di testa di due difensori, De Vrij e Bastoni. L’Inter porta a casa i tre punti decisivi per non perdere contatto con Juve e Lazio e per tenere a bada l’Atalanta, ma la sensazione è quella di un gruppo che avverte la fatica, che dipende molto, forse troppo, dai singoli e ancora in difficoltà a livello di gioco corale.
Juventus e Lazio
La Juve di Sarri, alle prese con l’emergenza infortuni sui laterali di difesa, si conferma fisicamente sotto tono, come se si trattasse di calcio d’Agosto. Rabiot titolare non convince e Pjanic, ormai destinato a fare le valigie a fine stagione, non è in serata di grazia. Davanti Ronaldo sbaglia troppo per un fuoriclasse del suo livello mentre Dybala cerca di infilarsi tra le strettissime linee di un Lecce che a Torino bada a non lasciare spazi letali. Anche Bantancur è al di sotto delle ultime prestazioni, così come Bernardeschi. Il primo tempo si chiude così a reti bianche con il Lecce che paga un’unica ingenuità del suo centrale, Lucioni, che alla mezz’ora controlla male un passaggio orizzontale nella propria trequarti, si fa soffiare il pallone dall’accorrente Bentancur e lo stende prima che l’uruguagio possa involarsi solitario verso la porta. Fallo da ultimo uomo, cartellino rosso inevitabile.
Nella ripresa ci vuole un’altra ingenuità della difesa leccese perché la palla possa finire a Ronaldo che scarica a Dybala un pallone che l’argentino si porta avanti con la suola per poi scaricarlo in rete con un fendente preciso e imparabile. Non passano neanche 10 minuti che Rossettini si fa anticipare in piena area da CR7 e lo stende. Rigore che stavolta il portoghese non fallisce: 2 a 0 per la Juventus e partita virtualmente chiusa senza che i bianconeri abbiano fatto poi granché e soprattutto con un Lecce che paga care le uniche ingenuità di una partita altrimenti ottima. Il risultato viene poi arrotondato tra l’83mo e l’85mo da Higuain, subentrato a Dybala, e de Ligt, per una punizione che appare davvero eccessiva per quanto visto in campo.
La Juve prosegue a punteggio pieno con due vittorie, sei reti segnate e nessuna subita. Ma dietro questi numeri c’è la sensazione di una squadra ancora troppo compassata che risolve grazie all’invenzione del campione o all’errore dell’avversario.
A Roma si consuma l’ennesima rimonta di questo scorcio di campionato, con la Lazio di Inzaghi che va sotto contro una buona Fiorentina orfana di Chiesa ma con un Ribery in gran spolvero che infila Strakosha a metà del primo tempo e per tutta la prima frazione è una spina nel fianco. Sergej Milinkovic Savic è piuttosto nervoso, si fa ammonire come Parolo e la manovra biancoceleste non decolla. Al termine del primo tempo anche Bastos finisce sul cartellino del direttore di gara, Fabbri, ma la sensazione è che il giallo fosse più vicino al rosso, tanto che Inzaghi lo toglie e lo sostituisce con Radu. Nel secondo tempo la Lazio insiste e al minuto 66 arriva l’episodio che cambia la gara: Caiceido controlla una palla in area e viene a contatto con Dragowski. Fabbri è talmente deciso nell’indicare il dischetto che non si ricorre al VAR tra le proteste viola. Immobile pareggia. Inzaghi sostituisce gli esterni Jony e Lazzari con Lukaku e Marusic. La Fiorentina si difende e riparte, creando qualche imbarazzo con un vivace Vlahovic. Ma al minuto 82 la Lazio si prende l’intera posta con una discesa di Luis Alberto che al limite dell’area cerca un compagno e trova un rimpallo che gli consegna un pallone perfetto da colpire e che non ascia scampo all’estremo difensore viola. La Lazio è viva e tiene il passo ma è netta la sensazione che sia ancora lontana dalla squadra vista fino all’interruzione del campionato.
Quattro vittorie ma tra loro assai diverse, per un campionato che potrebbe riservare ancora molte sorprese e che davanti, come in ottica europa e in coda, è ancora incerto.
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Real Madrid, Ancelotti: “La sconfitta non deve essere un trauma. Ho avuto problemi con tanti giocatori…”

Real Madrid, Carlo Ancelotti è stato ospite al PoretCast di Giacomo Poretti, dove ha analizzato tanti temi legati all’attualità del mondo del calcio e del suo futuro.
A seguire un estratto della puntata
Real Madrid, le parole di Ancelotti
Che pensi della Sconfitta, in generale?
“La sconfitta non deve essere un trauma ma una opportunità di capire cosa non ha funzionato, è un allarme da tenere in considerazione. La gestione più importante della sconfitta parte dall’autocritica, mentre la tendenza nel mondo del calcio è la ricerca del colpevole. Che poi è facile da trovare… è l’allenatore (ride, ndr)”.
Hai mai avuto delle scenate da parte di qualche giocatore?
“Tanti giocatori… ho avuto problemi con tanti, però alla fine si sono sempre risolti. Non voglio fare i nomi, ma c’era un giocatore che quando io parlavo si metteva l’asciugamano davanti per non ascoltare quello che dicevo, era l’inizio della carriera. Ci sono giocatori che quando li metti in panchina fanno fatica a salutarti la mattina. E lì si confonde la persona e il giocatore: tu sei una persona che gioca a calcio, io sono una persona che allena e l’ho spiegato a tanti calciatori nella mia carriera. Rapporto con la religione? Sono superstizioso e non è buono esserlo. Però non esserlo porta sfiga”
Che aria si respira qui al Real Madrid?
“Il Real Madrid è un club unico come struttura: i proprietari sono i soci, qui il presidente si prende carico delle eventuali perdite, ma il club è gestito a livello sportivo e i proprietari sono i soci. Questo fa sì che la storia, la tradizione e la cultura si tramanda da padre in figlio. E questo Florentino Perez ce l’ha molto chiaro, i valori sono chiari e non esiste un giocatore che potrà essere ‘più’ del club”.
Quando finirai di allenare il Real Madrid, il successore sarà tuo figlio?
“Io non decido, è una cosa chiara. Prima o poi succederà. Davide diventerà un allenatore bravo. Quando andrò in pensione continuerò a seguire il calcio, ma mi piacerebbe andare in giro a visitare il mondo con mia moglie”.
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Negredo appende gli scarpini al chiodo: “Calcio, grazie di tutto”

L’ex campione d’Europa Alvaro Negredo ha annunciato, attraverso un video sui social, il suo ritiro dal calcio giocato. “Grazie di tutto”.
Alvaro Negredo appende gli scarpini al chiodo. L’ex attaccante ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato. Il video, postato sui social, lo ritrae mentre entra in uno spogliatoio e si toglie gli scarpini dai piedi, il tutto accompagnato da una semplice ma toccante frase: “Grazie di tutto, calcio”.
L’attaccante classe ’85 ha vestito tantissime maglie, soprattutto in Spagna passando dall’Almeria, al Siviglia per poi andare al Valencia e finire la sua carriera lo scorso anno con la maglia del Valladolid. Nel mezzo anche un’esperienza in Premier League con la maglia del Manchester City, club dove ha raccolto la maggior parte dei trofei conquistati in carriera.
Infatti, Negredo con la maglia dei Citizens ha conquistato nel 2014 la Premier League e una Coppa di Lega. Con il Siviglia, nel lontano 2010, ha vinto una Copa del Rey, mentre con l’Al Nasr (non quello di CR7). Ovviamente il trofeo più ambito portato a casa è sicuramente l’Europeo con la maglia delle Furie Rosse nel 2012.
A livello personale può anche contare due trofei come miglior marcatore della Liga nel 2011 e nel 2013.
Adesso l’ex attaccante sta frequentando il corso da allenatore al Siviglia C, il che lo farà rimanere nel mondo del calcio ancora per un pò.
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Mondiale per Club, buone notizie da Infantino per gli esclusi

Il Mondiale per Club si arricchisce di un montepremi da record per le squadre partecipanti: e per i club non partecipanti? Un “premio” di consolazione.
Ci sono buone notizie per le squadre che non riescono a rientrare nella rosa delle 32 squadre partecipanti al Mondiale per Club.
A comunicarla è stato il presidente della FIFA Gianni Infantino, che già ieri aveva annunciato la notizia di un montepremi record per le squadre partecipanti alla competizione: la bellezza di un miliardo di dollari.
Ma non è tutto: ai club che non rientrano tra i partecipanti sarà previsto un budget di 250 milioni di euro a titolo di solidarietà.
Mondiale per Club, Infantino ribadisce: “Per la prima volta nella storia un fondo di solidarietà”
Infantino lo ha ribadito in un post Instagram. Questo il testo: “Nella riunione del Consiglio FIFA di mercoledì a Zurigo, abbiamo confermato che sarà distribuito nella Coppa del Mondo per club FIFA per i club partecipanti 1 miliardo di dollari ed un obiettivo di un minimo aggiuntivo di 250 milioni di dollari come solidarietà ai club non partecipanti di tutto il mondo. Inoltre, la FIFA prende zero! Questo modello di distribuzione stabilisce un nuovo punto di riferimento per sostenere la crescita e lo sviluppo del calcio di club a livello globale, garantendo a squadre di tutto il mondo del beneficio.
Inoltre, per la prima volta nella storia del calcio per club, la Coppa del Mondo per club FIFA fornirà un fondo di solidarietà che sarà distribuito a livello mondiale. Il premio in denaro per i club partecipanti e il fondo di solidarietà globale saranno interamente coperti dai ricavi del torneo. Ciò significa che le riserve della FIFA – che sono disponibili per lo sviluppo del calcio globale – rimarranno intatte”.
Si stima che la competizione porterà nelle casse di FIFA ricavi complessivi ammontanti a 2 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi di ricavi commerciali e da diritti tv e 500 milioni di ricavi da biglietti e hospitality.
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