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Inter, Dimarco: “In Svizzera perché troppo giovane per giocare in Italia. Su Inzaghi…”

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Inter, Di Marco - Depositphotos

Il giocatore dell’Inter, Federico Dimarco, ha rilasciato un’intervista a cuore aperto al BSMT: podcast di Gianluca Gazzoli.

Federico Dimarco parla a cuore aperto in un’intervista di un’ora e mezza, concessa al podcast di Gianluca Gazzoli (il BSMT) che poi è stata pubblicata anche sul canale ufficiale del creator. Un’intervista lunga, sentita, in cui il laterale nerazzurro ha ripercorso le orme della sua carriera: dagli inizi all’imposizione ai massimi livelli.

Inter, le parole di Dimarco

Di seguito le parole di Dimarco.

Soprannomi
C’è sempre stato Dima, poi Dimash nasce da quando sono tornato all’Inter. È stato mister Inzaghi a inventarlo. Come mai? Sinceramente non lo so, gli è nata così dal nulla e da lì anche un po’ per gli altri sono diventato Dimash e l’abbiamo portato avanti. E quando abbiamo vinto il campionato l’abbiamo usato. Whisky? Era ai tempi del Verona, ma è passato“.

Tanti impegni
Vestire la maglia della nazionale è sempre bello. Ovvio ci sono tante partite durante l’arco dell’anno e devi sapertele gestire al meglio sia con l’Inter che con l’Italia. Sai quando c’è il campionato ci sono tante partite e puoi gestirtele meglio. Quando sei in Nazionale sono partite secche e devi tenere in alto l’onore della maglia“.

Nazionale

Stiamo facendo bene dopo il brutto Europeo che abbiamo fatto e ci voleva questa nuova freschezza. Come funziona? Noi giochiamo in campionato e la domenica sera ci si ritrova a Coverciano. In base a quando giochi il ritrovo è la domenica sera, solo se giochi domenica sera slitta alla mattina. Un po’ di giocatori rispetto all’Europeo sono cambiati, sono arrivati tanti giovani e questo è un bene perché la squadra giovane ha tanti margini per crescere. Fa un bell’effetto. Io non è che ci sono arrivato prestissimo in Nazionale. 2 anni fa sono arrivato a giocare con continuità con mister Mancini. Da lì è iniziato un percorso, c’è stato l’Europeo e nessuno è contento di com’è andata ma da li si riparte“.

Predestinato

Io sono l’ultimo dei predestinati, quando scendo in campo con la maglia dell’Inter cerco sempre di essere Dimarco. Come sono in campo lo sono anche fuori. Sono un competitivo, cerco sempre di aiutare i miei compagni e nelle partite importanti cerco di dare uno stimolo in più. Quando vesti la maglia dell’Inter ci sono partite più importanti delle altre e quindi cerco sempre di dare il mio contributo con una parola in più e questo mi piace perché devo tanto a quello che ho passato nel settore giovanile, quello che mi hanno insegnato tutte le persone che ho avuto e cerco di portarmele sia fuori dal campo che quando vado in campo“.

Gestire le sconfitte

È sempre bello leggere i complimenti. A me non piace paragonarmi con nessun giocatore. Poi quando ti paragonano a leggende del calcio fa piacere, ma non mi fa impazzire il paragone. Nel calcio si vive anche di momenti. Io nell’Inter ho vissuto sia momenti belli che momenti brutti. Io quando perdiamo una partita, un campionato, la finale di Champions, io vado davvero in down totale. Poi quando analizzo le cose cerco di ripartire, mi fisso un obiettivo. Finita la nazionale dopo quella finale di Champions persa mi sono posto l’obiettivo di vincere il campionato e così è stato. Una bella rivincita, poi la seconda stella, è stato bello“.

Se c’è una settimana di lavoro ci metto un paio di giorni. In quei giorni sono veramente incazzato. I miei amici mi conoscono, fin da quando scendo dagli spogliatoi e vado al garage sanno già come sto. Nelle settimane in cui si gioca ogni 3 giorni devi azzerare subito. Fortunatamente l’anno scorso ne abbiamo perse poche ed è stato più facile.”

Dimarco

FEDERICO DIMARCO SI RIALZA DA TERRA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Tifoso

Sicuramente giocare nell’Inter da tifoso fa tantissimo piacere. Io forse vivo troppo le partite. Negli anni da quando sono tornato all’Inter, pian piano giocando partite di un certo livello ho anche imparato a gestire le emozioni. Prima giocare con Barcellona, Real Madrid… non era da tutti i giorni. Facendoci l’abitudine è diventata la normalità e la cosa bella è giocare quelle partite lì. La partita da brividi? L’ultimo derby l’ho sentito, era una partita che ci poteva dare tantissimo come togliere. L’esordio in Champions? Un po’ amaro, ho giocato col Real e abbiamo perso. L’inno è unico, ti da delle vibrazioni dentro che non hanno paragoni“.

Maglia

È difficile guardarla da fuori. In campo cerco di essere me stesso e non cambio. Giocare per l’Inter per me è una cosa bellissima e cerco di dare il massimo. L’ho detto nel video per la festa scudetto: er me questa maglia va trattata coi guanti, lo penso davvero“.

Inizio

Inizio a giocare a calcio a 5 anni, alla Calvairate dalle mie parti. Poi subito dopo sono andato all’Inter. Avevo 8 anni e da lì ho fatto tutta la trafila fino all’esordio in prima squadra, dove c’era Mancini. Quando mio padre mi ha portato la prima volta a calcio ha detto: ‘Vedete com’è, se si diverte tenetelo qui se no vengo a prendermelo’. Loro e mio zio mi seguivano molto, ma mi hanno sempre tenuto coi piedi per terra“.

Pregiudizi

Negli anni sono sempre stato un po’ ‘giudicato’. Mi dicevano ‘No questo è piccolo’, ‘non arriverà mai’ ‘adesso è pronto ma vedrete che fra due anni non diventerà nessuno’. Il lavoro però paga, io ho cercato sempre di stare zitto e lavorare e alla fine sono arrivato“.

Esordio

Io ho iniziato ad andare in prima squadra quando avevo 16 anni. C’era Mazzarri in panchina, ma c’erano le leggende del triplete come Samuel, Milito, era l’ultim anno di Zanetti. Quando sei così giovane è come una giostra. Vedere Milito che ha fatto quella doppietta in finale di Champions è stato emozionante. In quel periodo andavo solo ad allenarmi. Quando è subentrato Mancini ho iniziato ad essere conovcato. Poi i due esordi in Europa League e contro l’Empoli a fine campionato. Per l’importante era esordire, è stato bello c’erano tanti ragazzi della Primavera convocati. All’epoca però c’erano ancora solo 3 cambi, eravamo in 4-5 e sono stato fortunato, però è stato bellissimo perché emozioni così si provano una volta sola. Quella sera ho fatto 4 ore di viaggio di ritorno, ho dormito ad Appiano e mi sono allenato la mattina dopo“.

Ascoli

L’anno dopo faccio 6 mesi in cui non gioco mai e a gennaio vado ad Ascoli in una situazione difficile. Era la prima volta che andavo fuori di casa ed è stata bella, stimolante. Ero da solo e salvarsi all’ultima giornata dopo che la società era stata ripescata è stato bellissimo. Dopo Ascoli ho fatto Empoli ed è stato un anno dove ho fatto 13-14 partite e non avevo giocato tantissimo“.

Sion

L’anno dopo avevo delle squadre che mi volevano per fare il giovane dietro al giocatore più esperto e non essendo d’accordo ho provato a cambiare e sono andato in Svizzera. Ero partito benissimo, ma dopo la prima partita mi rompo il metatarso. Avevo 19 anni, il momento era importante e da lì rientro dopo 4 mesi dove era cambiato l’allenatore. Ora riderete, a gennaio eravamo ultimi o penultimi e il presidente della squadra si è inventato che dovevamo andare a fare una settimana di militare con le forze armate francesi per punizione.

Abbiamo fatto il training, magari in caserma, nei campi. Dormivamo col sacco a pelo in mezzo ai campi, alle 6 svegli a camminare per 5/6 chilometri fino a che mangiavamo dentro le scatolette riscaldate col fuoco, ci facevano sparare, non con armi vere, ma è stato una sorta di addestramento militare. A me quando l’han detto non volevo andare, se non andavi però non ti pagava. Eravamo più carichi e ha funzionato, ma poi ho discusso con l’allenatore e non ho più giocato“.

Figlio

Diciamo che quell’anno lì lo stare fuori mi ha fatto capire altre culture e tante altre cose. Avevo anche imparato il francese, ma è stata una bella esperienza. È stato un anno difficile perché ho anche perso un figlio con la mia fidanzata, ma sono cose che mi hanno fatto crescere“.

Dimarco

LA GRINTA DI FEDERICO DIMARCO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Ritiro

In Italia non mi voleva nessuno. Neanche in Serie B credo. Alla fine è arrivato il Parma e anche lì ho fatto 3 o 4 partite, ho fatto gol e poi basta, distacco del tendine dell’adduttore e altri 4 mesi fermi. Anche lì ho fatto veramente poco. Dopo Sion volevo smettere, mi dicevo: ‘a me chi me lo fa fare di soffrire così’. Poi a volte dici quello che pensi, ti guardi dentro e alla fine il mio obiettivo era solo uno. Far ricredere le persone che non credevano in me, che non credevano in Dimarco, e alla fine ci sono riuscito: facendo il mio percorso.“.

Conte

Non credo che l’inversione c’era stata a Parma. Dopo un paio di allenamenti tornato all’Inter viene Conte e mi dice: ‘Dimarco, voglio che rimani’. Li ero felice perché quando arriva uno come lui e ti dice quelle cose rimani un po’ spiazzato. Alla fine ho fatto 6 mesi e a gennaio ho dovuto supplicarlo per andar via. Erano però arrivati altri giocatori come Ashley Young, Moses e da lì ho scelto di andare a giocare. Era bello stare all’Inter, ma non mi sentivo a mio agio, mi sentivo inadatto per il livello che mi sembrava troppo alto per me“.

Verona

A Verona un anno e mezzo è stato il cambiamento più importante della mia piccola carriera. È stato un’insieme di cose, il mister mi ha dato la possibilità di esprimere le mie qualità. Il direttore era stato chiaro fin  dall’inizio e in passato non era stato così. Ogni volta che li vedo sia Ivan Juric che Tony D’Amico li saluto. Io quando sono andato a Verona ci sono andato per scelta personale. C’era gente che mi diceva cosa ci vai a fare.

Sono decisioni che ho sempre preso personalmente senza farmi consigliare. Ero convinto però che con quell’allenatore e con quel modo di giocare potevo svoltare. Alla fine ho avuto ragione io. L’unica cosa che mi dispiace è aver giocato con lo stadio vuoto per il Covid perché loro hanno un bel tifo. Spero di essere rimasto nel loro cuore“.

Imposizione

Non mi hanno mai detto che era il momento di tornare a casa o cose del genere. Mi hanno solo detto di tornare per andare in ritiro. Non sapevo niente, il Verona poteva comprarmi e l’Inter aveva il controriscatto. Però da lì pian piano, esperienza dopo esperienza, cresci e diventi tutt’altro giocatore rispetto a prima. Non ero comunque pronto per giocare determinate partite. Poi quando inizi a fare quelle esperienze impari a stare nello spogliatoio con determinati giocatori, il tuo livello si alza se impari a rubare quello che c’è di positivo“.

Esempi

Un giocatore fondamentale per me fu Perisic. Quell’anno lì fece cose incredibili. Poi se hai nello spogliatoio gente come Edin Dzeko, che ha giocato in grandi squadre, ti trasferisce l’esperienza. Poi Skriniar, Handanovic, Barella che lo conosco da quando avevo 15 anni. Bastoni, poi vabbé Lautaro. Le parole più belle? Del direttore Piero Ausilio. Mi sono guardato indietro e sentire quelle parole dal direttore mi hanno fatto bene“.

Percorso

Io penso che ogni giocatore debba essere padrone del proprio destino. Quando fa delle scelte deve essere consapevole e andare in fondo alla scelta. Ogni giocatore è diverso, io magari ho avuto bisogno di cambiare 5 squadre prima di tornare all’Inter, ma non si può giudicare un percorso rispetto a un altro. Ognuno deve fare quello che si sente, quello che paga è il lavoro. Quando sono tornato all’Inter ho sentito la differenza, mi sentivo pronto. Dopo aver fatto tante esperienze e dimostrato chi ero veramente mi sono sentito importante“.

Inzaghi

Mister Inzaghi mi ha fatto subito capire che ero importante. È stata una svolta, è stato lui a dirmi che dovevo restare. Quando torni poi alcune persone vengono da te e ti dicono: ‘non pensavamo diventassi così’ è una bella rivincita. Sono queste le cose più belle che ti danno più soddisfazioni“.

Seconda Stella

“Bisogna buttarsi in mezzo alla gente. Ogni tanto è giusto rompere la monotonia e festeggiare insieme ai propri tifosi. Alla gente fa piacere vedere tutto questo. Lo stesso valeva per me quando ero piccolo… apprezzavo molto quando i calciatori venivano a festeggiare con i tifosi, insieme alla gente che li supportava“.

Finisce qui l’intervista di Federico Dimarco.

Dimarco

FEDERICO DIMARCO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Serie A

Venezia-Lecce, i convocati di Di Francesco

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Venezia-Udinese, Di Francesco

Per la sfida di domani contro il Lecce, valida per la 13ª giornata del campionato di Serie A Enilive 2024/25, il mister Eusebio Di Francesco ha convocato 26 giocatori per il Venezia.

Venezia

Venezia calcio ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La partita si giocherà domani alle ore 20:45 presso lo Stadio Pier Luigi Penzo.

Bjarkason è stato convocato per la prima volta dopo l’operazione all’ernia bilaterale, segnando il suo rientro in squadra dopo il lungo infortunio.

Joronen, portiere titolare, è out per un problema al ginocchio.El Haddad è stato escluso dalla convocazione in quanto è appena tornato dal suo impegno con la Nazionale.

La lista dei convocati:

Portieri: Matteo Grandi, Bruno Bertinato, Filip Stankovic.
Difensori: Giorgio Altare, Antonio Candela, Franco Carboni, Ridgeciano Haps, Jay Idzes, Richie Sagrado, Joel Schingtienne, Marin Sverko, Michael Svoboda, Francesco Zampano.
Centrocampisti: Magnus Kofod Andersen, Gianluca Busio, Bjarki Bjarkason, Domen Crnigoj, Issa Doumbia, Alfred Duncan, Mikael Ellertsson, Hans Nicolussi Caviglia.
Attaccanti: Christian Gytkjaer, Gaetano Oristanio, Joel Pohjanpalo, Antonio Raimondo, John Yeboah.

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Serie A

Como-Fiorentina 0-2: le pagelle viola al pepe

La Fiorentina vince la settima partita di fila del proprio Campionato e aggancia la vetta della classifica di Serie A. Le pagelle ai calciatori gigliati.

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Milan

Settima vittoria consecutiva della Fiorentina in Campionato (8 vittorie ed un pareggio nelle ultime 9), che diventa la capolista (in coabitazione) della Serie A, in attesa di Napoli-Roma.

Pagelle Fiorentina

De Gea 7: non andiamo oltre il 7, solo perché i 3 miracoli che fa nella stessa azione sono quasi inutili, nel senso che il tutto era viziato da fuorigioco ed un eventuale goal avversario sarebbe stato annullato. Comunque saracinesca.

Dodò 7-: un pochino meno instancabile del solito per i due lunghi viaggi per la Nazionale, ma straordinario comunque. Treno.

Comuzzo 7-: un muro che fa sembrare semplici tutte le chiusure. Arcigno.

Ranieri 7: come Comuzzo, con in più un bel piedino in impostazione. Completo.

Gosens 6,5: sbaglierà anche qualcosa, ma è davvero un calciatore che si fa sentire in positivo. Esperienza.

Cataldi 6: rientra dall’infortunio con lo stesso dinamismo, ma con un pizzico di qualità in meno. Convalescente.

Adli 7+: non è solo il goal, ma il fatto che gioca sempre e comunque la palla in avanti, mai scontato nel passeggino laterale. Verticale.

Colpani 5,5: fa un recupero difensivo decisivo nel finale di prima frazione, coprendo Dodò. Ma è l’unica giocata non banale della sua partita. Si può dare di più.

Beltran 6,5: altro assist decisivo ed ennesima gara di lotta e grinta. Grimaldello.

Bove 7-: lotta come un leone su ogni pallone con garra, intelligenza e grande dinamismo. Stantuffo.

Kean 7-: ma che goal ha fatto? Bomber di razza.

Sottil 7: lo strappo nell’azione del secondo goal gigliato vale il prezzo del biglietto. Imprendibile.

Martinez Quarta 6: da subentrato, si mette a battagliare nella metà campo viola. Combattivo.

Ikoné 6: vivace nelle ripartenze, anche se poco lucido nell’ultimo passaggio o al tiro. Rapido.

Kayode n.g.

Pongracic n.g.

Palladino 8: le sue pagelle sono tutte uguali ormai. Fa rendere al massimo i giocatori a disposizione. Top.

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Serie A

Torino, Vanoli: “C’è rammarico, volevamo un altro risultato. Abbiamo bisogno dei tifosi”

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Torino, Vanoli

Torino, Paolo Vanoli Nesta ha parlato nella conferenza stampa odierna a seguito del pareggio ottenuto in casa contro il Monza nella 13° giornata di Serie A

Il Torino di Paolo Vanoli non va oltre il pareggio contro il Monza, in una sfida che sembrava alla portata per rilanciarsi in campionato. I granata, passati in vantaggio grazie al gol di Masina, non sono riusciti a mantenere il controllo della gara e si sono fatti raggiungere pochi minuti dopo da una rete di Djuric, che ha fissato il punteggio sull’1-1.

Con questo risultato, il Torino sale a quota 15 punti in classifica, occupando l’undicesima posizione dopo 13 giornate. Tuttavia, il pareggio odierno interrompe una striscia di tre sconfitte consecutive, mitigando una crisi di risultati che si stava facendo sempre più preoccupante.

Nonostante ciò, è evidente che la squadra di Vanoli stia attraversando un momento difficile. Il Toro non riesce più a vincere e fatica a esprimere un gioco convincente.

A seguire le parole del mister Paolo Vanoli nel post gara.

Torino

Torino, le parole di Vanoli

Era importante interrompere il trend di sconfitte: come accogliete questo pareggio?
“C’è rammarico, volevamo un altro risultato. La cosa positiva è che lo abbiamo cercato a tutti i costi, in alcune partite ci era mancato. E devi anche stare attento che non succeda lo scherzo…Oggi ho visto un passo in avanti”

Vi condizionava un po’ il clima surreale allo stadio?
“No, ho abituato i giocatori ad essere focalizzati sul campo. I tifosi devono sostenerci, ora devono esserci ancora più vicini e so che lo faranno”

Un giudizio su Njie
“E’ stato bravo ad entrare così, ha qualità. Chi è entrato ha dato di più per provare a vincere. Lui deve viverla con gioia, ha un futuro ma deve capire come fare il calciatore”

I tifosi l’hanno acclamata…
“Mi sono sempre stati vicini, ma vorrei che stessero vicino alla squadra che ne ha bisogno. Mancano ancora sei partite al girone d’andata, dobbiamo accelerare”

E’ mancata un po’ di precisione nei tiri?
“Quando attraversi questi periodi, ti manca lucidità. Ma chi è entrato ha voluto provare a vincere. Anche il momento ti porta ad essere poco qualitativo, sei un po’ frenetico. Lazaro era un po’ troppo basso per sfondare…Ora abbiamo un’altra evoluzione rispetto a inizio stagione. L’importante è tirare, i nostri giocatori hanno qualità”

Un commento sui gol su piazzati: Vlasic marcava Djuric?
“Non era studiata, ma lavoravamo a zona. La seconda linea doveva essere bloccata, in quel caso poteva prenderla l’uomo davanti a Vlasic. L’altezza fa la differenza, ma Vlasic ha fatto ciò che doveva”

Ancora su Njie, è entrato con una cattiveria che chi ha iniziato la sfida non aveva…
“Non deve frenarsi, deve solo divertirsi. Mi dispiace quando i giovani vengono attaccati perché sbagliano, Njie deve tenere il sorriso e deve capire come diventare un giocatore. Ha dimostrato qualità nell’uno contro uno, è un giocatore che ha caratteristiche diverse. Ci ha aiutato ad accederci, ha fatto bene”

Come può inserire Njie in un eventuale undici titolare?
“Tutti i giocatori della rosa possono giocare dal primo minuto. Che parta o che entri, deve sempre darci questo. E’ stato bravo lui ma anche Vojvoda è entrato benissimo. Stiamo lavorando su nuovi meccanismi e dobbiamo lavorarci”

Come ha visto Gineitis e Pedersen?
“Mi piace l’intraprendenza di Pedersen, ha le caratteristiche di corsa di Bellanova e Vlasic lo manda bene nello spazio. Abbiamo fatto meno bene a sinistra, anche Gineitis non ha mai trovato lo spazio per attaccare. Lui e Ricci sono andati meglio con il doppio centrocampista, è una soluzione che si può pensare”

Eravate impauriti ad inizio primo tempo?
“Viene dal periodo che stiamo attraversando. Quando arrivano i risultati giochi con la mente libera, ora vorresti fare e sei troppo frenetico. Quando sei libero di testa, segni anche all’incrocio dei pali…Ma questi periodi possono solo che farci crescere”

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