La Juventus si riscopre sesta in classifica. 18 punti dopo 10 giornate sono una delle peggiori partenze dell’ultima decade.
La Juventus non perde mai, ma non vince più. La squadra granitica di inizio stagione è scomparsa assieme a Bremer. Una solidità difensiva di allegriana memoria, che per un po’ ha celato i reali problemi di Madama e contribuito a giustificare il colpevole ritardo nella costruzione dell’ennesimo rinascimento bianconero.
La Juventus, nelle prime sette partite, aveva subito un gol. Nelle ultime sei, ovvero dall’infortunio del brasiliano in poi, sono stati undici in sei partite. Un dato allarmante, che i giochisti hanno provato a mettere in secondo piano con i loro consueti deliri su una presunta estetica del calcio. La sensazione è che Thiago Motta, dalla gara contro il Cagliari in poi, abbia effettivamente provato a cambiare la disposizione in campo dei suoi.
Probabilmente il tecnico italo-brasiliano era il primo ad essere consapevole che senza il suo (quasi) connazionale non si potesse conservare quella solidità difensiva, ma paradossalmente ha scelto il momento peggiore per accelerare il processo di transizione della sua squadra. La Juventus scappa meno all’indietro ed è meno preoccupata dall’idea di dover coprire rapidamente tutti gli spazi, facendosi trovata corta e compatta.
Al contrario, la Juventus cerca di tenere un baricentro più alto ma non ci riesce. Prova ad essere più aggressiva e a pressare maggiormente in avanti, ma sbaglia sistematicamente i tempi del pressing. Bremer era il giocatore che avrebbe permesso alla squadra di tenere un baricentro più alto, grazie alla sua velocità e alla sua capacità di giocare con tanto campo alle spalle, ma Allegri prima e Motta poi hanno sempre scelto di non farlo.
E proprio lo spettro di Max torna ad aleggiare sinistramente a Vinovo, con il suo straordinario inizio nello scorso campionato (ma derubricato come “ordinario” dai giullari di corte) che rappresenta un metro di paragone dal quale non è possibile sottrarsi. Lo scorso anno, dopo dieci giornate, la Juventus aveva 23 punti. Questo ci porta a due riflessioni. La prima è la conferma che, con quella rosa, non si potesse fare meglio di Allegri.
Anzi, fin troppo bene ha fatto il tecnico labronico considerando che il suo successore ha addirittura cinque punti in meno di lui. Con i nuovi innesti che, per un motivo per un altro, non si sono ancora inseriti, la squadra di Motta è praticamente quella che Allegri ha allenato l’anno scorso ma con di mezzo l’onere della Champions League. Il secondo è che, se quella rosa fosse stata davvero competitiva, in estate Giuntoli e Motta non ne avrebbero esautorati undici: dando ulteriore forza al concetto sciorinato in precedenza.
Volendo prendere come “anno zero” del rinascimento bianconero la prima stagione di Antonio Conte, che di fatto ha segnato la fine del mesto periodo post-Calciopoli, soltanto in tre occasioni la Juventus ha fatto registrare una partenza peggiore di quella attuale: tutte e tre le volte con Allegri alla guida.
Nella stagione 2015-2016 (ma poi avrebbe vinto lo scudetto con una rimonta incredibile) con 12 punti; nella stagione 2021-2022 (chiusa al quarto posto) e nella stagione 2022-2023, chiusa virtualmente al terzo posto ma con una penalizzazione di dieci punti che l’ha fatta scivolare al settimo.
I primi due anni dell’Allegri-bis sono stati obiettivamente deludenti (sebbene il livornese fosse pieno di attenuanti) ed è complesso che Motta possa fare peggio, ma difficilmente un risultato in linea con questi precedenti vorrebbe accettato: soprattutto dopo (oltre) centocinquanta milioni spesi sul mercato.
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