La Juventus come vocazione: in un’intervista a Tuttosport, l’ex bianconero Alessio Tacchinardi si racconta. E svela qual è l’ingrediente segreto della Juve.
In carriera, alla Juventus, ha collezionato 404 partite. Di premi una valanga: 6 scudetti sul campo, 1 Coppa Italia, 4 Supercoppe italiane, 1 Champions League, 1 Supercoppa europea, 1 Coppa Intercontinentale e 1 Coppa Intertoto.
Stiamo parlando di Alessio Tacchinardi, ex giocatore con un passato anche all’Atalanta e al Brescia, oggi votatosi al lavoro di allenatore (del Lecco, ndr). In un’intervista rilasciata a Tuttosport, l’ex giocatore ha chiarito cosa rendeva tanto speciale la Juventus nei suoi anni d’oro (Tacchinardi ha indossato la maglia bianconera dal 1994 al 2005, ndr).
Ecco cosa rappresentava per lui far parte della Juventus: “La maglia bianconera ti trasmette tante emozioni: un senso di forza, di sfida, di competizione, di lottare contro tutto e tutti, di pesantezza positiva, di grande responsabilità.
La Juve è la squadra più amata ma anche più odiata: in tutti i campi quando arrivavamo giocano con i coltelli tra i denti. Quando ne sono entrato a far parte ho percepito di appartenere a qualcosa di diverso: sei tu contro tutto il resto, ti dà tanto ma chiede anche tanto”.
Sul ricordo che meglio esemplifica cosa sia la Juventus: “Ero appena arrivato alla Juve ed eravamo in ritiro in Svizzera. Alla prima partitella non passai la palla a Vialli ma tirai io in porta: dopo Gianluca mi fece un cazziatone perché avevamo pareggiato.
Alla Juve il pari era come una sconfitta, anche in partitella
. Quando veniva l’Avvocato all’allenamento e magari le cose non stavano andando bene le sue battute erano come stilettate perché la mentalità doveva essere soltanto vincente.Ricordo, dopo una sconfitta a Lecce, che la Triade il mattino successivo ci fece una lavata di testa. Nella mia Juve dovevi tirare fuori qualcosa di diverso“.
Su ciò che differenzia la Juventus dagli altri club, Tacchinardi non ha dubbi: “La mentalità. Nessuno ce l’aveva come noi, tutte le domeniche eravamo dei martelli.
Mi ricordo che tanti giocatori appena arrivati, da Henry a Miccoli, da Di Vaio a Zambrotta, dicevano “Ma qui c’è pressione anche negli allenamenti”, la stessa pressione che poi ritrovavi nelle partite”.
A livello di testa, a suo dire, i giocatori della sua Juventus erano di molto superiori: “A livello mentale eravamo anni luce distanti rispetto a questa Juve: la squadra attuale deve ritrovare la mentalità che avevamo noi.
Penso che il cordone ombelicale si sia rotto con gli addii di Buffon e Chiellin. Dopo la sconfitta a Lisbona contro il Benfica ho sentito Locatelli dire in tv “Abbiamo tirato fuori le palle solo negli ultimi 15 minuti”.
Nella mia Juve ti asfaltavano: le palle le dovevi tirare fuori dal 1° luglio al 30 giugno, gli allenamenti erano a 2000 all’ora, tutti che spingevano come animali, tutti che volevamo vincere anche le partitelle, però batterci era tremendamente difficile”.
Aggiornato al 14/06/2023 11:23
Il palinsesto completo per seguire in TV la 31^ giornata del campionato di Serie C…
Milan, una clamorosa operazione di mercato potrebbe prendere forma e sostanza durante la prossima estate.…
La primavera del Milan ottiene un traguardo molto positivo e si qualifica in finale di…
Real Madrid, Ancelotti rivela: Vinicius ha chiesto il cambio per stanchezza e per evitare un…
Ranking Uefa, l'Italia è alla caccia continua del quinto posto Champions ma serve un'impresa per…
Il futuro di Marco Asensio potrebbe tingersi di claret and blue: l'Aston Villa è pronto…