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La Lazio e i 12 milioni di dubbi su Isaksen

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Lazio Isaksen

9 partite. 196 minuti complessivi. 12 milioni di dubbi. Isaksen è solo l’ultimo tassello del mercato della Lazio a non aver convinto sino a questo momento.

La sciagurata (per la viola) mano di Milenkovic ha regalato alla Lazio tre punti insperati e una boccata d’ossigeno. Senza i due punti contro la Fiorentina, la squadra di Sarri sarebbe rimasta ancorata al nono posto assieme alla Roma.

Lazio, i dubbi sul mercato rimangono

La squadra di Sarri, sul campo, non convince quasi mai. E quando lo fa è spesso balbuziente. Quasi isterica. La sensazione latente rimane la stessa avuta questa estate, nonostante il proverbiale cuore dei biancocelesti stia regalando alla Lazio molti più punti di quelli che avrebbe meritato.

La Lazio è una squadra che non è uscita rinforzata dal mercato più atteso della gestione Lotito. Kamada è passato dall’essere l’erede di Milinkovic al fare la comparsa. Da Formello vorrebbero convincere gli stolti che sia il backup di Luis Alberto. Ma in primis non è stato comprato per quello e in secundis il terzo giocatore più pagato della rosa non può essere una riserva.

Castellanos, con i due gol clamorosamente sbagliati contro Feyenoord e Fiorentina, sta dando ragione più a Sarri (che avrebbe voluto Sanabria) che non a Lotito. Al netto di una buona capacità associativa e di qualche interessante strappo in verticale. E poi c’è il caso più eclatante: quello di Isaksen.

Che fine ha fatto?

Sin da subito è sembrato l’acquisto meno sarrista di tutti. E in un mercato in cui Lotito ha fatto praticamente tutto di testa sua senza interpellare minimamente il suo allenatore, direi che ce ne vuole.

Una sola partita da titolare in stagione, quella con il Monza, dove è parso un pesce fuor d’acqua. In generale i minuti concessi da Sarri a Isaksen sono stati in totale 196, spalmati su nove presenze complessive. Una media di 21,7 minuti giocati a partita. Troppo pochi per chi dovrebbe essere il primo cambio in attacco.

Questione di gerarchie

Del resto, Sarri è stato chiaro. Lo è stato in estate (voleva Berardi) e lo è stato ancor di più nella conferenza post-partita di Lazio-Fiorentina. “Io amo Felipe Anderson, quindi lo metterò sempre“. La stima che il tecnico ex-Napoli nutre nei confronti del brasiliano non è un mistero, ma ho motivo di credere che la scelta di metterlo sempre titolare dipenda maggiormente dalla mancanza di una alternativa credibile che non da una cieca ammirazione.

Alla Lazio non serviva una riserva di Felipe Anderson. Serviva un doppione del numero sette. Un giocatore che godesse della fiducia di Sarri e che potesse permettere all’allenatore napoletano di ruotare i suoi uomini senza abbassare il livello tecnico della squadra. Se Sarri avesse voluto qualcuno giusto per fare numero, tanto valeva tenere Raul Moro e Luka Romero.

Perché Isaksen è stato pagato tanto (12 milioni di euro) e la Lazio una riserva da 12 milioni non se la può permettere. Nel calcio moderno vige una differenza sostanziale fra le riserve e i titolari aggiunti. I primi non giocano (quasi) mai. I secondi donano profondità alla rosa. E sono quest’ultimi a rendere grande una squadra.

Isaksen rischia di essere un altro Cancellieri. Uno spreco di soldi per la Lazio e di tempo per il giocatore. Un altro indizio che contribuisce a dare forma alla convinzione secondo la quale il mercato della Lazio sia stato insufficiente, oltre che confusionario. E l’ennesima vittoria episodica non basterà di certo a ottundere questa evidenza.

Serie A

Danilo: “La Juventus è nel mio cuore, sostengo la squadra”

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Danilo

Danilo esprime il suo amore per la Juventus e sostiene la squadra con parole di incoraggiamento, augurando successi con Spalletti.

Danilo e l’amore per la Juventus

Danilo ha recentemente espresso il suo affetto incondizionato per la Juventus, definendola il suo “amore calcistico”. Nonostante la sua attuale distanza dal campo, Danilo continua a mantenere un legame stretto con la squadra torinese. Le sue dichiarazioni sottolineano l’importanza di un legame emotivo che va oltre il calcio giocato e si estende al supporto morale e motivazionale per i suoi ex compagni.

Nel suo recente intervento, Danilo ha anche voluto trasmettere parole di incoraggiamento al nuovo allenatore, Luciano Spalletti, e alla squadra. Ha dichiarato di mandare “energie e parole positive”, auspicando che il team possa raggiungere gli obiettivi prefissati.

Per altre notizie sul calciomercato, clicca qui.

Fonte: l’account X di Schira

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Serie A

Como, cosa non ha funzionato all’Olimpico?

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Il Como colleziona la seconda sconfitta di fila, contro la Roma dopo quella con l’Inter, e resta nuovamente a secco di punti. La classifica però sorride ancora.

La squadra di Fabregas esce a testa alta dall’Olimpico ma senza punti. Alcuni episodi hanno condizionato la partita e in campo non si è visto il solito gioco frizzante dei lariani.

Como, Fabregas è tranquillo: “Miglioreremo ancora, sia io che la squadra”

Una gara giocata su ritmi elevati sin dai primi minuti, che hanno costretto gli ospiti a intensificare il pressing offensivo ma allo stesso tempo soffrire quello uomo su uomo voluto da Gasperini. La prima vera sliding door della partita arriva intorno al 30′ con il cambio forzato di Diao, causa infortunio.

La scelta di un tridente leggero dal 1′ ha influito anche sul baricentro della squadra, che nel secondo tempo con l’ingresso di Douvikas (entrato proprio al posto del senegalese) ha conquistato campo e creato maggiori pericoli dalle parti di Svilar.

Per ammissione dello stesso Fabregas tuttavia, è stata la classica partita fisica dove: “O hai tanta qualità e fisicità come loro e vai in porta uno contro uno contro il portiere, oppure se iniziano loro a vincere i duelli è una partita che si può aprire perché c’è movimento, c’è mobilità e chi recupera palla può fare transizioni“.

Dunque anche per via della continua ricerca dall’altra parte di contrasti, situazioni di uno contro uno e transizioni più rapide, la solita strategia offensiva del Como non ha avuto effetto. Il gol di Wesley poi ha destabilizzato ancor di più lo stato psicologico della squadra che, nonostante ci fosse ancora una mezz’ora buona per provare a riprenderla, non è riuscita a trovare la giocata giusta per andare in porta.

Dopo l’Inter il tecnico spagnolo ha spiegato che tra le due squadre c’è stato un gap incolmabile attualmente, citando la prestazione di Dimarco Bastoni del loro giocare a memoria per sottolineare quanta strada debba ancora fare la sua squadra per arrivare a certi livelli. Tuttavia è da elogiare anche quanto fatto fino a questo punto, dalla Serie B alla stabilità fra le prime 10 (o anche 7) della Serie A.

como

CESC FABREGAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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Serie A

Fiorentina, torna Christensen: Martinelli può partire in prestito?

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La Fiorentina sta vivendo delle grandissime difficoltà in questa stagione, questo è noto a tutti. A gennaio tornerà Christensen dopo il prestito allo Sturm Graz e Martinelli potrebbe partire in prestito.

La Fiorentina si trova all’ultimo posto nella classifca della Serie A, con soli 6 punti conquistati in 15 partite di campionato.

0 vittorie, 6 pareggi, 9 sconfitte, 12 reti realizzate e 26 subite.

De Gea è inevitabilmente calato, dato il rendimento sorprendentemente negativo della viola in questa stagione.

Fiorentina

DAVID DE GEA PUNTA IL DITO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Fiorentina, il ritorno di Christensen chiude Martinelli

In Conference League era stato lanciato in campo Tommaso Martinelli contro il Mainz, ma dopo quella gara non ha più toccato campo il portiere classe 2006.

Con il ritorno di un portiere più esperto come Christensen, lo spazio per trovare minutaggio diventa sempre meno. Il prestito potrebbe essere la logica soluzione.

Durante la scorsa sessione estiva di calciomercato sono arrivate offerte da vari club di Serie B per il giovane, ma la decisione del calciatore è stata quella di  volersi giocatore le proprie carte a Firenze.

Una scelta che ad oggi non sta dando i propri frutti, tanto che un ripensamento sembra essere la strada più probabile per il percorso del portiere.

Crescere in una piazza più piccola, senza errori e con la possibilità di tornare più pronto fi prima, potrebbe aiutarlo a diventare il successore di De Gea.

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