Ranieri, uno dei decani dei tecnici del calcio italiano, che ha visto l’apice della propria carriera con il favoloso titolo di Premier con il Leicester nel 2016.
In una lunga intervista rilasciata al Corriere dello Sport in edicola stamane, Claudio Ranieri si è espresso in maniera chiara e decisa rispetto al gioco prospettato da molti tecnici attuale, che vede una costruzione dal basso sempre più estremizzata: “La costruzione dal basso io la odio. È vero che se trovi tre, quattro passaggi fatti bene annulli la pressione alta degli avversari e si apre una voragine nella loro difesa. Ma per ottenere quella precisione di battuta servono giocatori con caratteristiche speciali e non tutti se li possono permettere.
Io ammiro il Liverpool di Klopp che cerca abitualmente la profondità, non sta lì a fare ottocento passaggi orizzontali o all’indietro. Sarà perché da ragazzo ho giocato a basket, ho fatto mia la propensione ad arrivare in fretta nell’area avversaria. Nel ’97, al Valencia, tutti mi parlavano, esaltandolo, del possesso di Real e Barcellona e io puntai sulla rapidità e sul verticale. Non capisco chi palleggia a lungo, subisce il gol e solo quando è sotto verticalizza. Ma fatelo dall’inizio, dico io”.
Il tecnico senza panchina racconta di non soffrire troppo: “Io non mi sento un disadattato, anche se per trentacinque anni i tempi della mia giornata li ha scanditi il calcio, il lavoro. E non considero il periodo da calciatore.
Quando non giochi o alleni ti vengono a mancare tante cose, riferimenti importanti, devi riempire i vuoti e non è sempre facile. Non ci sono gli allenamenti, i ritiri, i viaggi, le partite.Ad ogni modo vivo tutto con grande serenità e, anzi, mi godo la libertà di poter andare lunedì a Vittoria per ricevere un premio intitolato proprio a Di Marzio. La serata la presenterà Gianluca, suo figlio, e ci sarà anche Tucci, la moglie”.
Poi Ranieri ha parlato anche dell’emozione vissuta al momento del tributo avuto dalle tifoserie di Roma e Leicester qualche giorno fa in occasione della gara di Europa League: “Ero seduto di fianco a Candela, Totti un paio di posti più in là. A un certo punto Vincent mi diede una gomitata e indicò il tabellone che mi stava inquadrando.
Quando partì l’applauso di entrambe le tifoserie rimasi sorpreso e spiazzato, io sono timido, riservato. Fu mia moglie a suggerirmi di alzarmi in piedi per ringraziare i sessantamila. Un’emozione fortissima che mi porto dentro, uno dei ricordi più belli”.
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