Sono passati 10 anni dalla morte di un simbolo della Lazio, Bob Lovati, lui che ha passato una vita all’interno della società ricoprendo tutti i ruoli possibili, diventando una vera e propria leggenda per tutti i tifosi che lanciano un appello alla società per omaggiarlo.
Bob Lovati, uno dei personaggi più rappresentativi della Lazio, si consacra calcisticamente proprio nella squadra biancoceleste, che nel 1954 lo acquistò dal Monza, per poi girarlo in prestito al Torino, squadra con la quale disputò la sua prima stagione in Serie A. Dopo quell’anno di transizione tornò alla Lazio per rimanerci a vita, è stato prima calciatore, allenatore, preparatore dei portieri, osservatore, istruttore dei giovani, vice-allenatore ed infine dirigente. Infatti Bob non nasce laziale, viene da Cusano Milanino, ma la lazialità è una cosa che aveva nel sangue, “un amore mai tradito” come disse il figlio, Stefano Lovati, durante un’intervista relativa all’Academy della Lazio dedicata proprio a suo padre.
Lovati oltre ad essere entrato nella storia per aver alzato al cielo da capitano il primo storico trofeo della Lazio, la coppa Italia del 1958, è entrato nella storia per essere un uomo straordinario, tanto da essere stato rispettato anche dall’altra sponda della Capitale. Infatti al suo funerale Rosella Sensi chiese ai famigliari dell’ex portiere se avessero piacere che in Chiesa per il funerale ci fossero anche i vessilli della Roma. Il figlio Stefano, in vecchie interviste, ha raccontato suo padre come una persona che non amava essere al centro di grandi proclamazioni, ma anzi preferiva rimanere nelle retrovie anche quando era il protagonista di qualcosa di grande, questo per il suo essere umile, caratteristica che incarna perfettamente l’anima della Lazio, molta umiltà e una grande umanità. Si distingueva anche per una grande autoironia, infatti preferiva parlare delle sue debacle calcistiche, piuttosto che dei suoi traguardi sportivi.
Bob Lovati è rimasto nel cuore di tutti i tifosi della Lazio dagli anni ’50 fino ad oggi, e continuerà ad essere tramandato di generazione in generazione, perché la frase di un vecchio striscione, che recitava “si scrive Lovati, si legge Lazio”, è di una verità limpida, chiara che non lascia spazio a disappunti. Perché Lovati è stato vicino alla Lazio anche nei momenti più bassi della storia della società capitolina. Durante lo scandalo scommesse nella stagione 1979/80, riuscì a salvare la Lazio schierando molti giocatori della Lazio Primavera; quando sostituì, per via della malattia, il suo grande amico Tommaso Maestrelli dal ruolo di allenatore della Lazio.
I tifosi non saranno mai tanto grati ad un uomo che è stato così grande per la Lazio e vorrebbero che la società attuale lo omaggiasse come si deve. Infatti dopo aver provato a rendergli onore istituendo un’Academy con il suo nome, sui social spopola l’hashtag #CentroSportivoBobLovati. Il sogno dei tifosi laziali sarebbe leggere il nome dell’icona più grande della storia della Lazio nel centro sportivo di Formello.
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