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Dalle giovanili in Francia all’esperienza attuale con il Milan: il centrocampista Warren Bondo ripercorre la sua carriera in una lunga intervista.
Acquistato nel mercato invernale per 10 milioni dal Monza, ieri a Lecce ha fatto il suo esordio con la maglia del Milan. Non inganni il fatto che appena è stato sostituito i rossoneri hanno rimontato da 2-0 a 2-3: il periodo complicatissimo del Diavolo, la formazione stravolta dall’allenatore Conceicao, le difficoltà di tutta la squadra sono tutte attenuanti più che valide. Nel complesso la prestazione di Warren Bondo, al netto di qualche errore, non è stata da dimenticare. A soli 21 anni, il francese ha ancora ampi margini di miglioramento.
Il percorso giovanile, gli idoli, l’esperienza al Milan: Bondo si racconta
In una lunga intervista rilasciata a footmercato.net, Bondo ha ripercorso la sua carriera, partendo dalla sua prima esperienza in giovane età.
La crescita nel Brétigny
“Sono esploso al Brétigny. Quando sono arrivato, ho visto che ero una spanna sopra gli altri e mi sono detto che potevo fare qualcosa. Nella mia generazione del 2003 c’erano Abou Sakho, che poi ha firmato per il Le Havre, Igor Deba Nsingi, poi al Bordeaux, Sekou Lega, al Lione e ora internazionale U20 francese, e Lenny Belin, allo Strasburgo. Cinque di noi hanno firmato per club professionistici, un’impresa rara per una generazione. Abbiamo vinto tutto: i campionati U14 e U15, la Coppa di Parigi… È qualcosa che ti rimane dentro per tutta la vita, anche se non si tratta di titoli importanti. Quando si batte il PSG a livello giovanile, quando si domina il proprio campionato dell’Ile-de-France, è qualcosa che rimane impresso nella mente“.
I motivi del trasferimento al Nancy
“Inizialmente dovevo firmare per il Nantes, ma all’ultimo momento non se ne fece nulla. Era aprile e tutti i miei amici erano entrati in club professionistici, tranne me. Avevo fatto dei test anche al Bordeaux e al PSG, ma siccome ero già fisicamente più avanti di loro alcuni club avevano dei dubbi e pensavano che una volta raggiunto il livello U17 le cose si sarebbero appianate. In realtà, il Nancy è stato l’unico club a proporre qualcosa di concreto“.
L’arrivo al Nancy a soli 15 anni
“Quando sono arrivato al centro, avevo tutte le intenzioni di firmare come professionista, ma non avrei mai pensato che sarebbe successo così rapidamente. Avevo un contratto di tre anni come aspirante, ed eccomi qui a firmare come professionista in un solo anno… Quindi ho un po’ rovinato tutto. Ho giocato una stagione nelle Nazionali U17, poi sarei dovuto andare al PSG, che mi ha offerto un contratto da professionista, ma non ha funzionato tra i due club. Così sono rimasto al Nancy e mi hanno offerto un contratto“.
E’ stato il momento più bello del suo percorso giovanile?
“Se devo sceglierne uno, sì. Quando si è bambini si sogna di diventare professionisti, ma non necessariamente a 15 anni. Nessuno lo immagina davvero. Sapevo che un giorno avrei firmato come professionista, ma non così presto, mi ha persino scioccato. Quando all’epoca il PSG voleva offrirmi un contratto da professionista… io, un ragazzo della regione parigina, ho pensato che fosse meraviglioso. Alla fine sono rimasto al centro con i miei compagni del Nancy, e tanto meglio. Non volevo andare all’estero, anche se c’erano il Liverpool, il Manchester United e l’Inter“.
Le difficoltà a 15 anni nell’allenarsi con i “grandi”
“Ciò che mi ha aiutato, è che ero abituato a giocare con giocatori più grandi fin da piccolo. Salivo spesso di categoria e sono passato rapidamente da metà campo a un campo intero, perché a 12 anni giocavo negli U14/U15 e con gli adulti, questo mi ha aiutato. Per esempio, durante il mio primo anno da professionista, ero con le riserve, che erano composte da giocatori nati nel 1999 e nel 2000. Ovviamente non è lo stesso livello, ma si può dire che partivo da una base, anche se avevo un ampio margine di miglioramento“.
Punti di riferimento nel suo ruolo
“Il mio riferimento è Yaya Touré, lo reputo il miglior centrocampista della storia. Era il giocatore che poteva segnare 20 gol giocando come numero 8, e non come centrocampista d’attacco, sia chiaro. Era troppo forte. Poi mi sono piaciuti Pogba, Modric e Kanté. Anche un giocatore come Ndombele al suo meglio mi piace“.

Il trasferimento al Monza nel 2022
“Francamente non avevo un piano di carriera e non avevo mai pensato che avrei giocato in Italia. Quando è scaduto il mio contratto con il Nancy, dovevo firmare per il Nizza, ma l’allenatore Galtier se ne andava e anche il direttore sportivo… Il Monza mi ha contattato tramite Francois Modesto, che prima era all’Olympiakos. Mi parlò del progetto e non ci è voluto molto per convincermi. Mi hanno detto che avrei giocato, che ci sarebbe stato un gruppo solido e mi sono detto di accettare“.
Il livello della Serie A
“Per me la Serie A è il secondo miglior campionato al mondo, dopo la Premier League. Ci sono troppi grandi club: Milan, Inter, Roma, Juventus, Atalanta, Napoli… È un campionato molto omogeneo. Quando sono arrivato mi sentivo bene, ma durante gli allenamenti ho capito subito che si trattava di un altro livello“.
L’inizio non semplice a Monza
“Appena arrivato, l’allenatore che mi aveva portato, Giovanni Stroppa, andò via. Lo sostituì Raffaele Palladino, ora alla Fiorentina, che non mi fece giocare molto. Non parlavo la lingua e nel mio ruolo c’erano giocatori che avevano vinto l’Europeo co l’Italia, come Matteo Pessina. Io ero un ragazzo giovane, quindi avevo tutto da dimostrare. Sapevo che sarebbe stata dura, ma sapevo anche di avere le carte in regola“.
Col passare del tempo le cose sono cambiate
“Ero reduce da una stagione in cui avevo giocato tutte le partite per il Nancy. Non ero abituato a stare in panchina e mi sono imposto di andare in prestito. Così sono andato alla Reggina e lì ho giocato solo 3 partite. Quando sono tornato a Monza la scorsa stagione, è stata la stessa cosa, fino a quando l’allenatore Palladino mi ha dato la mia possibilità. Da gennaio 2024 a gennaio 2025 ho giocato sempre e non sono mai uscito dall’undici titolare“.
I 6 mesi in prestito alla Reggina
“Dal punto di vista calcistico, non è stato molto proficuo perché sono stato in panchina e ho perso 6 mesi. Ma è stata un’esperienza, sono stato in Serie B senza giocare, quindi questo mi ha dato mentalità. Lì però Jeremy Menez mi ha preso come fratello minore, mi ha dato consigli e sapeva che avevo un buon livello. Siamo ancora in contatto. Ha avuto una grande carriera ed è stato un grande giocatore. Alla Reggina era a fine carriera, ma si vedeva che di un livello alto”.
Su Valentin Carboni, ex compagno di squadra a Monza
“È un giocatore del 2005, è arrivato a Monza molto giovane e ha avuto un impatto immediato. Ha sempre giocato in Italia, quindi ha potuto vedere che la Francia era un’altra cosa. Credo che, se avesse avuto tempo a sufficienza, avrebbe avuto successo a Marsiglia. Carboni è davvero molto forte per la sua età, fa cose che i grandi non fanno. È un nazionale argentino e ha vinto la Copa America, ma purtroppo l’infortunio lo ha frenato“.
Il giocatore che lo ha impressionato di più
“Quello che non conoscevo e che ho visto quando sono arrivato a Monza è stato Reijnders. Ora gioco con lui, ma la scorsa stagione dicevo ai miei amici che era il miglior giocatore della Serie A, almeno tra quelli che non conoscevo. Quando ho giocato contro di lui, era davvero forte, ed è stato quello che mi ha shockato di più“.
I retroscena sul suo arrivo al Milan
“Diciamo che è stato fatto in due ore, questo è il bello. Quando il mercato ha aperto quest’inverno avevo intenzione di rimanere a Monza. Avevo sentito dire che il Milan fosse interessato, ma niente di concreto. Mi è stato detto che non pianificavano di comprare, quindi mi sono detto “non c’è problema, resto qui e mi concentro sul Monza”. Poi, quando sono uscito dall’allenamento, sono andato sui social network per seguire il mercato come tutti gli altri, e verso le 14 ho saputo che Bennacer voleva partire per l’OM“.

ESULTANZA MILAN ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
“Non avevo altri pensieri in quel momento, se non che alle 17 del pomeriggio mio zio, che è il mio agente, mi chiamò per dirmi che il Milan mi voleva dopo la partenza di Bennacer e che il club avrebbe fatto un’offerta al Monza. Mi chiese cosa volessi fare e io risposi di andare. Tre anni fa ho avuto la possibilità con Maldini e Massara, ma non è successo. I contatti con la direzione sportiva non si sono mai interrotti, quindi la trattativa non è durata molto. Abbiamo trovato subito un accordo, così come i club“.
La pressione di essere l’erede di Bennacer
“Bennacer è un giocatore di alto livello, e ha anche avuto una carriera pazzesca da quando ha lasciato l’Arles-Avignon. Penso che sostituirlo sia un’ottima mossa. Ma non è necessariamente una pressione in più, perché se il Milan mi cerca è perché c’è qualcosa. Ora devi dimostrare il tuo valore in un grande club, davanti a 80.000 persone e con molta pressione. Sono convinto che avrò successo“.
La storia di un ragazzo che parte dal basso e arriva a giocare in un club iconico
“Anche nella situazione più complicata del mondo, in cui mi dicevano “non giocherai nemmeno a Monza”, non mi sono fatto prendere dal panico. Sapevo che non era una questione di livello se non giocavo. Ogni calciatore è capace di fare autocritica e sa se ha il livello o meno. Non sapevo che avrei giocato nel Milan, ma sapevo che le porte si sarebbero aperte se avessi giocato nel Monza e che l’opinione della gente sarebbe cambiata. Quando l’anno scorso sono andato a giocare nella squadra francese U20, ho capito che avrei potuto raggiungere il livello di un club come il Milan. Era il destino“.
Giocare nel Milan è come entrare in un nuovo mondo
“Quando vai al ristorante a Milano, la gente ti guarda, ti fotografa, non puoi nemmeno uscire. A Monza potevo andare a comprare il pane in panetteria, qui è più complicato. Non è imbarazzante, ma sei più osservato, più richiesto, e hai anche più obblighi mediatici, più servizi fotografici…“.
Come si è integrato nella sua nuova squadra
“Mi hanno fatto sentire il benvenuto Fofana e Leao, che parla molto bene il francese… Per quanto riguarda Rafael, lo conoscevo bene grazie al mio ex compagno di squadra al Monza, Dany Mota, che parla anche lui il francese. È un suo amico e io ero sempre con lui. C’era quindi un legame tra noi e Rafael era felice del mio arrivo. Con i francesi è stato naturale. In mensa mi sono seduto direttamente accanto a Fofana, Maignan, Théo Hernandez… Mi hanno facilitato l’integrazione e ogni giorno osservo i loro metodi di lavoro. Sono dei campioni“.
La cosa che lo ha colpito di più del Milan
“Il livello degli allenamenti, ovviamente, le infrastrutture, il modo in cui vieni gestito, sei in un ambiente estremamente confortevole. A Milano hai tutto quello che ti serve per avere successo, quindi se non ce la fai è colpa tua. Tutto ciò che dovete fare è giocare il vostro calcio, perché vi mettiamo nelle migliori condizioni possibili”.
Gli obiettivi personali e di squadra
“Voglio lasciare il segno al Milan, qualificarmi per la Champions League, perché per un club come il Milan è importante arrivare tra le prime 4. Mancano 10 partite, quindi possiamo ancora farcela. Anche vincere la Coppa Italia è un obiettivo da qui alla fine della stagione“.
Il ricordo più bello in Nazionale
“Direi la semifinale di Euro U19 nel 2022, che purtroppo abbiamo perso contro Israele. Era una competizione importante e si passava un mese lì con i propri compagni. Avevamo fatto quasi tutto bene e forse eravamo troppo sicuri di noi stessi, anche se Israele meritava di vincere. Siamo usciti un po’ stupidamente, ma se si considera la competizione, avevamo il capocannoniere Loum Tchaouna, il miglior attacco, avevamo tutte le carte in regola per arrivare fino in fondo“.
Obiettivo Francia under 23
“Certo, sarebbe già un buon passo entrare nella squadra U23, farmi un nome e vedere dove mi porta. Essere a Milano mi dà più visibilità, ma devo anche giocare. Ma la squadra U23 francese è sicuramente nei miei pensieri“.