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Milan-Napoli, Conte: “Scudetto? Nessuno gioca a nascondino”

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Brambati

Il tecnico leccese ha rilasciato alcune dichiarazioni al termine di Milan-Napoli. Leggi con noi le parole di Conte sul match.

La vittoria per 2-0 contro il Milan porta momentaneamente il Napoli a +7 sull’Inter e +8 sulla Juventus. Al termine della gara, Conte ha voluto chiarire gli obiettivi attuali e futuri del club, sottolineando la necessità, in primo luogo, di tornare in Europa.

Napoli, Di Canio su Antonio Conte, Milan-Napoli

Le parole di Conte su Milan-Napoli

L’obiettivo.

Scudetto? Nessuno gioca a nascondino. Realisticamente dobbiamo vedere quello che stiamo facendo quest’anno che dopo dieci giornate è qualcosa di incredibile. Neanche un folle l’avrebbe detto. Io ho le spalle larghe, le responsabilità me l’hanno sempre date a prescindere per via del mio nome e della mia carriera. Nessuno si nasconde. L’obiettivo a inizio anno era tornare in Europa. Dobbiamo rimanere umili, se riuscissimo a centrare l’obiettivo che ci siamo prefissi sarebbe già straordinario”.

Sul gruppo.

Nel giro di 4 mesi siamo riusciti a creare un gruppo unito e solido. È uno dei migliori gruppi in carriera. Questa partita l’abbiamo dovuta preparare con un solo allenamento, non posso che ringraziare lo staff. Anche perchè io chiedo molto a me stesso ma anche agli altri. C’è unità d’intenti”.

I limiti di questa squadra.

“A me quello che piace del Napoli è l’ambiente che si sta creando tra di noi. Tutti si sentono molto partecipi, molto dentro il progetto: questa è la cosa più bella che possa ricevere. C’è un’aria positiva e questo mi dà tanta carica, tanto entusiasmo e tanta responsabilità. A Napoli la passione è tutto: i tifosi devono sapere che noi lavoriamo giorno e notte per renderli orgogliosi“.

Su Lukaku.

“C’è grande empatia, è voluto venire a tutti i costi al Napoli. Voleva venire qui e giocare con me. Quando un giocatore è pronto a morire per la maglia puoi chiedergli di tutto”.

Vincere a Napoli. 

“Penso che sarebbe qualcosa di incredibile vincere a Napoli. Ci siamo dati un tempo di 3 anni, ma nessuno deve dimenticare come sia finito l’anno scorso. Una base ce l’hanno tutti. Stiamo ricostruendo qualcosa, ma c’è bisogno di tempo. Chi fa questo sport a certi livelli sa che non possono sempre accadere i miracoli. Possiamo accorciare il percorso, ma quest’anno sarà molto dura.”

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Casini: «VAR a chiamata tema d’attualità, se ne sta discutendo»

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Lorenzo Casini

Poco prima dell’inizio di Milan-Napoli, il presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, ha parlato negli studi di DAZN di due temi rilevanti per il calcio italiano: l’eventuale introduzione di un challenge per il VAR e la riforma dello statuto FIGC, in fase di discussione.

Serie A casini

Casini ha spiegato che l’ipotesi di un challenge, che consentirebbe a ciascuna squadra di richiedere una revisione al VAR su azioni contestate, potrebbe rappresentare un passo avanti verso una maggiore trasparenza e partecipazione delle squadre nelle decisioni arbitrali, come già avviene in altri sport.

Questo sistema, secondo il presidente, potrebbe migliorare l’accettazione delle decisioni arbitrali e ridurre le polemiche.

Inoltre, ha accennato alla riforma dello statuto FIGC, in discussione per modernizzare la governance e adattarla alle nuove esigenze del calcio italiano, portando avanti un cambiamento strutturale che potrebbe incidere positivamente su vari aspetti, tra cui la gestione della tecnologia e le procedure decisionali.

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Serie A

Roma, Juric: “Sono stati giorni di litigi pesanti. Esonero? Non ci penso”

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Roma, Juric

Il tecnico della Roma, Ivan Juric, ha parlato in conferenza stampa alla vigilia della delicata sfida casalinga contro il Torino, in programma domani alle 20:45.

Ivan Juric, allenatore della Roma, è intervenuto in conferenza stampa alla vigilia della delicata sfida dell’Olimpico contro il Torino, in programma domani, giovedì 31 ottobre, alle ore 20:45.

Sarà una gara speciale per il tecnico croato che incrocerà il suo passato. Juric infatti si è seduto sulla panchina del club granata dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2024 collezionando 122 gare con una media di 1,40 punti per partita.

Oltre al passato, l’ex Toro dovrà sfidarsi anche con il suo futuro: l’allenatore giallorosso è in bilico a causa della pesante sconfitta con la Fiorentina. La sua conferma, momentanea e dipendente dai prossimi risultati, sulla panchina della Roma passa dalla gara interna contro il Torino.

Roma, Juric e Pellegrini

IVAN JURIC DA IL CINQUE A LORENZO PELLEGRINI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Roma, le parole di Juric

Il crollo contro la Fiorentina?

“C’è proprio un crollo emotivo dal mio punto di vista, vedendo bene immagini e tutte le cose. Penso che dopo 40 giorni di un buon lavoro, non eccellente ma buono, dove ci sono state tante buone prestazioni, mi aspettavo un grande passo in avanti, invece per me è successo proprio un crollo totale, che ha un senso e può essere anche una svolta in positivo.

Quando succede è meglio perdere così che perdere 1-0 e nascondere qualche problema che cova già da anni o da tempo. Se raccogliamo bene tutto quello che è successo può essere veramente una svolta, come magari è stato per Milan quando ho preso 5 gol da Atalanta con Pioli. Anche lui disse che hanno capito le cose e hanno cominciato a lavorare in direzione giusta”.

Come si prepara la sfida col Torino?

“Il Torino penso ormai sia consolidato, penso che abbiamo fatto un bel lavoro là tre anni, Vanoli adesso sta facendo di nuovo bene, ci sono tanti giocatori cresciuti che stanno bene, che hanno fatto bene e stanno facendo un buon campionato. La squadra è di valore, di idee, bisogna stare molto attenti su tutti i particolari, sia tatticamente, soprattutto noi secondo me a livello emotivo bisogna essere preparati”.

Aria da fine ciclo?

“Non ci penso proprio, mi sembra che mi fate queste domande ciclicamente, per cui non mi preoccupo, faccio il mio lavoro, quello che succede, succede, sapendo di cose fatte bene, cose che potevo fare meglio. Io penso che la rosa della Roma non si può permettere esclusioni assolutamente, anzi bisogna portare tutti dentro, più possibile, capire il significativo di maglia, di posto, di quello che bisogna fare, di tutte le cose. Non escludere, ma convincere in questo momento, perché non è il momento di mercato di niente, non convincere, però far presente quello che bisogna fare in questo momento”.

Pensa che i calciatori abbiano qualcosa, magari contro di lei, contro De Rossi? Cosa c’è, oppure perché volevano un altro allenatore? Cosa c’è di accumulato?

“No, ripeto, ho detto che c’erano litigi, scontri, però tutte le cose rimangono tra di noi. Assolutamente non ne voglio parlare di questo”.

Che verità si devono dire i calciatori tra di loro o a lei? 

“Penso che ci siamo detti la verità, forse all’inizio in modo brusco, ma poi in modo più ragionevole. Dal mio punto di vista, io sono l’allenatore e devo concentrarmi sul mio ruolo: allenare, preparare la squadra e la partita. Il medico deve occuparsi della salute dei giocatori, mentre i giocatori devono scendere in campo e dare il massimo.

Per me è molto semplice: arriva la partita, io penso solo a come fare il mio lavoro al meglio, alla tecnica, alla posizione del corpo, alla concentrazione. Il mio obiettivo è mettere la squadra nelle condizioni migliori per giocare bene. La definizione dei ruoli è fondamentale. Ognuno di noi ha un compito preciso e deve concentrarsi su quello, senza distrazioni”.

Sono emerse diverse vedute tattiche coi calciatori? 

“In sette partite si è parlato tanto del modo di giocare, ma in queste sette partite abbiamo subito solo cinque gol. Se faccio un paragone con il Torino, l’anno scorso il Torino, giocando in questo modo, ha subito 36 gol, mentre la Roma ne ha presi 46 giocando in modo diverso. Per me sono solo scuse: se i giocatori non sono convinti, possono tranquillamente dirmelo, e io me ne vado.

Ma non è così; sono convinti e vogliono fare bene, analizzando gli errori fatti a Firenze e cercando di migliorare, perché questo sistema di gioco porta molti benefici. Hanno tutte le qualità per riuscire sia nella fase di possesso sia in quella di non possesso, quindi non vedo nessun tipo di problema”.

Ha sentito i Friedkin in questi giorni? 

“Sì, con il presidente ci siamo sentiti e abbiamo parlato di tutto in modo positivo, secondo me. Queste sono tutte cose che rischiano di distogliere l’attenzione dal campo. Rimango della mia idea: io devo allenare, il medico deve prendersi cura dei giocatori, e i giocatori devono giocare. Come ho detto il primo giorno, arrivando qui e vedendo tutta l’organizzazione e ciò che c’è intorno, non noto alcuna mancanza.

Preferisco così: prendere decisioni, avere la responsabilità data dalla società – a me, al direttore, ai giocatori – per fare il nostro lavoro. Dobbiamo ottenere risultati, e tutto il resto è solo una distrazione. Ognuno deve fare il proprio compito, lavorando sodo e con grande umiltà. Credo che questa sia la giusta cura per uscire da situazioni difficili. Dopo una sconfitta, si chiariscono bene le cose, e questa è la mia visione”.

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Inter, Frattesi: “Non ho vissuto bene il cambio ruolo. Devo tanto a Spalletti”

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Il centrocampista dell’Inter e della Nazionale si è raccontato in una lunga intervista. Leggi con noi le parole di Frattesi.

Ospite a Vivo Azzurro TV, il centrocampista dell’Inter ha parlato della sua carriera e dei suoi hobby fuori dal campo. In particolare, Frattesi ha spiegato come ha vissuto il cambio di ruolo ai tempi delle giovanili biancocelesti.

Young Boys-Inter, Frattesi

Le parole di Frattesi

Il segreto di Frattesi.

“Penso che il segreto sia stato quello di avere avuto sempre fame e voglia di arrivare. Anche con un talento non smisurato, col lavoro e la voglia si può arrivare ovunque”.

I sacrifici dei genitori.
“Se mi guardo indietro, più che ai miei sacrifici guardo a quelli dei miei genitori. Si sono fatti in quattro. Io giocavo anche a tennis quindi ero impegnato tutti i gironi, sabati e domeniche. Il sacrificio è stato più che altro il loro. Mamma mi segue dappertutto, l’unico problema è che se non c’è la palestra vicina viene mal volentieri, è una patita. Mi segue da sempre, da quando ero all’Under 16. Nonna è un po’ la mascotte. Cerchiamo di includerla dappertutto, ce la portiamo sempre in vacanza e lei si presta perché qualsiasi cosa le diciamo di fare lei si butta”.

L’episodio con il padre.
“Con mio padre stavamo tornando da una trasferta. Stavo guidando e lui si addormenta, lo vedevo proprio stanco. Gli dico scusa, avete fatto sacrifici per 40 anni, se avete la possibilità perché non smetti di lavorare? Goditi la vita. Non glielo avessi mai detto, un altro po’ e mi fa scendere dalla macchina. E’ una persona orgogliosa, sapevo già la risposta“.

La nazionale.
La nazionale da bambino la vivevo come un sogno, qualcosa di eccezionale. Il club ti dava gioia ma la nazionale andava oltre. Oggi la vivo cercando di dare delle gioie importanti ai bambini che una volta eravamo noi. Anche se ultimamente non ci siamo riusciti ora stiamo lavorando per realizzarli”.

La prima convocazione.
“Non lo sapevo ancora e mi ha chiamato un amico per complimentarsi. Sono andato a leggere su internet e chiaramente è stata un’emozione”.

Il rapporto con Spalletti.
“Dico scherzosamente che è stato di amore e odio. Alla prima volta in ritiro ci siamo parlati. Mi ha detto che aveva tanta stima di me ma che sarei stato il giocatore a cui avrebbe rotto di più le scatole. La prendo nel modo giusto: se un allenatore ti sta addosso è perché vede qualcosa in te e vuole farti migliorare. Mi trovo benissimo e sono migliorato in alcuni aspetti, nella gestione della palla. C’è sempre da migliorare ma sicuramente già l’ho fatto”.

Le reti più importanti in nazionale.
Per me sono state quelle con l’Ucraina. Ero appena arrivato all’Inter, a San Siro, in una gara complicata. Quella è stata la più emozionante e decisiva. Inaspettata perché non ti aspetti una doppietta a un centrocampista. Credo tra l’altro che prima di allora l’avessi fatta solo in U21″.

Il cambio ruolo.
La trasformazione da attaccante a centrocampista non l’ho vissuta bene. Nelle giovanili della Lazio avevo Francheschini come allenatore. Mi disse che secondo lui da attaccante non rendevo al 100% e che quindi mi avrebbe spostato da mezzala. Volevo scappare dagli allenamenti. Ma non smetterò mai di ringraziarlo perché il cambio di ruolo mi ha portato qui. Ogni tanto quando lo risento ci scherziamo su”.

Le passioni extra calcio.
“Guardo poco calcio, preferisco il tennis. Nel tempo libero le passioni che posso fare tutto l’anno sono i Lego, sul nostro tavolo in cucina ce n’è sempre uno da montare. E quando posso vado a pesca. Saluto tutti e me ne vado 3-4 ore per conto mio. Un grande anti-stress perché ti stacchi da tutto e tutti. Quest’anno ho portato anche mio fratello finalmente, dopo dieci anni. Adesso è lui che rompe le scatole a me per andare”.

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