Mentre il Napoli si avvicina a grandi passi allo scudetto, un ex d’eccellenza traccia il ricordo dei tempi che furono e getta uno sguardo sul presente.
Quando a una squadra regali 114 presenze e 26 reti l’impronta la lasci. E Roberto Sosa, a Napoli, il segno lo ha fatto rimanere ben impresso.
E oggi, nel vedere i fasti calcistici della gioiosa macchina da gol e punti di Luciano Spalletti, gongola. Perchè il ricordo della terra del Vesuvio, della tarantella, del Maschio Angioino ce l’ha stampato nel cuore.
Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Sosa ricorda: “Fui il primo tesserato del nuovo Napoli nato dal fallimento, firmai il contratto in una stanza dell’Hotel Vesuvio“.
Fotogrammi nitidi agli occhi e al cuore, come fosse ieri e non il periodo tra 2004 e 2018 in cui vestì la casacca partenopea.
“Il primo giorno di ritiro a Paestum eravamo quattro calciatori: io, Montervino, Montesanto ed Esposito, non c’era nulla, zero, tutto sequestrato, tutto così surreale“.
Al timone della squadra, all’epoca, c’era quel Giampiero Ventura che sarebbe poi stato anche ct della Nazionale azzurra.
“Parlava delle sue idee a questi quattro disperati ma era fantacalcio, non c’era una squadra e nemmeno la si poteva immaginare, Esposito aveva in macchina il pallone sgonfio del nipotino e facemmo con quello i primi palleggi“.
Sembra preistoria ma non lo è. Ma da quel pallone sgonfio sarebbe rinato il Napoli che avrebbe avuto in Diego Armando Maradona l’emblema del suo ritrovato fulgore.
Sosa non si scoraggiò affatto, all’inizio. Un pallone sgonfio, alla fine, è meglio di nulla. “A me non spaventa nulla – ricorda alla rosea – sono argentino, vengo dalla strada“.
E a Napoli ha trovato l’ambiente ideale per declinare questo coraggio. “Napoli mi è rimasta subito nella pelle, qui mi sento a casa mia, chi firma un contratto col Napoli lo firma con la città intera“.
I ricordi scorrono piacevoli e semplici. Come il primo incontro con Aurelio De Laurentiis: “Ci disse: ragazzi, se l’arbitro vi fischia rigore contro dovete dire grazie, non capiva molto di calcio ma ci fece subito capire che gli importava il rispetto delle regole. E poi sa scegliere gli uomini, non ne sbaglia uno“.
Se, qualche anno fa, per chi gli avesse detto che il Napoli sarebbe arrivato a questi livelli, avrebbe chiesto “una perizia psichiatrica“, ora si dice onorato di fare parte di quella storia. Che sente indelebilmente sua.
Aggiornato al 13/03/2023 12:20
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