Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha due sogni nel cassetto. Uno concerne il rettangolo verde, l’altro gli spalti.
Con i suoi collaboratori si è già buttato anima e corpo per allestire il Napoli del futuro. Aurelio De Laurentiis, però, non vuole mettere ordine soltanto sul mercato e quindi sul rettangolo verde ma anche sugli spalti.
Da un lato, infatti, sogna un Napoli in grado di concedersi il bis del tricolore appena cucito sulla casacca azzurra. Dall’altro auspica di non dover mai più sentir giungere alle sue orecchie cori razzisti e antisemiti.
“Noi credevamo – dichiara a quest’ultimo proposito durante il convegno “L’antisemitismo nello sport” che si è tenuto nella sala da pranzo della Camera dei Deputati – che dopo ottant’anni il razzismo non esistesse più. Invece ci sbagliavamo. Noi abbiamo un problema educazionale, siamo i primi responsabili di quello che avviene sul web perché concediamo ai nostri figli o nipoti di essere interconnessi perennemente con i loro smartphone e sul web non c’è controllo”.
De Laurentiis ritiene improprio definire tifosi coloro che intonano cori antisemiti e razzisti: “ci sono esempi negli stadi con le cosiddette zone franche dove esiste soltanto la legge del tifoso – ha proseguito – ma quello non è un tifoso, quella è una risposta irresponsabile, ineducata a chi non ha saputo governare questo sistema calcio, le istituzioni dovrebbero semplicemente allontanare i responsabili a vita dagli stadi”.
Un modo per prendere il problema di petto sarebbe, a suo avviso, il sistema british. “Io sono un sostenitore da sempre della legge inglese – aggiunge – dove gli stadi sono sacri. Se ti alzi in piedi per tre volte di seguito vieni allontanato, ci sono addirittura le celle negli stadi mentre in tutto il resto d’Europa c’è il caos”.
Aggiornato al 22/06/2023 17:15
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