Serie A
Riccardo Viola: “Ieri tra le pagine più tristi della Roma. Mio padre non avrebbe…”
Il figlio dell’ex presidente della Roma, Dino Viola, ha parlato del momento molto difficile che sta passando il club giallorosso, ora senza allenatore.
Riccardo Viola, attuale presidente del Coni Lazio e figlio dell’ex presidente della Roma, Dino Viola, è intervenuto ai microfoni dell’emittente radiofonica Rai Radio 1 soffermandosi sulla crisi in casa Roma, ora alla ricerca di un sostituto di Ivan Juric.
Roma, le parole di Riccardo Viola
“Per un uomo di sport e per un tifoso della Roma, credo che ieri sia stata una delle pagine più tristi: vedere la curva che alla fine del primo tempo toglie gli striscioni e smette di fare il tifo. E non è andata via per andare a contestare, ma si disperde e torna a casa. Ieri il legame tra la Roma e i suoi tifosi ha subìto una brutta sconfitta, non solo sportiva.
A inizio anno abbiamo avuto Mourinho: ha trascinato la gente, è diventato la Roma, si è assunto tutte le responsabilità e ha preso posizioni, non tutte condivisibili. Poi è arrivato De Rossi, che rappresentava la Roma e la romanità. La gente si è legata a De Rossi e ha superato Mourinho. Il tradimento di De Rossi ha creato una spaccatura enorme nel tifoso e nella società.
Negli ultimi 50 anni, la Roma è diventata competitiva quando era una famiglia, con senso di appartenenza, con lo slogan ‘La Roma non si discute, si ama’. A me spiace per Juric, è stato un signore di passaggio. Non è mai stato presentato ufficialmente e se leggete il comunicato di ieri non si parla di esonero. SI ringrazia e basta. Juric è stata una meteora. Ora è giusto che i Friedkin tornino a Roma. Non credo siano stati loro ad allontanare De Rossi, ma ora facciano riflessione. L’augurio che mi faccio è che scelgano una persona funzionale in termini di valori”.
L’errore più grosso che non avrebbe commesso suo padre Dino?
“Mandare via Daniele De Rossi. Lo avrebbe aiutato a riportare al centro di tutto il valore della romanità. Non avrebbe vinto lo Scudetto, ma sarebbe nata una Roma competitiva e amata. Ci saremmo divertiti”.
Tra i nomi che stanno circolando, qual è il suo desiderio da tifoso?
“Il mio desiderio sarebbe quello di riportare De Rossi. E se Ranieri fosse pronto ad assumere un ruolo in società, avremmo due elementi di romanità. La Roma ha bisogno di romanità”.
Serie A
Juventus: la soluzione dopo lo stop di Cabal
Serie A
Inter: Inzaghi può finalmente sorridere
Ottime notizie per l’Inter: l’infermeria si sta finalmente svuotando con i rientri di Carlos Augusto e Buchanan.
L’ex Monza, si era fermato durante la partita contro lo Young Boys per un risentimento al flessore della coscia sinistra, ed è sempre più vicino al rientro.
L’esterno potrebbe tornare disponibile dopo la pausa per le nazionali, in vista della partita di campionato contro l’Hellas Verona del 23 novembre.
Il recupero di questi due calciatori, porta praticamente a zero gli infortunati in casa nerazzurra.
Questo permetterà a Simone Inzaghi di avere più opzioni per far riposare la fascia sinistra, dando respiro a Bastoni e Dimarco, entrambi costretti agli straordinari nelle ultime settimane.
Con questa maggiore rotazione, l’Inter può contare su una squadra più fresca e competitiva per i prossimi impegni.
Serie A
Lorentini: “L’Heysel fu una tragedia nazionale. Sul numero 39…”
L’Associazione familiari vittime dell’Heysel, guidata da Andrea Lorentini, tiene viva la memoria di quella giornata drammatica in un’intervista al Corriere della Sera.
Domani sera, a Bruxelles, si svolgerà una partita di Nations League attesa da molti: Belgio-Italia. Ma per molti tifosi italiani, belgi ed europei, questa non è solo una partita di calcio. Il richiamo è immediato e doloroso. A Bruxelles, quasi quarant’anni fa, lo stadio Heysel fu teatro di una delle tragedie più cupe della storia del calcio. Era il 29 maggio 1985 quando la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool si trasformò in un incubo, con 39 tifosi – in gran parte italiani – che persero la vita schiacciati nella calca e nel caos sugli spalti.
A mantenere vivo il ricordo di quella giornata tragica c’è l’Associazione familiari vittime dell’Heysel, fondata proprio per rendere onore alle vittime e promuovere una cultura di rispetto e sicurezza negli stadi. L’associazione è oggi presieduta da Andrea Lorentini, figlio di Roberto, intervistato dal Corriere della Sera, ha ricordato il padre e ha ribadito l’importanza della memoria collettiva, sottolineando come la tragedia dell’Heysel sia un monito affinché eventi simili non si ripetano più. A seguire un breve estratto della sua intervista.
Le parole di Lorentini
UNA TRAGEDIA NAZIONALE
“Sì, non è stata solo una tragedia di parte: oltre ai tifosi juventini, a un fotografo di Reggio Emilia e a 7 stranieri, quanti sanno che sono morti anche tre interisti?”.
LA NAZIONALE HA RITIRATO LA MAGLIA 39
“Sì, allora abbiamo ringraziato molto il presidente Tavecchio per la sensibilità, come oggi facciamo con Gravina. La prima cerimonia si svolse nel 2015”.
LA SUA PRIMA VOLTA ALL’HEYSEL
“No, fu nel 2005 per il ventennale: una sensazione straniante. Mio nonno Otello, che ha istituito l’associazione dopo la strage, raccontò a me e a mio fratello la dinamica degli incidenti. Il luogo è stato ricostruito, ma la morfologia dell’impianto non è poi così diversa. E quella sensazione non si cancella”.
COME TENERE VIVO IL RICORDO
“Con diversi progetti di educazione civico-sportiva: la memoria fine a se stessa rischia di finire nel pietismo, noi cerchiamo di riempirla di contenuti sul fair play”.
IL RAPPORTO CON LA JUVE
“C’è sempre stata una mancanza di memoria fin da subito e non siamo mai arrivati alla piena condivisione della vicenda, per cui noi facciamo il nostro percorso: la logica adesso è proprio quella di elevare la tragedia da vicenda di parte, con i morti e lo scalpo del nemico, a una tragedia europea e italiana”.
SI GIOCO’ PER LIMITARE I DANNI
“Sì, è un elemento chiave. Mio nonno era a bordo campo accanto al cadavere di mio padre e pensava fossero matti a giocare. Ma poi anche in sede processuale è stato ricostruito che fu fondamentale disputare la partita per tenere tutti dentro lo stadio, mentre i carrarmati dell’esercito venivano chiamati per garantire il deflusso. Ma non era più un evento sportivo”.
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