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Roma, 17 giugno 2001: lo Scudetto “scucito” e l’incontenibile banda Capello

Il 17 giugno 2001, al pari dell’8 maggio 1983, è una di quelle date che resteranno per sempre impresse nei cuori e nelle menti dei tifosi della Roma.

L’Olimpico ricolmo d’amore e passione poi trasbordati in gioia sfrenata, un Totti ineguagliabile ed un Batistuta mattatore. I diciott’anni d’attesa svaniti in un istante e l’intera città tappezzata di giallorosso. Questo e molto altro è stato ed ha significato il terzo e, finora, ultimo scudetto della squadra della capitale.

Roma Caput Mundi

Per Roma il 2000, e dunque il nuovo millennio, si aprì con il Giubileo e la conseguente ondata di fedeli pronti a riempire San Pietro e dintorni, e proseguì con l’inaspettata quanto meritata vittoria del campionato da parte della Lazio, artefice di una straordinaria rimonta ai danni della Juventus portata a compimento il 14 maggio.

Ecco, paradossalmente, la prima tappa verso quel 17 giugno 2001 fu proprio quel 14 maggio 2000. La seconda, comunque dolorosa, invece venne raggiunta pochi giorni dopo, esattamente tre, quando, sempre all’Olimpico, lo storico, ex capitano giallorosso Giuseppe Giannini diede l’addio al calcio imbastendo un match tra leggende romaniste in un clima surreale e non degno di quanto da lui rappresentato nel corso degli anni.

Lo sgomento, la frustrazione e la rabbia dei romanisti per il tricolore biancoceleste furono il moto perpetuo che spinse il presidente Sensi ad investire cospicue cifre per rinforzare una rosa comunque attrezzata ma reduce da una deludente annata, la prima sotto la guida di mister Capello.

Il 6 giugno 2000, terza tappa del cammino, 15.000 persone accolsero con occhi pieni di speranza l’allora acquisto più oneroso nella storia del club: Gabriel Omar Batistuta, uno dei centravanti più forti al mondo, il cui trasferimento dalla Fiorentina equivalse a ben 70 miliardi di lire.

Prima il baratro, poi la rinascita

La stagione 2000-2001, apertasi con notevole ritardo causa Olimpiadi di Sydney, su cui tifosi, stampa e dirigenza riponevano tante speranze venne inaugurata dalla Roma nel peggiore dei modi: il 22 settembre 2000 i giallorossi, infatti, incassarono un pesante 4-2 dall’Atalanta nel ritorno degli ottavi di Coppa Italia che valse l’eliminazione dalla competizione alla quale conseguì una violenta protesta del tifo romanista con tanto di calci e pugni alle auto dei calciatori.

La forte scossa emotiva mossa da quella sommossa diede una marcia in più alla squadra che mise a referto sette successi nelle prime otto giornate di campionato, compreso quello del 26 novembre 2000 contro la Fiorentina

griffato da una favolosa rete dell’ex Batistuta, sconfisse di misura nell’undicesimo turno del 17 dicembre 2000, in quello che sarebbe diventato un passaggio di consegne, i campioni in carica della Lazio grazie al famigerato autogol di Paolo Negro e si laureò campione d’inverno il 4 febbraio 2001 con un 1-2 in rimonta sul campo del Parma con la doppietta del solito Batistuta.

L’incubo sfiorato e la festa senza fine

Nel girone di ritorno la banda Capello, forte di sei lunghezze di vantaggio sulla Juventus prima inseguitrice, mollò un po’ la presa incappando in due pareggi con Reggina e Perugia, acciuffato all’ultimo istante, e in una rovinosa sconfitta a Firenze in un’insolita gara disputata nel pomeriggio di lunedì 9 aprile 2001 al grido di “Semo tutti parrucchieri”.

Venti giorni dopo, il 29 aprile 2001, Totti e compagni cestinarono il primo match point Scudetto facendosi rimontare un doppio vantaggio dalla Lazio con il gol all’ultimo respiro di Castroman e, quando, una volta a Torino la settimana successiva, il 6 maggio 2001, nello scontro diretto con la Juve Del Piero e Zidane scrissero il 2-0 sul tabellone del “Delle Alpi” dopo appena sei minuti l’ennesimo incubo sembrò tramutarsi in realtà.

Con un colpo di coda, però, la Roma si scosse nella ripresa e con Nakata e Montella al 90′ riuscì a strappare un punto preziosissimo per mantenere invariate le distanze in classifica.

L’ennesima rete salva-risultato di Montella, sommata a quella realizzata al Milan nell’1-1 del 27 maggio 2001, permise ai capitolini il lusso di un pari sul campo del poi retrocesso Napoli alla penultima giornata, il 10 giugno 2001, giorno in cui al San Paolo fu inaugurata la malfamata gabbia atta a contenere i 10.000 romanisti riversatisi all’ombra del Vesuvio.

Si arrivò, così, alla dodicesima ed ultima tappa del tortuoso viaggio giallorosso alla conquista dell’Italia: il 17 giugno 2001, data dell’ultimo turno di campionato RomaParma. Per tornare alla ribalta nazionale servivano tre punti e la scelta da parte di Capello di affidarsi al tridente TottiMontellaBatistuta risultò vincente. I primi due a segno nel primo tempo, il terzo nella ripresa, con la chioma al vento ed il ruggito da autentico “Re Leone”.

Tridente, tre gol, tre punti, terzo Scudetto, “scucito” dal petto degli acerrimi rivali. Un percorso a tappe da lieto fine che diede vita ad una festa continua per le vie della città eterna.

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Pubblicato da
Alessandro Falzano
Tag: Roma

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