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Roma, Attilio Gregori: “Ranieri è l’uomo giusto, la Coppa Italia non va snobbata. Su Dybala…”

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Attilio Gregori, ex-giocatore (fra le altre) della Roma, ha parlato del momento dei giallorossi e dell’imminente impegno in Coppa Italia.

L’ex-calciatore Attilio Gregori è intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport, nell’ambito della trasmissione Bar Forza Lupi condotta da Massimo D’Adamo, a proposito del momento dei giallorossi e dell’imminente sfida di Coppa Italia contro la Sampdoria: in programma domani sera allo Stadio Olimpico.

Roma, le parole di Gregori

Di seguito le sue parole.

Hai vinto con la Roma, da protagonista, la Coppa Italia del 1986, battendo in finale la Sampdoria. Un tuo ricordo.
“Eravamo un manipolo di ragazzini, con qualche giocatore esperto. Tancredi, Nela, Ancelotti, Conti e Boniek erano ai Mondiali in Messico. Tra i titolari, oltre me, ricordo Lucci, Mastrantonio, Giannini, Desideri, Di Carlo, Impallomeni, Tovalieri, che segnò un gol fondamentale a Marassi, nella gara di andata, dove perdemmo 2-1. Al ritorno all’Olimpico ribaltammo il risultato. Finì 2-0. Primo gol di Desideri, secondo di Cerezo, che partì dalla panchina, perché era stato già ceduto proprio alla Samp. Eriksson, bravissimo allenatore e persona eccezionale, lo fece entrare nei minuti finali per permettergli di salutare i tifosi e Toninho si congedò alla grande, segnando su un cross perfetto di Impallomeni. Fu un tripudio”.
Oggi, Roma-Sampdoria vale solo per gli ottavi di finale di Coppa Italia ed arriva in un momento di grande difficoltà per i giallorossi.
È una partita importante, perché la Coppa Italia è l’unico obiettivo realisticamente possibile per la Roma in questa stagione. Non va snobbata e va giocata con la migliore formazione possibile”.
Come ti spieghi la crisi di risultati della Roma?
“È la naturale conseguenza di una serie di errori gestionali. Si è puntato su un allenatore giovane come De Rossi, una bandiera della Roma, a cui è stato fatto un contratto triennale a cifre importanti, ed è stato esonerato dopo appena quattro giornate di campionato. È vero che i risultati iniziali stentavano ad arrivare, ma è altrettanto vero che il mercato estivo è stato fatto in maniera convulsa. Era stata progettata una squadra senza Dybala, che, invece poi è rimasto. Erano stati presi dei giocatori per sostituirlo e gli è stato precluso di giocare. E, poi, c’è stata la storia di Danso, preso per rinforzare il reparto difensivo e rispedito al mittente dopo le visite mediche. Per tamponare sono stati acquistati, all’ultimo momento, a campionato praticamente iniziato, due parametri zero come Hermoso ed Hummels, che hanno avuto bisogno di tempo per trovare la forma ed inserirsi. Una serie di scelte che hanno compromesso la stagione”.Come se ne esce fuori?
“Con Ranieri. È un tecnico esperto, capace, affidabile. Ed è un grande tifoso della Roma. Ha fatto una scelta coraggiosa, facendosi carico di una situazione difficile. Pochi altri lo avrebbero fatto”.

Roma

L’ESULTANZA GIOIOSA DI CLAUDIO RANIERI DOPO IL GOL DI SAUD ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Serie A

Inter, esami per Barella: cosa filtra per il Como

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Borja Valero

Dopo l’infortunio rimediato contro la Lazio, il centrocampista dell’Inter Nicolò Barella si sottoporrà agli esami strumentali: sembra a rischio la gara contro il Como.

Nonostante la netta vittoria per 6-0 sulla Lazio, l’Inter rimane in pensiero per le condizioni di Nicolò Barella, autore del terzo gol dei nerazzurri. L’ex centrocampista del Cagliari ha lasciato il campo dopo 74 minuti per un problema fisico ed è stato sostituito da Davide Frattesi.

Inter, le condizioni di Nicolò Barella dopo l’infortunio

Barella ha accusato una lieve contrattura all’adduttore della coscia destra, ma se ieri l’infortunio non sembrava così grave, ora Sky riporta un cambio di programma: il giocatore domani si sottoporrà agli esami per capire l’entità del problema.

Barella

L’ESULTANZA DI NICOLO BARELLA DOPO IL GOL ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Intanto oggi si è allenato a parte e non verrà inserito nella lista dei convocati per la sfida di Coppa Italia a San Siro contro l’Udinese. In base all’esito degli esami si saprà se Barella potrà rientrare già nella prossima di campionato contro il Como: attualmente la sua presenza sembra a rischio.

Barella rappresenta uno dei punti fermi della rosa nerazzurra. Tuttavia, le alternative per Simone Inzaghi non mancano. L’allenatore dell’Inter può contare infatti su altre mezze ali di assoluto valore come Davide Frattesi o Piotr Zielinski, oltre all’imprescindibile Henrikh Mkhitaryan.

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Serie A

Juventus, si ferma Weah: il comunicato

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Juventus-Venezia

Nuovo infortunio per la Juventus di Thiago Motta. Timothy Weah si ferma dopo un problema accusato nel match di Coppa Italia.

La Juventus di Thiago Motta non trova pace sul fronte degli infortuni. Proprio quando l’infermeria sembrava iniziare a svuotarsi, il tecnico bianconero deve affrontare un nuovo problema.

Stamattina l’esterno statunitense Timothy Weah è stato sottoposto a esami strumentali che hanno evidenziato una lesione di basso grado al bicipite femorale della coscia destra. Nonostante l’entità relativamente lieve dell’infortunio, sarà necessario un periodo di recupero che verrà definito nelle prossime ore.

Juventus

Timothy Tarpeh Weah ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Questa battuta d’arresto rappresenta un ulteriore ostacolo per Motta, che aveva appena iniziato a rivedere la rosa quasi al completo dopo un inizio di stagione segnato da continui problemi fisici. Per Weah, che aveva mostrato segnali incoraggianti nelle ultime uscite, lo stop arriva in un momento delicato, sia per il suo percorso di crescita che per le esigenze tattiche della squadra.

La Juventus ora attende di conoscere i tempi di recupero, sperando di evitare ulteriori complicazioni in un periodo già cruciale della stagione. Resta da vedere come Thiago Motta gestirà l’ennesima emergenza, mentre i tifosi incrociano le dita per non vedere altri giocatori entrare in infermeria.

Juventus, il comunicato della Società

Ecco il comunicato della Juventus
“A seguito del problema muscolare accusato ieri sera nella gara di Coppa Italia contro il Cagliari, Timothy Weah è stato sottoposto questa mattina, presso il J|medical, ad accertamenti clinici e strumentali che hanno evidenziato una lesione di basso grado del bicipite femorale della coscia destra.”

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Buffon: “All’Udinese mi scartarono perché ero troppo alto. Portiere più forte? dico Jascin”

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Il vincitore di quattro scudetti con il Milan e uno con l’Inter, è stato intervistato in esclusiva dal Corriere della Sera. Ecco un breve estratto della sua intervista.

Buffon: “Ecco perchè mi chiamavano “Tenaglia”

Lorenzo Buffon, lei è stato uno dei migliori portieri italiani, ha vinto quattro scudetti con il Milan, uno con l’Inter, è stato per sei volte capitano della Nazionale ed è diventato il primo calciatore a sposare un volto tv, Edy Campagnoli di «Lascia o Raddoppia». Come sono i suoi 95 anni?
«Ho appena fatto una piccola operazione per un’ernia, per questo mi vede con una stampella. Ma guido ancora, faccio un po’ di ginnastica, mangio con moderazione, ho eliminato l’alcol e il fumo. Poi dipingo, sto con la mia seconda moglie Loredana e guardo le partite del mio Milan, anche se in tv parlano troppo».

Il segreto per una lunga vita qual è?
«Essere amico dei dottori e dei preti (ride): io mi sono ribattezzato Fortunato, perché ho superato tanti guai fisici, comprese tutte le fratture che ho subito da calciatore. E poi, la cosa più importante: non smettere mai di imparare qualcosa di nuovo».

È autodidatta?
«Mio padre era portiere e pittore, ho ripercorso le sue orme. Fino ai 4 anni ho vissuto a St Etienne in Francia, dove lui era andato per lavoro. Poi siamo venuti qui a Latisana: ero il classico chierichetto cresciuto con il pallone all’oratorio, almeno fino alla guerra».

È vero che l’Udinese la scartò da ragazzo perché era troppo alto?
«Sì, andai al Portogruaro e attraverso un dirigente che aveva contatti con il Milan, a giugno del 1949, un mese dopo la tragedia del Grande Torino per cui tifavo, mi ritrovai a Milano come quarto portiere. Ma scalai in fretta le gerarchie, ricordo ancora il mio amico Liedholm che mi disse: “domani tu jocare…”. E non sono più uscito, centrando il primo scudetto a 21 anni».

Il Milan non vinceva da 44 anni. Chissà che festa.
«Rientrai in caserma, a Corso Italia: ero ancora di leva».

Era il Milan del Gre-No-Li, Gren, Nordhal, Liedholm. A chi è più legato?
«Nils resta indimenticabile, mi ha insegnato tutto, perfino come portiere: tanti segreti della mia presa ferrea li devo a lui, che aveva già l’occhio dell’allenatore».

La chiamavano Tenaglia.
«Difficilmente mi facevo sfuggire il pallone: allenavo la presa stringendo per ore i tappi della birra fra le mani».

In Nazionale chi era il suo punto di riferimento in anni complicati per l’Italia?
«Boniperti, il mio compagno di stanza. Lorenzi lo aveva ribattezzato Marisa, ma Giampiero era un grande amante delle donne».

Non per niente Lorenzi era chiamato «Veleno»…
«Una volta ero in macchina con lui, guidavo io e un vigile mi fermò per multarmi in pieno centro a Milano. Perché ero con un’interista, disse. Ma riuscii a farmela togliere».

Con l’Inter ha giocato e vinto anche lei.
«Fui fatto fuori dal Milan nello scambio con Ghezzi. E mi fu impedito di giocare per un anno a Milano, tanto è vero che feci una stagione al Genoa. Colpa del d.s. di allora del Milan (il celebre Gipo Viani ndr) che non vedeva di buon occhio il mio matrimonio con Edy. Ma anche se finivo sui giornali per questioni extra calcio mi sono sempre allenato al massimo. Tanto è vero che con l’Inter ero stabilmente in Nazionale».

Fino a Cile 1962, dove era il titolare nella prima con la Germania e nella terza partita con la Svizzera, un pari e una vittoria. Perché non giocò la famosa «Battaglia di Santiago» che costò l’eliminazione al primo turno?
«Toccò a Mattrel della Juve. Ma non ho mai fatto polemica e sarebbe sciocco farla adesso».

Helenio Herrera era un duro?
«Era intelligente e furbo: se sentiva un giocatore usare una parola di troppo contro di lui, faceva finta di niente».

Come vi siete conosciuti con Edy?
«Lei veniva a vedere le partite dietro alla mia porta, poi ci siamo frequentati. E finché non ci siamo sposati non ci facevamo vedere troppo in giro per Milano. Lì vive nostra figlia Patricia. Con Edy abbiamo mantenuto ottimi rapporti, è morta giovane».

Ha giocato anche nel Resto del Mondo e nel Resto d’Europa. Chi è stato il più grande di sempre?
«Metto Di Stefano sul piano di Pelé».

Il portiere più forte?
«Jascin, un amico. Alla festa d’addio di Zoff, al quale sono molto legato, Lev mi baciò sulla bocca, alla russa, e si misero tutti a ridere. Ma ho conosciuto anche il mitico Ricardo Zamora, lo spagnolo degli anni Venti e Trenta, che mi fece uno dei complimenti più belli che abbia mai ricevuto: ‘‘Avrei voluto avere un figlio come te” mi disse».

Del suo cugino alla lontana Gigi Buffon cosa pensa?
«Un grandissimo. Ma un po’ mi dispiace che non mi citi mai in pubblico».

Buffon

GIANLUIGI BUFFON FA IL SEGNO OK ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

All’epoca si guadagnava molto meno di oggi. Lei come si è gestito?
«Questa casa l’ho comprata coi primi stipendi del Milan, ma terminata la carriera le pensioni erano basse. Ho fatto diversi lavori, vendevo estintori e allenavo a Sant’Angelo Lodigiano. Poi il presidente Berlusconi mi fece un contratto come osservatore del Milan per il Friuli, ho scoperto Pessotto e altri giocatori. E con i “Milan club” ho girato il mondo fino al 2010: ricevo ancora lettere e messaggi dai tifosi, persino da India e Cina, guardi qui».

I giornali dell’epoca, oltre che per il matrimonio con Edy Campagnoli, la ricordavano come «il portiere che legge i romanzi russi».
«Sì, soprattutto Tolstoj: il mio preferito era Anna Karenina, ma amavo molto anche gli scrittori americani. Prima della guerra ho studiato fino alla quinta elementare, ma a Milano frequentavo le scuole serali. Poi magari uscivo con Tognazzi, Walter Chiari Mastroianni con cui avevo un bel rapporto, o Raf Vallone, calciatore e attore: ho recitato anch’io in un paio di film».

Quando ha visto Daniel Maldini in campo prima con il Milan e poi quest’anno con la Nazionale cos’ha provato?
«Una grande emozione. Ero a Udine quando suo padre Paolo esordì in A nel 1985. Nonno Cesare era un compagno e un amico e le racconto un segreto: quando andai all’Inter lo convocarono a casa mia, perché volevano prendere anche lui. Ma disse di no».

Che regalo vorrebbe per i 95 anni?
«Ho ancora tanti desideri. Ma mi basta che il Milan vinca, che l’Udinese resti sempre in serie A. E soprattutto che le sport unisca sempre di più le persone, invece di dividerle».

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